Non possono scendere in piazza ma urlano in altro modo il loro dissenso al prolungamento del lockdown fino all’1 giugno. I parrucchieri di Padova si sono incatenati nei loro negozi chiedendo “Presidente Conte, lei sa cosa vuol dire stare fermi tre mesi?”. A Sanremo, una trentina di parrucchieri, ben distanziati, si sono radunati davanti al Comune. Gli altri si sono rivolti in massa alle associazioni di categoria. La Confartigianato ha approvato un documento di proposte per consentire una rapida riapertura di barbieri, parrucchieri e centri estetici nel pieno rispetto delle normative. Un vero e proprio decalogo, riportato da Linkiesta.it, che comprende regole generali: svolgimento delle attività solo per appuntamento, obbligo per il cliente di rimanere in negozio solo per il tempo strettamente necessario, orari flessibili con turnazione dei dipendenti, soluzioni disinfettanti all’ingresso del locale, utilizzo di postazioni alternate, obbligo di utilizzare mascherina, guanti e visiera, sanificazione delle poltrone dopo ogni servizio.
Aprire in sicurezza, dicono le associazioni, si può. Ma non basta. Il segretario dell’Unione Artigiani della provincia di Milano, Marco Accornero, chiede al Governo di stanziare contributi a fondo perduto per la categoria. Sebastiano Liso, presidente Confesercenti Immagine e Benessere, rinforza: “Servirebbe decretare un periodo di sospensione del pagamento delle tasse per l’intera categoria, non basta solo rinviarle”. E poi si chiede di rimodulare l’Iva: perché i parrucchieri devono pagare un’Iva al 22 per cento quando, per esempio, per bar e ristoranti è al 10 per cento?
Intanto, l’industria professionale della bellezza scende in campo per aiutare parrucchieri e centri estetici. Alcuni operatori del settore, tra cui Pettenon Cosmetics e Davines, nonché l’associazione di categoria Cosmetica Italia, hanno chiesto al Governo di anticipare l’apertura perché il lockdown protratto metterebbe a rischio chiusura fino a 50mila saloni con un impatto in termini occupazionali su 100mila addetti.
Iniziative di aiuto al canale si stanno implementando in diverse aree del mondo. In Italia, Davines sta spingendo sull’e-commerce b2c con una formula particolare, cioè in collaborazione con i saloni di bellezza, per supportarli in questo difficile momento. Infatti nell’e-store vengono lanciate iniziative promozionali che permettono a Davines di devolvere parte del ricavato delle vendite ai saloni professionali.
La divisione della giapponese Kao, Kao Salon, ha deciso di interrompere la fatturazione ai parrucchieri che hanno acquistato i vari prodotti firmati Oribe, Goldwell e Kms. La notizia è riportata da Wwd, che aggiunge l’iniziativa di Coty Professional Beauty che ha sviluppato un pacchetto di aiuti al canale per un valore di 650mila dollari, e anche quella di Henkel North America che ha donato 200mila dollari al fondo di soccorso Covid-19 della Professional Beauty Association.
Dermalogica ha creato un protocollo di sicurezza, riporta Wwd, insieme a un epidemiologo e a medici, che comprende, tra le altre regole, un check-in all’ingresso, un pre-screening al cliente, un rituale specifico per la pulizia degli strumenti e dei tester dopo ogni uso, nonché un’implementazione della consegna e del ritiro a domicilio.
Interviene in sostegno al canale anche l’organizzazione americana senza fini di lucro Beauty Changes Lives, che offre borse di studio nel settore della bellezza, e che ha convertito questo programma in una serie di sovvenzioni per saloni estetici e parrucchieri.