Il 70% delle aziende manifatturiere della ‘cosmetic valley’ italiana, cioè dell’area produttiva lombarda tra Crema, Bergamo e Milano, ha chiuso dopo gli ultimi decreti. Rimane quindi un numero di terzisti attivo, come sottolinea Matteo Moretti, presidente del Polo della Cosmesi: “Una minoranza ha continuato riconvertendo la produzione in prodotti, maschere e gel sanificanti, per la salute pubblica. È stata una scelta dettata dalla volontà di aiutare la comunità in un momento così difficile, ma anche di continuare, seppure a regime ridotto, la produzione e salvare così centinaia di posti di lavoro”.
Pambianco Beauty ha chiesto a Moretti come s’immagina il futuro della cosmesi, e il presidente del Polo pensa a un cambiamento dei modelli di business: “Si crede che 3-4 mesi non cambino la vita delle persone, tuttavia la crisi del 2008 ci ha insegnato quanto 3-4 anni di crisi possano cambiare il paradigma del valore (e del prezzo) in molti mercati per tutto un decennio. Quel che è certo è che questa crisi mondiale porterà a cambiamenti, sia nei comportamenti di prevenzione che nelle tipologie di scelta dei prodotti, e che alcune di queste precauzioni diventeranno per il futuro un standard da protocollare. Molte aziende si stanno già attivando in questo senso e stanno disegnando gli scenari post-Covid 19”.
Per quanto riguarda le aziende titolari di brand, molte hanno chiuso, altre operano attraverso lo smart working e altre ancora hanno riconvertito parte della produzione in gel disinfettanti. Oltre a Lvmh, a livello globale hanno optato per quest’ultima soluzione, tra le varie aziende, Coty, The Estée Lauder Companies, Clarins, P&G, L’Oréal, mentre, tra le aziende italiane, si sono attivate Bulgari insieme a Icr ma anche Istituto Ganassini, Mavive, Pettenon, Arval, Davines e L’Erbolario, che aveva chiuso l’azienda per preservare i lavoratori e che ha riaperto per qualche giorno un reparto per confezionare gel igienizzante mani. Ma si tratta solo di alcune tra le tante aziende cosmetiche in prima linea nell’emergenza.