In uno scenario che vede chiuse la maggior parte delle attività commerciali in base al Dpcm dello scorso 11 marzo, ma lascia aperte quelle produttive, si sollevano una serie di dubbi tra imprenditori di aziende cosmetiche e titolari di negozi sul difficile equilibrio tra tutela della salute e continuità produttiva.
Sul versante distributivo c’è un primo scoglio su cui si infrange questa difficile scelta: l’allegato 1 al Dpcm consente al commercio al dettaglio di articoli di profumeria, prodotti per toletta e per l’igiene personale di continuare a operare. Le profumerie quindi, possono stare aperte. Ciononostante, la catena Pinalli ha deciso di chiudere tutti i negozi e ha lanciato la campagna social #Pinallitornasubito, cambiando l’immagine dei profili account e al posto del tradizionale logo ha creato la sua versione tricolore, per far risaltare il Dna italiano dell’azienda e un senso di comunanza. Nei giorni successivi, il 90% delle profumerie selettive italiane ha deciso di abbassare le saracinesche, come ha affermato Michelangelo Liuni, presidente di Fenapro, a Pambianco Beauty. Scelta che aveva fatto Kiko, ancor prima dell’ultimo Dcpm, con la chiusura dei 340 punti vendita dell’azienda in Italia.
Sul versante produttivo, si assiste alla voglia di ‘resistere’ dei terzisti italiani, che attuano tutte le misure necessarie e soprattutto garantiscono che le merci in uscita non siano contaminate, e c’è chi invece decide di sospendere temporaneamente tutto il business. Tra queste, c’è L’Erbolario, che spiega così la sua scelta: “Dal momento che la nostra azienda non produce beni di prima necessità, né tantomeno fornisce servizi indispensabili alla salute del cittadino, abbiamo deciso di chiudere momentaneamente i battenti, per preservare la salute di tutti i collaboratori, in azienda e nei negozi, evitando così più di 10mila contatti. Abbiamo sospeso anche le vendite online, dal momento che per l’elaborazione, il confezionamento e la spedizione di un ordine è necessaria la presenza fisica di più di un nostro collaboratore. Anche Just Italia sospende tutte le attività fino al 6 aprile. Il presidente dell’azienda di vendite a domicilio Marco Salvatori afferma: “In queste circostanze occorre mettere in atto comportamenti corretti, guidati da chi può indicare le misure più efficaci per la comunità, cioè il Governo e gli scienziati. Per questo prendiamo un impegno forte, in prima persona: nonostante il decreto consenta alle imprese di proseguire il business, abbiamo deciso di sospendere ogni attività. Siamo convinti che questo atteggiamento di massima prudenza sia il miglior modo per tutelare l’intera collettività e testimoniare, come persone e come imprenditori, la nostra responsabilità e i nostri valori”.