Aumentare la gestione diretta dei mercati e aprire una nuova filiale internazionale all’anno per il prossimo quinquennio, questi alcuni degli obiettivi del gruppo per continuare a crescere. Il mercato più sfidante? La Cina, per la continua richiesta di novità.
Con alle spalle un 2022 chiuso con un giro d’affari che per la prima volta ha superato i 200 milioni di euro e in crescita double digit sull’esercizio precedente, Istituto Ganassini oggi sta investendo in un nuovo hub produttivo a Settala per sostenere la propria espansione e porta avanti il suo doppio focus Cosmetics e Healthcare. Con quest’ultimo si rivolge sia al farmacista che al medico. Tra i marchi del Gruppo figurano Rilastil, Korff, Bioclin e The Organic Pharmacy. Ma il prossimo step sarà l’estero. A raccontarlo è Giuseppe Ganassini, amministratore delegato di Istituto Ganassini che anticipa l’intenzione di aprire una filiale internazionale all’anno per i prossimi cinque anni.
Come avete costruito una realtà da 200 milioni di euro?
L’azienda, italianissima è nata nel 1935. Fino al 1972 è stata prettamente farmaceutica dopodiché, a seguito della riforma sanitaria che non ha reso più mutuabili diverse categorie di prodotti tra le quali quelle che noi producevamo, abbiamo deciso di entrare nella cosmeceutica, ovvero nella cosmetica culturalmente di derivazione farmaceutica. Nel 1972 è nato Rilastil, seguito poi da altri marchi. Ad oggi il 98% del fatturato di Ganassini deriva da cosmetici e dispositivi medici. Abbiamo registrato una crescita organica fino al 2009 quando abbiamo effettuato due acquisizioni, l’italiana Korff e la spagnola Dermofarm. Seguite dall’acquisizione nel 2014 della francese Compagnie de Provence e nel 2018 della londinese The OrganicPharmacy. Ci tengo, però, a dire che l’heritage di Ganassini resta quello medico, quindi le nostre tre marche più rappresentative sono Rilastil per la dermatologia, Tonimer nel campo dell’otorino e Cum Laude, in Italia chiamato Vidermina, per la ginecologia.
Quali sono i vostri mercati principali?
L’Italia rappresenta il peso specifico più elevato, però è vero che negli ultimi dieci anni abbiamo dato un’accelerazione allo sviluppo internazionale partendo sempre dal medicale per andare in farmacia. Il nostro prodotto richiede una vendita assistita quindi non riteniamo il drugstore, diffuso in molti Paesi, la nostra collocazione ideale. Meglio la figura del ‘dispensive doctor’, un dermatologo che ha, all’interno del suo studio, un piccolo negozio con quattro o cinque marche di cui vende i prodotti.
Come si pone la vostra proposta nei confronti del digitale?
Il canale digitale ha un po’ appiattito il modello storico che prevedeva farmacia, profumeria, erboristeria e mass market. Ma non è così ovunque, in Cina, ad esempio, il modello digitale è fondamentale. La piazza cinese, soprattutto per quanto riguarda la dermocosmesi, è enorme e conta due milioni di store online, mentre di igiene intima ne esistono solo 250mila essendo ancora un argomento tabù.
In Cina voi avete una presenza importante?
Nel Paese il gruppo fattura circa dieci milioni con il marchio dermatologico Rilastil, mentre prevede di chiudere il 2023 con la joint venture del brand ginecologico Cum Laude a 5 milioni e due milioni e mezzo di ex works. Per un totale che rappresenta circa il 10% sul fatturato di gruppo. Il mercato cinese è molto costoso e difficile, è basato su un modello opposto rispetto a quello europeo, è un B2C, B2B, B2D. Lì, se non sei forte sul B2C, vieni ignorato dall’offline, ossia dal medico. Inoltre, serve un’ampia e veloce capacità di rifornimento di nuovi stock e ogni due o tre anni il mercato richiede delle novità. Serve un magazzino, esterno, di notevoli dimensioni, e un elevatissimo immobilizzo di prodotto per poter affrontare eventuali picchi di ordini. Diversa la situazione per i mercati di nicchia, come l’igiene intima, che al momento rappresenta una piccola quota in Cina ma è in booming, una fase però destinata a durare un paio d’anni, massimo tre, prima di diventare matura, per cui si renderà necessario continuare a individuare nuovi filoni. C’è, infatti, una continua richiesta di novità.
Obiettivi per il futuro?
Per il futuro, poiché il gruppo è molto forte nei Paesi presieduti in forma diretta, con la sola Italia che vale 60 milioni, seguita da Spagna, Uk e Francia, l’intenzione è di creare delle società con i nostri attuali partner per favorire la crescita, aumentando così le gestioni dirette dei mercati. Sono in fase di avvio le nuove filiali in Repubblica Ceca e Polonia. Mentre abbiamo già una filiale in Cina. Stimiamo, senza essere troppo ambiziosi, di raggiungere i 300 milioni di euro di fatturato in cinque anni.
Come pensate di sviluppare le altre marche?
Amo particolarmente The Organic Pharmacy, ancora piccolina con i suoi 8 milioni di pound di fatturato, per la sua naturalità e perché è realizzata internamente nei laboratori londinesi. Produciamo a fronte dell’ordine, il che allunga le tempistiche, ma è una filosofia molto diversa che a me piace. Nei prossimi anni, però, introdurremo qualche automatizzazione, ma senza snaturare il brand.
Esisterà mai una marca Ganassini?
Ci siamo tante volte confrontati su questo, ne stiamo ancora valutando vantaggi e svantaggi. Il vantaggio è che creare un grande ombrello ti può aiutare a rafforzare le altre marche, lo svantaggio è che se una marca ha un problema trascina con sé le altre.