Il settore della cosmetica italiana ha registrato nel 2022 un fatturato in crescita del 9% rispetto al 2019 (pre-Covid) raggiungendo i 13,2 miliardi di euro e le previsioni per il 2023 indicano un’ulteriore crescita a 14,2 miliardi di euro, +7,7% rispetto al 2022. Questi i dati emersi in occasione dell’appuntamento semestrale con l’indagine congiunturale a cura del Centro Studi di Cosmetica Italia.
Le esportazioni rappresentano oltre il 42% del fatturato del settore. In particolare, i dati preconsuntivi sul 2022 attestano un valore di 5,6 miliardi (+15,8% rispetto al 2021), stimato a 6,2 miliardi per il 2023 (+10% nel confronto col 2022). Significativo il dato della bilancia commerciale che a fine 2022 tocca il livello record di 3,2 miliardi di euro, crescendo di oltre 400 milioni rispetto al 2021.
Positivo andamento anche per il mercato interno, con i consumi cosmetici che raggiungono gli 11,6 miliardi di euro nel 2022 (+8,9% rispetto al 2021) e che si stima toccheranno, nel 2023, i 12,3 miliardi di euro (+6,3% sul 2022).
Quest’anno, così come nel 2022, il settore dovrà confrontarsi con fattori che lo impatteranno a livello mondiale e che, per le aziende intervistate dall’associazione, saranno principalmente il costo (50,9%) e la reperibilità (20,8%) delle materie prime, seguite dal rincaro energetico (43,3%). Tuttavia, ha spiegato Benedetto Lavino, presidente di Cosmetica Italia, si conferma la reattività dell’industria cosmetica italiana “come dimostrato dall’impegno nel contenimento dei prezzi in un contesto inflattivo pesante e da un’attenzione crescente verso le destinazioni dell’export extra-europee (dal 33% del 2020 al 38% del 2022); resta poi fondamentale la costante propensione all’investimento su leve strategiche”. Secondo l’indagine, infatti, il 62% degli operatori in ambito cosmetico ha continuato a investire nel secondo semestre 2022, in aumento rispetto al 52% degli operatori del semestre precedente.
L’analisi dell’andamento dei canali distributivi evidenzia trend in crescita sia nei preconsuntivi 2022 sia nelle stime sul primo semestre 2023. La grande distribuzione resta il canale più rappresentativo a valore (42,5% dei consumi) con un incremento dell’8,2% nel 2022 e una previsione di +5,1% per i primi sei mesi del 2023. Seguono la profumeria con andamenti a doppia cifra (+16,5% nel 2022 e +11% per il 2023) e al terzo posto la farmacia (+4,8% nel 2022, +3,2% nel primo semestre 2023).
In quarta posizione, con dinamiche di crescita importanti, si colloca l’e-commerce che raggiunge nel 2022 il valore di 1 miliardo di euro (+13,4%secondo i preconsuntivi 2022, +12% per il primo semestre 2023). Andamento sostenuto anche per il canale dell’acconciatura professionale che chiude il 2022 a +7% e proietta +5,5% per i primi sei mesi dell’anno in corso.
Più moderati i trend di erboristeria e vendite dirette (porta a porta e per corrispondenza) che a fine 2022 segnano rispettivamente +0,5% e +1,2% (+1,3% e 1,5% per il 2023). Infine, il canale dell’estetica professionale che indica un +4,5% nel preconsuntivo 2022 e proietta un +5,5% per l’avvio 2023.
Le performance positive, secondo Gian Andrea Positano, responsabile Centro Studi di Cosmetica Italia, dipendono da una sorta di “effervescenza distributiva” analoga a quella registrata 20 anni fa con l’arrivo dei monomarca. Oggi, però, il percorso di acquisto beauty si evolve sempre più in ottica multicanale; in particolare, “accanto al consolidamento delle vendite online – ha spiegato Positano -, il 2022 ha visto il ritorno dei consumatori nei punti vendita fisici, anche con l’apertura di negozi specifici per la bellezza. Ci sono ampie opportunità per creare esperienze di acquisto coinvolgenti, in grado di integrare strumenti digitali, rispondendo a nuovi bisogni”.
Infine, Intesa Sanpaolo, nell’intervento di Giovanni Foresti della direzione studi e ricerche dell’istituto bancario, ha evidenziato l’importanza della filiera per garantire positive performance all’industria cosmetica: laddove le imprese medio-grandi si sono dimostrate resilienti è stato grazie a scelte strategiche quali la vicinanza degli approvvigionamenti e la diversificazione dei mercati. Foresti mette in guardia, però, spiegando che l’inflazione proseguirà nel 2023 mantenendosi sopra al 3% e che bisognerà attendere fino al 2025 perché scenda al 2 per cento.