Un recente articolo di Business of Fashion ha avanzato l’ipotesi secondo cui Kering starebbe studiando la possibilità di internalizzare il beauty di Gucci. La mossa – occorre sempre usare il condizionale perché per ora si tratta solo di rumors di stampa – potrebbe quindi significare la chiusura di un rapporto di lunga data con la multinazionale che gestisce da anni il business della bellezza del marchio guidato da Marco Bizzarri.
La scelta dei grandi gruppi fashion di rendere interna la gestione della divisione beauty non è del tutto nuova. Chanel e Dior, per esempio, hanno optato per un controllo diretto già da tempo. Lo stesso è stato fatto da Bulgari e, più recentemente, anche Dolce & Gabbana. In effetti, l’universo della cosmetica era rimasto uno dei pochi ambiti dominati dal meccanismo delle licenze, una scelta, quella dei brand, dettata dall’expertise specifica richiesta per lo sviluppo e la distribuzione di questa tipologia di prodotti.
Ma le cose sembra stiano cambiando perché il mercato della cosmetica si è trasformato radicalmente in questi ultimi anni. La crescita del digital e dell’ecommerce, l’affermarsi di nuovi brand legati alle influencer o più in generale ad artisti e personaggi pubblici portano a pensare che anche il prodotto cosmetico, dopo quanto è accaduto per borse, scarpe e altri accessori, possa essere sempre più spesso gestito in modo diretto dal brand. C’è un precedente che rende questa tesi meno ipotetica e più plausibile, ovvero la case history di Kering Eyewear, la società nata come startup nel 2014 e successivamente gestita in partnership con Richemont che si occupa delle collezioni di occhiali di tutti i marchi di Kering, precedentemente affidati in licenza. Nel 2021 ha realizzato un fatturato di 700 milioni di euro. Proprio il direttore generale di Kering, Jean-François Palus in occasione della pubblicazione dei risultati semestrali del colosso francese a fine luglio aveva detto che “il successo con Kering Eyewear dimostra che possiamo creare molto valore per i marchi da un lato e, di conseguenza, per il gruppo adottando alcuni approcci dirompenti e innovativi. Quindi la bellezza è sicuramente un’area in cui potremmo contemplarne alcune in futuro e tutte le opzioni sono aperte”.
Il caso di Kering potrebbe perciò rappresentare il promotore di un nuovo cambiamento nell’universo della bellezza, non solo per i grandi brand ma anche per il segmento premium. Bisognerà vedere quale sarà la risposta dei colossi che da sempre traggono profitti dal business delle licenze.