L’attuale situazione delle profumerie italiane è un esempio tangibile di quanto il successo di un canale distributivo sia oramai strettamente connesso ai comportamenti del consumatore. A livello mondiale, infatti, i dati raccontano di come il periodo della pandemia abbia scatenato una sorta di ‘febbre’ da fragranza. In alcuni mercati, si parla di ‘voglia di profumi’ per indicare come lo sviluppo di questa tipologia di prodotto cosmetico abbia superato quella di ogni altra categoria del settore bellezza. In Italia, al contrario, questa ‘voglia’ non si è proprio manifestata, anzi.
La ‘febbre profumatoria’ ha contagiato sia l’Asia, che soprattutto, gli Stati Uniti, dove gli operatori sono rimasti quasi spiazzati dalla corsa alle fragranze (più 45% nel 2020), tanto da compararle ai rossetti e al famoso lipstick index, monitorato da tempo da imprese e sociologi, per capacità di diffusione tra la popolazione, in qualità di termometro del mood del mercato.
Questo trend, tuttavia, in Italia non sembra essersi manifestato. Al contrario, se fino al 2019 i profumi hanno mantenuto la via della crescita nonostante i prezzi costantemente in aumento, il 2020 è stato il primo anno di contrazione del mercato in oltre un decennio, con un calo del 12,8 per cento.
La chiave di lettura di questa anomalia è legata al particolare sistema distributivo italiano: la vendita delle fragranze ha sempre avuto un perno nella vasta e ramificata presenza di profumerie sul territorio. Questa struttura distributiva italiana (e, in una certa misura, francese) non solo ha pagato un salato conto ‘diretto’ al Covid, dovuto alle chiusure dei negozi. Ma ha anche pagato un salato conto ‘indiretto’, ossia l’impreparazione strutturale e culturale al commercio elettronico. Le profumerie fisiche, infatti, sono state un baluardo contro l’esplorazione digitale degli stessi brand, timorosi di avviare un processo di cannibalizzazione tra canali.
Evidentemente il periodo pandemico ha ora cambiato le cose. Sono molteplici i casi di spostamento digitale degli sforzi di marketing (tra i più emblematici, quello annunciato da Bulgari), così come sono evidenti i percorsi di riassetto sul fronte negozi, a cominciare dal consistente numero di chiusure progettato da Douglas.
Del resto, il consumatore sembra ormai indirizzato. Perciò, la strada delle profumerie sembra a sua volta indirizzata al consolidamento, verso le catene o i consorzi. Insomma, strutture che possano garantire forza negoziale verso i brand, ma anche la necessaria visibilità. E non solo nelle strade fisiche, bensì, e forse soprattutto, nelle ormai sovraffollate strade digitali.