Prima era la moda del biologico e del naturale. Poi si è innescata la questione del circular per salvare il pianeta. Ancora più di recente, la declinazione ha assunto i contorni del give back, ossia del ‘ritornare’ risorse alla società, magari sostenendo i ‘più deboli’ come chiedono le generazioni più giovani. La spinta verso una responsabilità d’impresa ha coinvolto con tempi e modalità diversi il settore beauty. Adesso, anche per il mondo della cosmesi sembra arrivato il momento di fare un passaggio istituzionale, e di dare un format più strategico a questo insieme di spinte di origine emotiva e di immagine.
Negli ultimi mesi, infatti, si è registrato un consistente aumento delle aziende del beauty che realizzano bilanci di sostenibilità e, di conseguenza, un crescente interesse alla loro valorizzazione attraverso iniziative di comunicazione e condivisione. Certo, sul fenomeno ha inciso l’aspetto normativo, essendo sempre più vincolanti le direttive europee e nazionali in termini di rendicontazione delle informazioni non finanziarie. Ma la necessità di comunicare la sostenibilità appare ormai un fattore di posizionamento competitivo, tanto da suggerire la nascita dei primi studi settoriali sull’impatto: un recente lavoro di una società di ricerca internazionale ha stimato il contributo della cosmetica alle emissioni globali di gas a effetto serra tra lo 0,5 e l’1,5 per cento. Al di là del risultato, il messaggio è chiaro: il comparto si sta interrogando sul proprio ruolo e le proprie responsabilità ambientali e sociali.
L’evoluzione, dunque, sta portando a superare il concetto di nicchia dal quale il beauty è partito, per trasformare la sostenibilità in un elemento capace di spostare il mercato, e questo può essere una buona notizia per le aziende del made in Italy. In primo luogo, per via del fatto che l’esperienza sviluppata con i prodotti bio dai terzisti italiani è un’ottima carta da giocare sul fronte dell’allineamento sostenibile, ma, più in generale, lo spostamento del beauty globale verso una identità più responsabile richiederà un innalzamento dell’asticella qualitativa che, a sua volta, escluderà dal mercato le filiere produttive low cost.
Ecco perché la diffusione dei bilanci di sostenibilità, se in alcuni casi può essere interpretata anche come una leva di marketing, nel suo insieme rappresenta un’ottima notizia per il posizionamento futuro dell’industria cosmetica italiana nel mercato globale.