Rossetti, lucidalabbra, mascara, cipria e fondotinta, ovvero alcuni dei prodotti più comuni per il make-up e che entrano in contatto con occhi e bocca, contengono ingredienti in plastica. È quanto emerge dal rapporto di Greenpeace ‘Il trucco c’è ma non si vede’ in cui l’organizzazione ambientalista ha verificato la presenza di questi materiali, sia nelle liste degli ingredienti che attraverso indagini di laboratorio, nei trucchi di undici marchi. Si tratta di tipologie di prodotti non interessati dal divieto d’uso di microplastiche in vigore in Italia dall’inizio del 2020.
“La pandemia che stiamo vivendo – dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia – ci insegna che dobbiamo cambiare il rapporto uomo-natura, favorendo una riconversione green dell’economia. È paradossale che uno dei settori più importanti del made In Italy continui ad utilizzare, volontariamente, ingredienti in plastica che possono contaminare il pianeta e mettere a rischio la nostra salute. Con questa ricerca abbiamo constatato non solo l’ampio utilizzo di particelle solide ma anche l’uso massiccio di polimeri in forma liquida, semisolida e solubile, i cui effetti sulle persone e sull’ambiente non sono del tutto noti”.
Nel 79% dei 672 prodotti verificati online erano presenti materie plastiche e, tra questi, il 38% era costituito da particelle solide note come microplastiche. I mascara sono risultati i prodotti in cui gli ingredienti in plastica erano più frequenti (90% dei prodotti controllati), seguita da rossetti e lucidalabbra (85%) e fondotinta (74%). Greenpeace, prima di pubblicare i dati dell’indagine, ha contattato tutte le aziende prese in esame, al fine di fornire un quadro esaustivo che tenesse in considerazione anche il loro punto di vista. Solo una ha risposto al questionario dell’organizzazione ambientalista. “Gli esiti di recenti ricerche condotte sulla placenta ci dicono che la plastica invade ormai anche i nostri corpi e non c’è più tempo da perdere, bisogna subito ridurne drasticamente l’uso, indipendentemente dalla quantità impiegata, in qualsiasi settore merceologico e prodotto, soprattutto laddove ci sono alternative disponibili”, conclude Ungherese.