Le affissioni e i mega-poster negli aeroporti internazionali sono pagati a prezzi molto alti in funzione dell’elevato traffico passeggeri. Ma cosa succede quando l’afflusso di turisti si riduce, come sta accadendo in questi giorni in cui la necessità di contenere il contagio del Coronavirus ha fatto crollare i viaggi? Gli scali sono deserti, non ci sono ‘spettatori’ per le pubblicità negli aeroporti, ma i poster sono ormai affissi da tempo, oggetto di contratti firmati precedentemente, spesso con budget multimilionari per posizioni premium. The Moodie Davitt Report affronta questo argomento sottolineando che questi contratti sono poco flessibili. Ed è un tema scottante per il beauty, perché le aziende cosmetiche sono tra le principali inserzioniste nel travel retail, dove, tra l’altro, si focalizzano in particolare sul target cinese, viaggiatori che adesso sono assenti negli aeroporti.
Il presidente globale del Travel retail e Retail development di The Estée Lauder Companies, Olivier Bottrie, ha dichiarato alla testata che sarebbe corretto che, sia gli inserzionisti sia i concessionari dei media aeroportuali ricevano assistenza. Un portavoce di Clarins ha specificato: “Stiamo negoziando in questi giorni con JCDecaux per cercare di ridurre i costi e posticipare le campagne pubblicitarie a un periodo in cui, presumibilmente, si pensa che il traffico riprenderà a circolare, ma è una dura lotta”.
Intanto, l’aeroporto di Changi a Singapore ha erogato un pacchetto di assistenza per i rivenditori al dettaglio e i fornitori di servizi, ma in questo pacchetto, per ora, sono esclusi i concessionari della pubblicità. Anche l’autorità aeroportuale di Hong Kong ha implementato un pacchetto di aiuti, ed è in corso la decisione sui destinatari.