La top ten per fatturato 2018 elaborata da Pambianco, relativa alle aziende haircare che vendono ai parrucchieri, mostra segnali di crescita.
La ragione è legata soprattutto al buon andamento dell’export, che, in questo settore, raggiunge una quota del 50% sul fatturato.
di Vanna Assumma
Mercato in salute quello dell’industria del capello: l’analisi Pambianco sulle principali aziende italiane di haircare professionale per fatturato 2018, da cui sono escluse le filiali delle multinazionali, mostra segnali di crescita. Nella top ten si nota che la maggior parte delle imprese ha archiviato l’anno scorso con il segno ‘più’ davanti al delta percentuale dei ricavi, e solo tre società hanno tirato il freno. Queste ultime sono Alfaparf Group, il cui calo del 5% è dovuto, secondo quanto riferisce l’azienda, “all’effetto del deconsolidamento della filiale venezuelana per la perdurante crisi politica nel Paese”, nonché Specchiasol e Farmen, rispettivamente arretrate del 5% e del 10 per cento. L’analisi Pambianco rileva anche dei picchi di redditività, come quello di Farmavita con un’incidenza sul fatturato del 53%, a cui seguono Alfaparf e Agf88 Holding che hanno entrambe un ebitda margin del 21 per cento.
GRANDE SPINTA OLTRECONFINE
In Italia, i saloni di bellezza hanno registrato l’anno scorso un fatturato sostanzialmente flat e le previsioni di Cosmetica Italia per il 2019 evidenziano un calo dell’1% delle vendite di bellezza in questo canale. Ne consegue che il mercato interno è piuttosto statico, o addirittura decresce, e quindi non può essere questo il volano dell’avanzamento dei ricavi realizzato dall’industria dell’haircare professionale. La ragione, piuttosto, va ricercata nell’export, che sta andando a gonfie vele. Sempre Cosmetica Italia, infatti, ha evidenziato che le aziende italiane di prodotti per capelli destinati ai saloni di bellezza esportano, in media, il 50% del loro fatturato. Invece, il comparto generale delle aziende di bellezza italiane genera il 40% dei ricavi dall’export. Ne consegue che le imprese professionali esportano di più, a valore, rispetto alle altre realtà del beauty. Infatti, il cosmetico professionale italiano è molto ricercato, in particolare le tinture per capelli made in Italy sono considerate nel mondo prodotti di alta qualità e performance.
Per fare qualche esempio, Alfaparf Group esporta l’80% del suo fatturato e conta, oltre allo stabilimento italiano, altri quattro impianti produttivi in Brasile, Messico, Venezuela e Argentina. Infatti, prodotti e servizi del gruppo guidato da Attilio Brambilla sono distribuiti in circa 100 Paesi attraverso 25 filiali e oltre 100 distributori.
Lo tallona stretto Davines, con una quota export del 79% realizzata in 90 mercati nel mondo, e con filiali a Londra, Parigi, New York, Città del Messico, Deventer (Olanda) e Hong Kong.
Agf88 Holding è presente invece in oltre 110 Paesi e 5 continenti con un export pari al 63% del fatturato e una rete distributiva che conta più di 1.300 clienti.
GO GREEN
Un’altra sfida del settore è la sostenibilità. Tema particolarmente sentito nell’uso dei prodotti professionali perché richiedono, ad esempio nel caso degli shampoo, una grande quantità di acqua per il risciacquo. Inoltre, gli ingredienti dei trattamenti per capelli, se non sono biodegradabili, impattano direttamente sul sistema marino. Per questo, Agf88 Holding sta portando avanti il progetto Earth Friendly, che riguarda la ricerca di materie prime, la selezione dei fornitori, la formulazione dei prodotti, il packaging e il riciclo.
Anche Davines è molto attiva sul fronte green: la società ha inaugurato a Parma la nuova sede, il Davines Village, ovvero la ‘casa della bellezza sostenibile’ dove convergono architettura a basso impatto ambientale, condivisione e produzione sostenibile a km zero, con una grande serra e un giardino della biodiversità per selezionare gli ingredienti per lo sviluppo dei prodotti e per il ristorante interno. Davines ha deciso di continuare a investire in Italia, valorizzando il territorio in linea con la propria filosofia e con i principi B Corp, certificazione ottenuta nel 2016. L’approccio umanistico al business è infatti una prerogativa di questa azienda.
Anche Specchiasol, per salvaguardare l’ecosistema, utilizza molte materie prime provenienti da coltivazioni biologiche certificate e da aree geografiche incontaminate. La carta utilizzata per le confezioni subisce pochi passaggi di lavorazione e può essere smaltita e la maggior parte dei contenitori sono biodegradabili.