Tra due anni, i grandi retailer copriranno il 10% delle farmacie italiane. La quota è ancora ridotta, rispetto alle aspettative. ma il peso sarà decisivo negli investimenti beauty.
Le catene di farmacie hanno (e avranno nei prossimi 2 anni) una presenza marginale in Italia, ma ciononostante, occuperanno un ruolo importante per l’industria cosmetica. Dopo l’approvazione della legge sulla concorrenza, nell’agosto 2017, che ha aperto la titolarità delle farmacie alle società di capitali, qualche ‘scatto’ c’è stato nell’acquisizione delle ‘croci verdi’ da parte dei grandi gruppi. Ma si è trattato di un’euforia iniziale, perché la campagna acquisti procede a rilento e le nuove catene in Italia possiedono ancora pochi punti vendita. Iqvia proietta per il 2021 una presenza di catene nella Penisola che raggrupperà il 10% delle farmacie esistenti, rappresentando una quota di mercato del 15 per cento. È un numero probabilmente inferiore alle attese: quando era stata approvata la liberalizzazione del settore, si parlava di ‘rivoluzione’ e il canale si prefigurava la discesa in campo di grandi gruppi che avrebbero espresso tutta la loro forza, sbaragliando i farmacisti indipendenti. Questa dimostrazione muscolare non c’è stata, ma le poche catene che stanno nascendo, pur rappresentando un numero esiguo di farmacie, si rivelano un player importante per il mondo della bellezza. Queste insegne infatti puntano molto sulla vendita dei cosmetici, che occupano una parte rilevante nel loro assortimento. Lo ha dimostrato Boots che, nell’insegna esterna dei suoi negozi aperti a Milano, cita espressamente la parola ‘beauty’ oltre a ‘farmacia’. L’insegna che fa capo a Walgreens Boots Alliance attua una strategia particolare sul beauty, un modello che potremmo definire ‘alla Sephora’, considerando il fatto che l’insegna di profumerie punta sulle esclusive. Allo stesso modo, Boots investe molto sui marchi di proprietà, come No7, Soap & Glory, Botanics. “Le catene – aggiunge Giorgio Cenciarelli di Iqvia – svilupperanno anche private label di bellezza e le posizioneranno in una fascia medio-alta, con forte marginalità, perché il primo prezzo è già presidiato dalla grande distribuzione”. Cenciarelli specifica che, oltre alle catene di proprietà, si svilupperanno in Italia altre forme di aggregazione, ad esempio i network tra farmacisti indipendenti con insegne comuni. “Queste reti – specifica – non saranno focalizzate sulla cosmesi, come faranno invece le catene, perché il beauty è un settore con tante referenze e richiede un supporto promozionale e di marketing molto capillare, che si può gestire in modo più efficiente con una direzione centrale, nonché con risorse finanziarie dedicate”. Sono quindi le catene il cavallo su cui le aziende beauty possono puntare per incrementare i ricavi, dato che le vendite nelle farmacie italiane sono in stallo, avendo archiviato il 2018 con un fatturato a -0,4% (dati Cosmetica Italia).
ASPETTANDO CHE PASSI LA SBORNIA
A 3 anni dall’entrata in vigore della legge che ha liberalizzato l’acquisto delle farmacie, di grandi catene con centinaia di punti vendita di proprietà ancora non se ne vedono. Il motivo per cui la campagna acquisti procede a rilento è legato a diversi fattori. Innanzi tutto, alcune società hanno rilevato farmacie situate nelle zone centrali delle città, caratterizzate da un business performante, e il conseguente cambiamento del personale e della gestione, in seguito alla nuova proprietà, ha portato in molti casi a un calo di fatturato. La strategia sottostante a questi acquisti era quella di comprare, non tanto punti vendita, quanto ‘location’, cioè farmacie con una forte immagine per posizionarsi nel canale con un’insegna riconoscibile e importante. Quindi, dopo ‘la sbornia iniziale’ di acquisizioni, molte delle quali appunto non si sono rivelate performanti, il mercato ha stretto un po’ i rubinetti. Inoltre, sono saliti i prezzi delle ‘croci verdi’, come spiega Domenico Laporta, AD Gruppo Admenta Italia: “All’inizio c’è stata più domanda di farmacie che offerta, e questo ha comportato una lievitazione dei prezzi, creando di conseguenza un rallentamento degli investimenti”. È auspicabile prevedere che, superata questa prima fase, il mercato ritorni dinamico e i gruppi andranno a comprare farmacie con più potenzialità di fatturato, ovvero negozi in difficoltà, oppure con costi bassi o in zone periferiche, in modo che siano più facilmente ‘aggredibili’ e forieri di business.
LA ‘DISCESA’ DELLE CATENE
In attesa che il mercato torni dinamico e ripartano gli acquisti, al momento attuale sono già ‘sbocciate’ in Italia diverse insegne destinate a ‘moltiplicarsi’. Boots ha aperto a Milano 5 punti vendita (ma ne ha già acquistati altri che ancora non hanno fatto il passaggio alla nuova insegna) e la catena dichiara di essere ancora in fase di ‘test’, cioè sta valutando il format per ottimizzarlo e integrarlo in una realtà peculiare come è quella italiana. Admenta Italia, cui fa capo l’insegna LloydsFarmacia, ha ricevuto il via libera a maggio dall’Antitrust per rilevare la quota di controllo del network di farmacie Pharmacoop. Si tratta di 27 farmacie comunali in concessione che si trasformeranno in negozi con insegna LloydsFarmacia. Laporta annuncia che Admenta Italia comprerà altre farmacie: “Acquistando le società che gestiscono le farmacie comunali, ci ‘portiamo a casa’ in una volta sola un numero consistente di punti vendita, mentre l’acquisto di farmacie private è più lento, perché viene fatto uno per uno”. La società controllata dal gruppo McKesson conta oggi 257 punti vendita nella Penisola (203 farmacie in gestione diretta, di cui una decina di proprietà, più 40 farmacie in franchising, e 14 parafarmacie e corner in supermercati e shopping mall, anch’esse di proprietà) per 582 milioni di euro di fatturato consolidato nel 2018. A quota 70 croci verdi di proprietà è giunta Hippocrates Holding, società per azioni con base a Milano che è stata fondata a marzo 2018 da Davide Tavaniello (ex Ubs) e Rodolfo Guarino (ex Carlyle), oggi amministratori delegati della nuova nata. I due hanno creato questa iniziativa imprenditoriale raccogliendo più di 50 milioni di euro di capitale da 35 famiglie imprenditoriali italiane. Obiettivo è arrivare a 100 farmacie entro fine anno, quando probabilmente sarà svelata l’insegna della catena. Sale invece a 15 ‘negozi della salute’ la newco Farmacie Italiane (controllata per il 61,2% dal Terzo Fondo F21 e per la restante parte da Farmacrimi e Medeopart). F21 (Fondi italiani per le infrastrutture) è il primo fondo italiano a essere entrato nella campagna acquisti delle croci verdi. A quota 15 anche Pharmakrymi, società costituita con lo scopo di realizzare un network di farmacie e parafarmacie con insegna Pulker Farma e Pulker Farma Parafarmacie, in tre città italiane: Roma, Firenze e Milano. Stesso numero di esercizi anche per Dr. Max, insegna che fa capo al gruppo finanziario ceco Penta Investments. Una quarantina invece sono le farmacie acquistate da Cef (Cooperativa esercenti farmacie) di Brescia, che ha in progetto di integrare i negozi all’interno delle due reti di farmacie indipendenti (+bene e FarmaciaInsieme) che fanno capo alla cooperativa. I due network annoverano più di 1.650 farmacie socie in tutta Italia. Infine, è nata da poco Unica, insegna che fa capo al gruppo di distribuzione Unico, che detiene 4 farmacie di proprietà e che ha in programma nuove acquisizioni. In realtà, Unica è una rete che svilupperà soprattutto un modello di affiliazione rivolto a farmacie indipendenti e nella quale verranno integrati i negozi propri.