La legge sulla concorrenza ha avviato la campagna acquisti: capitali stranieri e italiani stanno comprando le farmacie, una a una. qualcuno parla di rischio oligopolio. intanto le aziende ripensano l’area vendita.
È in atto una ‘sotterranea’ campagna acquisti delle farmacie italiane. Dopo l’approvazione, lo scorso agosto, della legge sulla concorrenza che apre la proprietà delle farmacie ai grandi capitali, alcuni gruppi hanno mostrato un certo ‘appetito’, e si tratta di big internazionali, ma anche di distributori e cooperative italiane. La discesa in campo, però, è molto lenta, procedono tutti cautamente, acquistando pochi negozi alla volta, senza prove di forza ‘muscolari’. Il motivo è che il canale delle 18mila farmacie italiane non è caratterizzato da fenomeni aggregativi (l’unica catena oggi esistente è Lloyds Farmacia) e i punti vendita sono per la maggior parte indipendenti, fatto che obbliga i potenziali acquirenti a studiare uno per uno i negozi con la ‘croce verde’ e a definirne la redditività. L’analisi di fattibilità dell’investimento comporta tempo, trattandosi di tante piccole realtà diffuse in tutto il territorio nazionale, anche nei centri rurali, e probabilmente ci vorrà ancora qualche anno prima di vedere la costruzione e la nascita di nuove catene, ben strutturate, costituite da qualche centinaio di punti vendita. Comunque, a parte i tempi e le modalità delle acquisizioni, il fenomeno è chiaro: il mercato della salute si sta concentrando. Come già successo in altri settori in Italia, con l’arrivo di nuovi (e grandi) proprietari cambieranno gli equilibri del mercato. Significa che le farmacie indipendenti saranno costrette a vendersi, oppure, in alternativa, dovranno trovare una nuova identità e, soprattutto, skill manageriali per competere con le grandi catene. Queste ultime, infatti, metteranno in gioco una potenza di fuoco, non solo economica, ma anche a livello di marketing, di comunicazione, di ingaggio del consumatore. Insomma, cambiare diventerà necessario per sopravvivere.
CHI COMPRA COSA
Gli attori che, fino a oggi, hanno fatto le prime mosse sono ancora pochi. Spicca tra tutti il big per antonomasia, Walgreens Boots Alliance, che ha nel mirino una decina di farmacie che facevano capo alla catena Essere Benessere, chiusa per fallimento. Le prime due sono già state acquistate e si tratta di Farmacia Carlo Erba in piazza Duomo a Milano, che gode quindi di una location di prestigio, e di Farmacia Ranzoni, nei pressi di Piazza De Angeli, sempre a Milano. Chiaramente, si tratta solo di un ‘antipasto’, e bisogna vedere quali saranno le prossime mosse del gigante dei drugstore, che tra l’altro non gestisce direttamente le transazioni, ma lo fa attraverso Farma Acquisition, società controllata da Alliance Healtcare Italia, il ramo del gruppo che opera nella distribuzione, il cui fatturato nella Penisola supera il miliardo di euro. Niente di più probabile che le insegne dei punti vendita rilevati si trasformino nel tempo in ‘Boots’, catena nota in tutto il mondo. Un altro player che ha scoperto i suoi giochi è la cooperativa di farmacisti Cef (Cooperativa esercenti farmacie) di Brescia, che ha acquistato un esercizio a Milano (che faceva capo anch’esso a Essere Benessere), ed è in trattativa per altre 6 farmacie in Italia, con l’obiettivo di accaparrarsi 400 ‘croci verdi’ nel giro di 5-6 anni. Cef è la prima cooperativa d’Italia per storicità, fatturato e numero di soci nel settore farmaceutico: i ricavi superano il miliardo di euro, grazie ai 2.000 soci e a oltre 6.000 farmacie servite ogni giorno. Tra i protagonisti in arrivo, c’è poi il gruppo finanziario ceco Penta Investments che ha già una rete di 1.000 farmacie nell’Europa dell’Est a marchio Dr. Max. Il gruppo ha dichiarato a Pambianco Beauty che sicuramente lancerà la sua catena in Italia e che sta già facendo acquisizioni nella Penisola. La Camera di Commercio Italo-Ceca ipotizza per questo gruppo un investimento fino a un miliardo di euro nei negozi della salute tricolori, e l’’accensione’ dell’insegna dovrebbe avvenire entro la fine del 2018. Anche Admenta Italia, che fa capo alla tedesca McKesson Europe e che gestisce la catena Lloyds, sta rilevando diverse farmacie comunali, soprattutto a Bologna, mentre il gruppo di distribuzione Unico ha acquistato tre punti vendita (ad Ancona, nel torinese e nel napoletano). Corrono rumors sull’interesse ad acquisire anche da parte della cooperativa umbro-marchigiana Farmacentro, ma anche di So.Farma.Morra e di Comifar, società della distribuzione intermedia, del grossista Unifarm di Trento e di Unifarma Distribuzione. I fondi d’investimento (per ora) non sono scesi nell’arena, e il motivo potrebbe essere legato all’eccessiva ramificazione del canale. Cioè, i fondi sono abituati a comprare aziende con fatturati rilevanti e non centinaia di negozi da valutare uno per uno, e negoziare quindi con centinaia di proprietari. È una trattativa complessa ma può darsi che sia solo questione di tempo. Dal lato dei farmacisti indipendenti, per rispondere alla ‘minaccia’ che possono rappresentare le grandi catene, Federfarma e Federfarma Servizi stanno lavorando per fare ‘sistema’, per costruire cioè una ‘rete delle reti’ che possa riunire in un unico simbolo le migliori forme aggregative di farmacie attualmente presenti in Italia. Le due associazioni, la prima che rappresenta oltre 16mila farmacie private e la seconda che riunisce le aziende di distribuzione intermedia, hanno deciso di affidare a una società di consulenza l’incarico di studiare un innovativo modello di rete che consenta di rendere competitiva la farmacia italiana di fronte al nuovo scenario.
QUALE FUTURO?
Molti farmacisti italiani sono preoccupati per una possibile ‘degenerazione’ dei rapporti di forza. La nuova legge, infatti, afferma che una società di capitali può essere proprietaria di un numero indefinito di farmacie a livello nazionale, salvo il limite massimo del 20% a livello regionale. Un tetto che apre la strada alla nascita di un oligopolio: cinque sole società possono detenere tutte le farmacie di una regione. In realtà, alcuni sostengono che è sufficiente detenere le prime 5.000 farmacie per controllare l’80% del fatturato del canale in Italia. Le previsioni su quello che sarà lo scenario si sprecano tra gli addetti ai lavori: c’è chi ritiene che, nel giro di qualche anno, il 50% delle farmacie italiane sarà di proprietà straniera o in affiliazione a catene internazionali, e chi invece pensa che, al di là dell’appartenza estera delle catene, il canale si concentrerà nelle mani di 10 grandi società mentre rimarrà qualche migliaio di punti vendita indipendenti. Questi ultimi hanno ottime carte da giocare, che sono la consulenza e la vendita assistita. Lo afferma Fabio Guffanti, generale manager Laboratoire Svr Italia: “I retailer indipendenti devono specializzarsi per offrire un assortimento ragionato e anche per dare una consulenza molto specifica”. Il manager ritiene che un modello consulenziale possa avere successo in Italia, perché in molte catene straniere, come Boots, la vendita avviene per il 90% attraverso un modello self service, che per il consumatore italiano è disorientante. “Gli italiani – continua – amano molto la relazione, il consiglio. Ecco perché è importante per il farmacista costruire contatti e fidelizzazione”.
COME CAMBIANO LE AZIENDE
Osservando il nuovo scenario dalla parte delle aziende cosmetiche, queste ultime si troveranno un mercato più concentrato, ovvero avranno a che fare con meno interlocutori, ma più forti. “Avendo il retail un potere contrattuale maggiore – spiega Guffanti – ci potrebbe essere una riduzione della marginalità per le aziende, ma si apriranno nuove opportunità di business, legate al marketing, ai servizi, al visual merchandising”. In questo momento di cambiamento, anche le aziende sono chiamate a riorganizzarsi, non possono rimanere immobili. Lo sostiene il CEO di Cantabria Labs Difa Cooper, Stefano Fatelli, che è anche presidente del Gruppo Cosmetici in Farmacia di Cosmetica Italia: “La figura del venditore cambierà e nasceranno i key account, che seguiranno le centrali e i grandi buyer. Necessariamente si svilupperà anche un altro ruolo, quello dei formatori e responsabili di sell out, che faranno trade marketing per aiutare la farmacia nella vendita. Le aziende quindi devono sviluppare un’ottica retail”. Fatelli aggiunge che i 40 venditori attuali della sua azienda si trasformeranno probabilmente (e auspicabilmente) in 35 formatori e in 5 key account.
di Vanna Assumma