I drugstore puntano sulla formazione del personale. ma non basta la competenza tecnica. Le venditrici devono gestire le emozioni. se ne è parlato a budapest durante la convention del consorzio promotre.
A due passi dal Danubio, è nata la nuova commessa dei drugstore. Budapest infatti ha ospitato recentemente la convention del Consorzio Promotre, che raggruppa le società titolari di drugstore Dmo, General, Quattro e Meloni Walter. Una convention che si è focalizzata sul nuovo ruolo del personale di vendita, che deve avere non solo competenze tecniche e di prodotto, ma soprattutto capacità di gestire le emozioni. Così, davanti a una platea di oltre 200 beauty assistant si sono susseguiti gli interventi degli esperti di formazione, con l’obiettivo di ampliare le skill del ‘pensiero laterale’, che si appella a elementi della personalità che non hanno a che fare con la logica, ma piuttosto con le emozioni. Il perché sia stato scelto un tema così delicato, che tocca le corde profonde di ogni persona, lo ha spiegato a Pambianco Beauty Pietro Paolo Tognetti, presidente del Consorzio Promotre e presidente di General: “La formazione sulla conoscenza tecnica dei prodotti la deleghiamo all’industria, noi facciamo training comportamentale, e cerchiamo anche di creare motivazione nelle nostre commesse. Ormai la differenza tra un punto vendita e un altro la fa il personale, cioè la sua capacità di accoglienza e di trasmissione del sentimento”. I drug, quindi, seguono la tendenza che è in atto in altri canali del settore, come le profumerie, che stanno investendo sulla professionalità delle beauty assistant. Lo conferma Salvatore Pilloni, presidente di Quattro: “Dobbiamo offrire la stessa attenzione al cliente che viene garantita in profumeria, perché l’obiettivo delle nostre commesse non deve essere quello di vendere un prodotto bensì di soddisfare la persona. In questo modo si fidelizza la clientela, che tornerà un’altra volta nel punto vendita”.
ALLENARSI ALLA CONSAPEVOLEZZA
La convention di Budapest ha mutuato dal mondo calcistico l’esperienza legata alla gestione della sfera emotiva. Il negozio infatti può essere considerato come un campo di calcio. Il personale di vendita potrebbe rappresentare un team. E per vincere la partita, la squadra deve equipaggiarsi al meglio e non bastano più le competenze tecniche, come già detto. Ci vuole spirito di squadra, motivazione, abilità relazionali e, soprattutto, capacità di gestire le emozioni. Così, sulle sponde del Danubio le vendeuse sono state ‘allenate’ a ‘giocare’ con i clienti. Non a caso è stato chiamato Nicola Rizzoli, ex arbitro internazionale, a co-condurre le due giornate di formazione con l’intento di sviluppare una skill particolare: l’intelligenza emotiva, che è la capacità di riconoscere le proprie emozioni e di saperle indirizzare all’obiettivo preposto. “Lo sport rappresenta l’estremizzazione delle emozioni – ha dichiarato Rizzoli – perché in campo gli arbitri provano rabbia, paura, entusiasmo, tristezza, ansia, tutti stati d’animo che, se non gestiti, influiscono sulle scelte da prendere”. La chiave di volta per prendere le ‘giuste’ decisioni è la consapevolezza, cioè la capacità di riconoscere il sentimento nel momento in cui lo si sta vivendo. “C’è una differenza tra reazione e azione – ha continuato l’ex fischietto – ed è che la seconda è consapevole, cioè si agisce sapendo quello che si prova interiormente”. L’azione ‘giusta’ scaturirà allora dal dialogo interno tra la testa (che propone razionalmente l’obiettivo che si vuole raggiungere) e le emozioni riconosciute. C’è poi un secondo aspetto dell’intelligenza emotiva teorizzata dallo psicologo statunitense Daniel Goleman, e cioè che la capacità di riconoscere e gestire il proprio sentire interiore permette di intuire e rispondere correttamente alle emozioni degli altri. Si sviluppa cioè la risorsa dell’empatia. Rizzoli ha illustrato tutto questo perché le dinamiche che si vivono su un campo di calcio possono essere le stesse che accadono in un negozio. Basti pensare a quante volte una cliente entra in profumeria con aria seccata, magari non saluta, risponde in tono aggressivo, e la commessa a sua volta prova rabbia o altre emozioni nei confronti di questa persona. Diventa allora fondamentale riconoscere ciò che si sta vivendo per comunicare efficacemente, comprendendo anche ciò che l’altra persona ‘sente’ in quel momento. L’importanza dell’empatia è stata sottolineata anche da Luca Catalano, direttore commerciale e marketing di Collistar, che è intervenuto alla convention citando una frase dell’esperto di vendite Roy Bartell: i venditori più efficaci sanno che l’ascolto è la parte più importante del loro lavoro. “Ma non si ascoltano solo le parole – ha sottolineato Catalano – bensì soprattutto le emozioni. Bisogna quindi riconoscere il proprio vissuto ma anche quello degli altri, e una brava commessa sa creare una connessione ‘sentimentale’ con la cliente. Infatti quando non si vende un prodotto è perché la commessa non ha saputo emozionare la consumatrice”. Catalano ha anche spiegato che, in base alle ricerche sugli effetti della comunicazione verbale, è stato dimostrato che all’interno di una conversazione le parole rappresentano solo il 7% del messaggio. Ciò che arriva al destinatario è soprattutto il proverbale (38%) che è il tono di voce che si usa, e il non verbale (55%), ovvero l’espressione del viso e del corpo. Da questo assunto si deduce che una beauty assistant deve vendere soprattutto emozioni. E in particolare questo discorso è valido in Italia, in base a ciò che si evince dalla ricerca ‘Italiani 2016’ della società Inthera. Questo studio evidenzia come il comportamento dei consumatori della Penisola verso lo shopping sia particolarmente ‘sentimentale’, perché almeno tre quarti degli acquisti nel Belpaese non sono dettati dalla logica, bensì dalle emozioni.
di Vanna Assumma