Tavola rotonda di Pambianco Beauty tra profumerie indipendenti. tema: come affrontare il consolidamento. tante idee, ma un obiettivo chiave: “Restare padroni in casa propria”.
Rimanere indipendenti e crescere. Questa è la sfida delle profumerie italiane che non appartengono a catene e neanche ad insegne comuni, e che devono contare solo sulle proprie risorse per competere in un canale dominato da player più forti. Quali siano le strade per andare avanti ‘da soli’ è stato oggetto della tavola rotonda dal titolo ‘Profumerie indipendenti: come evolvere in un mercato che si concentra’, che ha chiamato a raccolta alcuni di questi ‘liberi lottatori’ presso la sede di Pambianco Beauty lo scorso mese di luglio. La necessità di un confronto tra i titolari delle profumerie ‘on your own’ è nata dai recenti processi di consolidamento. Il fenomeno riguarda i big come Douglas che ha acquistato Limoni e La Gardenia, totalizzando un fatturato aggregato di 500 milioni di euro (dato 2015), che equivale a un quarto del canale in Italia (2 miliardi di euro). Ma che si declina anche nel proliferare di aggregazioni sotto insegne comuni (le ultime nate sono La Beautic, Naïma, Chicca Profumerie, Unibee, che si aggiungono alla storica Ethos Profumerie). Risultato: le profumerie indipendenti si trovano ad operare in un mercato fatto da player più grandi, e, giocoforza, hanno meno potere. Nel corso della tavola rotonda, questi ‘imprenditori di se stessi’ hanno tirato fuori tante idee per affrontare il nuovo scenario, dal ridimensionamento dei punti vendita alla selezione dei marchi, dalla specializzazione alla trasversalità, fino alla partnership con una company per vendere esclusivamente i marchi di un’unica azienda. Ma, qualunque sia la scelta, la bandiera che vogliono continuare a sventolare è quella della libertà.
COSA CAMBIA CON LA CONCENTRAZIONE
Le preoccupazioni che i negozianti hanno sollevato nel corso dell’incontro riguardano le scelte dell’industria. Cioè, a mano a mano che la concentrazione aumenterà, le aziende cosmetiche avranno a che fare con controparti, lato distribuzione, molto più forti di un tempo: “Le aziende beauty – ha osservato Piero Amoretti di Amoretti Profumi – avranno meno potere contrattuale, si troveranno a dialogare con gruppi distributivi che fanno enormi volumi e in un certo senso perderanno il controllo del mercato”. Questa situazione ne determinerà a catena un’altra, come ha sottolineato Franco Lavagnolo di Profumeria Key Be di Bandini: “Il ridotto ‘potere’ delle aziende porterà le stesse a fare scelte svantaggiose per le profumerie indipendenti, ad esempio togliere alcune concessioni, perchè i volumi che fanno i punti vendita autonomi sono inferiori”. O viceversa, “saranno i negozi indipendenti a lasciare alcuni brand – gli ha fatto eco Nicola Ostuni di Profumeria Ostuni – perché le condizioni commerciali ‘imposte’ dalle aziende non saranno più accettabili. Peggiorerà, inoltre, la tendenza, già in atto, che vede le aziende lanciare novità continue di prodotto, che alla fine hanno poco mercato perché non sono reali innovazioni, e ingolfano i nostri magazzini”.
IL VANTAGGIO DI RIMANERE INDIPENDENTI
In questo scenario, gli indipendenti finiscono col diventare attori non protagonisti, nel senso che la loro presenza diventa marginale per le aziende. Ciononostante, i profumieri intervenuti all’incontro non sono disposti a vendersi a una catena o ad aggregarsi per fronteggiare questa situazione. Anzi, hanno sottolineato che l’autonomia comporta anche diversi vantaggi. Amoretti ha riassunto con queste parole il pensiero di molti: “Io sono indipendente per scelta. In passato sono stato contattato da vari consorzi, ma ho capito che, aderendo a un’insegna collettiva, avrei perso la mia identità. Non sarei stato più padrone a casa mia, perché avrei dovuto dare la ricchezza che mi sono costruito negli anni, e cioè il mio database, in mano ad altri”. Il titolare di Amoretti Profumi ha spiegato quanto sia importante il database, fatto di contatti di clienti e potenziali consumatori, perché gli consente di organizzare eventi e manifestazioni sul territorio, organizzando veri e propri make-up party e targettizzando così la clientela in base alle sue scelte di consumo e ai gusti dichiarati. “Non siamo la classica profumeria che aspetta che la persona entri in negozio – ha aggiunto – ma la raggiungiamo dove lei si muove. Per questo, più il mio database è ricco, più la mia società vale”. A questa affermazione, Giampaolo Sandri, titolare di Profumeria Gianfranca, ha aggiunto un’altra nota positiva per chi opera in modo autonomo sul mercato: “Le concentrazioni nel canale, pur rendendo il mercato molto più difficile, per certi versi potrebbero creare anche situazioni favorevoli. L’acquisizione Douglas-Limoni dovrebbe infatti portare a una ferrea selezione dei punti vendita in base alla redditività, con la conseguente chiusura di molti negozi considerati poco performanti. Questo farà sì che, in un determinato territorio, si potrebbe ridurre il numero dei concorrenti”.
COME DIFFERENZIARSI
Dopo aver enucleato i vantaggi dell’essere imprenditori di se stessi, i negozianti hanno aggiunto che devono essere realistici. Hanno cioè sottolineato che nella realtà attuale si considerano purtroppo ‘animali in via di estinzione’, cioè una sorta di ‘specie protetta’ che per sopravvivere dovrà adattarsi ai cambiamenti. La necessità, infatti, è quella di innovare, perché, in un mercato che va sempre più concentrandosi, rimarranno solo quei negozi che sanno differenziarsi con un concetto di vendita innovativo, o con un assortimento di ricerca, o ancora con una shopping experience che non si vive in altri store. Insomma, quacosa di differenziante. I grandi cambiamenti però sono difficili, e a volte ci si arriva per gradi, procedendo in un primo tempo con l’ottimizzazione del business. È quello che ha ipotizzato Sandri: “Noi abbiamo 5 negozi e in futuro potremmo chiudere diversi punti vendita e focalizzarci solo su un progetto esclusivo, cioè una profumeria d’eccellenza, selezionando i marchi davvero importanti”. Azioni di ridimensionamento sono state portate avanti anche da Marco Balocchi di Cap Profumerie, che ha fatto recentemente un tentativo con un consorzio per valutare le opportunità offerte dall’associazionismo: “Nel tempo siamo passati da 6 punti vendita a uno e abbiamo deciso di delocalizzare la logistica, cioè non gestiamo più il magazzino, che abbiamo affidato in outsourcing. Invece, abbiamo sviluppato molto l’e-commerce”. Sempre in tema di ridimensionamento, Ostuni ha ricordato che “non ci sono più flussi di persone tali da consentire di tenere in piedi diversi negozi, e quindi si è obbligati ad abbassare alcune saracinesche, ma bisogna però mantenere la nostra identità, che non è quella di essere associati a un consorzio né di vendersi a una catena”. Effettuato il ridimensionamento, i negozianti devono però progettare nuovi concetti di shopping, per trovare qualcosa che li identifichi in un contesto diventato più sfavorevole, dove appunto è necessario emergere dall’omologazione. Una strada per fronteggiare la concentrazione in atto è quella di selezionare i marchi in assortimento: “Differenziarci – ha raccontato Amoretti – vuole dire distinguere due tipologie di assortimento, quelle che io chiamo l’oceano rosso e l’oceano azzurro. Il primo identifica i marchi commerciali, dove si fa molta scontistica, continue promozioni, si punta sui volumi, e in questo universo vincerà sicuramente il ‘pesce’ più grosso. Io coltivo invece l’oceano azzurro che è fatto di servizio e non di ribassi sul prezzo, e se i marchi che ho in assortimento decidessero di stare nella prima realtà io conseguentemente li abbandonerò”. Quindi la selezione è sempre in divenire, a seconda delle scelte strategiche delle aziende. Alcuni partecipanti all’incontro hanno espresso un altro pensiero che potrebbe definire lo status indipendente delle profumerie, e cioè che i liberi imprenditori si differenziano dalle grandi catene per la storica presenza sul territorio, la conoscenza della clientela e soprattutto la professionalità del personale. La capacità di accoglienza e le tecniche di vendita, l’abilità nello storytelling e nell’ideare percorsi olfattivi per le fragranze, nonché diverse forme di consulenza sono una tradizione consolidata per molti indipendenti. Sandri ha sottolineato che “oltre ai servizi e alla competenza del personale, bisogna individuare molto bene il tipo di clientela che si vuole raggiungere e precedere i suoi bisogni, o addirittura crearli”. Il titolare della società Lazzini Lidio ritiene che la profumeria debba essere specializzata e non una sorta di bazar dove si possono trovare anche accessori e bigiotteria. Non tutti però la pensano allo stesso modo. La differenziazione infatti è un valore aggiunto per Augusto Mazzolari di Mazzolari: “Negli ultimi anni ho potenziato in assortimento gli accessori – ha raccontato – e mi sono accorto che le persone entrano per comprare una molletta per capelli, raffinata e originale, e poi escono anche con una crema. Gli accessori cioè diventano un volano per la vendita dei cosmetici. Su 100 persone che entrano in negozio, 60 domandano accessori”. Altri profumieri hanno lanciato sul tavolo un’idea differente, ovvero quella di specializzarsi in una categoria merceologica, ad esempio i profumi, vendendo solo fragranze, o viceversa solo skincare. Idea che però non ritengono al momento attuale facilmente praticabile. Ciò che è importante invece è avere un assortimento innovativo e molto ragionato nelle varie categorie che si vogliono trattare. Ha sottolineato infatti la necessità di fare scouting Mariabruna Zorzi di Mariabruna Beauty: “Conosco meravigliosi marchi coreani e giapponesi, di alto livello qualitativo e ancora non presenti in Italia. Sono marchi di eccellenza, che fanno molta ricerca. Per questo mi piacerebbe unirmi ad altri profumieri e importare questi prodotti senza ricorrere a terze parti”. Infine, un’idea innovativa di business è stata presentata da Sandri: “Le multinazionali della bellezza stanno iniziando a capire che possono vendere i prodotti da soli, facendo una sorta di ‘monomarca della company’ in partnership con le profumerie”. Sandri si riferisce a profumerie gestite dallo stesso titolare che hanno in assortimento però esclusivamente i marchi di un’unica multinazionale. E ha sottolineato di avere accordi in corso con alcuni big dell’industria per aprire un negozio con questo format, specializzato sui marchi top di una sola company. In realtà, la partnership tra aziende e profumerie indipendenti è già attiva in Italia con il modello ‘monomarca’, cioè alcune aziende hanno affidato alle profumerie autonome la gestione di uno store con insegna del loro brand. Per le imprese è un’alternativa alla gestione retail diretta, che di solito avviene con monomarca di proprietà, mentre attraverso queste partnership le aziende affidano ai profumieri la cura del negozio, la gestione del personale e ovviamente la titolarità dello stesso.
di Vanna Assumma