Edoardo Bernardi, AD e DG di Estée Lauder Italia, sfodera un altro bilancio double digit. E dice “grazie” a marchi solidi e diversificati, ma anche a innovative strategie distributive su ogni fronte.
La bellezza straniera parla italiano e, guardando ai risultati, lo sta facendo molto bene. The Estée Lauder Companies Italia, infatti, ha messo a segno nell’ultimo esercizio una delle migliori performance degli ultimi anni. Non nasconde la soddisfazione Edoardo Bernardi, amministratore delegato e direttore generale dal dicembre 2013 della filiale tricolore del colosso statunitense, parlando di un bilancio (chiuso al 30 giugno 2017) in crescita del 13% a oltre 170 milioni di euro di fatturato (dopo il +16% dell’esercizio precedente). I driver di crescita della filiale sono stati l’efficienza a livello organizzativo e la costruzione di un portafoglio di brand forti, sia nel core target sia in tutti i posizionamenti, dalla fascia alta, ai monobrand di make-up, alla farmacia, ai canali professionali e alla profumeria di nicchia. “Tutti i brand del gruppo sono cresciuti rispetto allo scorso anno – sottolinea il manager – e tutti hanno guadagnato quote di mercato nei rispettivi canali di riferimento”. Sono andati molto bene i monomarca, i brand in farmacia, l’e-commerce e i saloni di coiffeur con il brand Aveda. “Esteé Lauder resta un brand molto forte in termini di volumi in questo momento, ma abbiamo Mac che sta crescendo a doppia cifra e in maniera straordinaria ed è diventato il pilastro della filiale italiana”.
Oggi avete oltre 30 marchi in portafoglio, quali stanno performando meglio?
Negli ultimi anni gli equilibri tra i marchi cosiddetti ‘core’ (Estée Lauder, Clinique e le fragranze) e quelli che chiamiamo ‘emergenti’ (Mac, La Mer, Jo Malone London, Aveda, Darphin, Tom Ford e Smashbox per citarne alcuni) sono totalmente cambiati. Se fino a qualche anno fa i ricavi erano quasi per intero generati dai marchi ‘core’ come Esteé Lauder e Clinique oggi questi valgono meno del 50% del nostro volume d’affari. I marchi ‘emergenti’ hanno messo a segno negli ultimi esercizi performance a double digit straordinarie che ci hanno permesso di diventare sempre più specializzati e multicanali.
Avete in un certo senso cambiato pelle?
Sì e in questo cambiamento di strategie siamo riusciti ad azionare le leve necessarie per cogliere tutte le opportunità che ci presentava il mercato. Per esempio un brand ‘emergente’ come Mac ha assunto una dimensione estremamente importante nella composizione del portafoglio diventando oggi il primo marchio della filiale. Ma non solo. Anche gli altri marchi emergenti stanno accelerando fortemente e aumentando la loro quota grazie alle proposte di prodotti innovative e ai nuovi canali e consumatori a cui si rivolgono.
Proprio riguardo ai nuovi brand, come state integrando le ultime acquisizioni?
La filiale italiana sta integrando progressivamente i nuovi brand acquisiti come Frederic Malle, Kilian, le Labo o Glamglow, in modo da poterne sfruttare sempre di più il loro potenziale. Si tratta di piccole realtà poco distribuite, ma risultati straordinari sia in termini di engage che di vendite. Ovviamente ogni marchio che entra in portafoglio, va studiato e gestito nella maniera più giusta. Per Frederic Malle, marchio di nicchia ultra prestige, abbiamo aperto un monomarca diretto a Milano, mentre per brand più giovani come Glamglow, stiamo studiando un approccio più digital e social in modo da essere sempre più attraenti verso il consumatore.
Come mai non ci sono state acquisizioni in Italia?
Penso sia stato casuale. In Italia ci sono diverse aziende di fragranze, skincare e di make-up molto interessanti, e che l’industria, non solo noi, tiene monitorate. Per il futuro, non lo escludo. Oggi i marchi acquisiti provengono prevalentemente da California e Corea, ma non vedo l’Italia così distante.
Nei piani di sviluppo della filiale italiana c’è anche un nuovo progetto distributivo?
Stiamo spingendo molto anche sul retail diretto perchè l’esperienza di monobrand resta più attraente e stimolante per il consumatore di oggi. Ma non per questo vogliamo escludere le profumerie che per anni sono state i nostri principali partner. Di conseguenza abbiamo lanciato circa tre anni fa un nuovo progetto, che ho chiamato Partnership 2.0, che sviluppa un nuovo modello di distribuzione (per alcuni dei nostri brand retail come Mac, Aveda e Jo Malone), in collaborazione con i nostri alleati storici del wholesale, imprenditori di profumeria e dei saloni di parrucchiere.
Ripensare ad un nuovo modello di distribuzione non è mai facile, avete avuto delle difficoltà?
All’inizio non è stato semplice, ma dopo un primo momento di diffidenza i clienti ci hanno dato fiducia: due anni fa abbiamo aperto il primo monomarca ad insegna Mac con Lazzini a Parma e contemporaneamente abbiamo fatto dei test con Aveda in alcune città italiane. Oggi, sono già stati aperti 20 punti vendita insieme a 6 partner, e stiamo sviluppando un programma molto interessante di aperture Mac con Pinalli e altri partner, oltre al vaglio una serie di altri progetti dedicati a nuovi brand. A breve-medio periodo pensiamo di continuare a crescere puntando a raddoppiare le aperture entro un anno.
Tra le ultime new entry c’è Origins?
Il brand Origins, lanciato nel 1990 negli Usa, è stato il primo prestige natural skin care brand, è entrato in Italia ad agosto distribuito in esclusiva da Sephora. Crediamo molto nelle potenzialità di crescita nel mercato italiano soprattutto adesso che il consumatore ha una profonda consapevolezza dei prodotti green e ancora di più del rispetto dell’ambiente. In modo particolare sono i millennials ad avere questa attitudine, ed è per questo che abbiamo scelto Sephora come partner per questa nuova avventura…ma in futuro non escludo la possibilità di aprire punti vendita monomarca, come già in altri mercati.
Qual’è la sfida per crescere anche in futuro?
La grande sfida dell’azienda è far crescere in termini di volume e di awareness i brand minori. Le opportunità di crescita sono enormi, c’è un consumatore che sta evolvendo molto in termini di aspirazioni. Si tratta di andare a seguire queste aspirazioni. Inoltre esistono ancora dei marchi molto importanti all’interno del nostro portafoglio che stiamo valutando come e quando lanciare al meglio nel nostro Paese.
di Chiara Dainese