Cristina Scocchia, in tre anni da CEO, ha ribaltato L’Oréal italia. L’azienda parla col consumatore, è entrata in outlet e discount, e ha ampliato i monomarca. Ma è stata “una rivoluzione di squadra”.
In soli tre anni ha ribaltato il business model di L’Oréal Italia e ne ha ampliato il terreno di gioco. Cristina Scocchia, AD e presidente della filiale italiana del colosso cosmetico dal 2014, ha riportato l’azienda alla crescita di fatturato e redditività attraverso l’occupazione di tutti i segmenti di mercato e con un capovolgimento ‘culturale’ legato al digital. La manager ha avuto il coraggio di guardare oltre le categorie e i posizionamenti ormai consolidati, al di là dei canali tradizionali, andando ad occupare gli spazi di mercato dove L’Oréal non era ancora presente. E così l’AD ha segmentato meglio il posizionamento dei prodotti lanciando nuove categorie nel mass market (doccia schiuma, bagno schiuma, creme per il corpo), e ha investito in canali non usuali, come gli outlet e i discount. La sfida della Scocchia è stata (e sarà) anche quella di integrare in un’azienda prevalentemente wholesale una logica retail, in seguito a un impetuoso sviluppo dei monomarca Nyx Cosmetics e Khiel’s. Per fare questo ha creato una struttura ad hoc, il retail corporate team, composto da 4 persone e da un chief retail officer, che è responsabile della selezione delle location, del refurbishing e dei processi operativi. Secondo driver della crescita è stata la focalizzazione sul digital, che ha coinvolto tutta la struttura societaria determinando un vero e proprio ribaltamento nell’approccio al cliente, passando cioè da una logica top-down, dove l’azienda parlava al consumatore in modo unilaterale, a un modello in cui l’azienda parla ‘con’ il consumatore, e quest’ultimo diventa parte attiva. L’azienda, in questi anni, ha sviluppato nel più grande stabilimento L’Oréal al mondo, che si trova a Settimo Torinese (To), un modello virtuoso di fabbrica 4.0, mantenendo il livello occupazionale. Tutto questo ha portato a un successo, che, ama sottolinearlo, “è comunque una vittoria di squadra”.
Dopo 6 anni di calo di fatturato, il suo avvento ha segnato il turnaround. Qual è la sua vision per L’Oréal Italia?
Nel 2014 c’è stata la svolta con il ritorno alla crescita della redditività, per arrivare a fine 2015 con un utile netto a +30,3% ed ebit a +27,7 per cento. Performance ottenute grazie alla semplificazione dell’organizzazione, che ha liberato risorse da investire nella crescita. Ma anche con la differenziazione del portafoglio marche per raggiungere le diverse fasce di consumo, in modo da intercettare le diverse capacità di spesa. Per fare un esempio, abbiamo differenziato a livello d’immagine e di prezzo i tre brand mass market di haircare: Elvive ha fatto un upgrading, Fructis è stato posizionato in una fascia media, e Ultra Dolce Garnier è rimasto l’entry price. Abbiamo ridotto così la cannibalizzazione. Grazie a questa e ad altre azioni, la divisione L’Oréal Prodotti Grande Pubblico ha guadagnato più di un milione di nuovi consumatori. Infine, abbiamo abbracciato in modo globale, forte e decisivo il digitale.

Quindi l’approccio digital ha segnato una vera e propria svolta?
Sì, la trasformazione digitale ha riguardato tutta l’azienda e il business model di L’Oréal Italia. Si è verificato un cambiamento culturale, perché prima costruivamo brand per tutti, adesso invece costruiamo brand ‘personalizzati’. Questo shift mentale è stato possibile proprio con il digitale. Ad esempio i prodotti si sono avvalsi di servizi online (come l’app MakeUp Genius) e del coinvolgimento dei consumatori, che ha reso l’offerta mirata alle esigenze specifiche degli utenti. Per quanto riguarda la comunicazione, siamo passati da piani media tv-centrici a pianificazioni cross-media, con una componente digitale molto forte. A fine 2013 spendevamo il 5% del budget advertising sul web, adesso è stato quadruplicato. Per gestire questo sviluppo, abbiamo allestito un team di tre persone (a cui se ne aggiungerà un’altra nel giugno 2017) capitanate da un chief digital officer, a cui abbiamo aggiunto dei digital manager in ogni divisione. La grande rivoluzione sono stati i big data, che permettono di fare marketing di precisione, con campagne advertising mirate e non invasive. Anche l’e-commerce è nei nostri piani.
Interessante, nella cosmetica di e-commerce si parla ancora poco…
In effetti è vero. Attualmente le vendite online di tutto il mercato della cosmetica sono ridotte, coprono l’1,8% dei consumi in Italia. Il motivo non è legato alla domanda, che non manca, ma piuttosto alla carenza di offerta. I grandi player sul web per il beauty sono Sephora ed Esselunga, quindi si tratta sostanzialmente di solo due retailer, mentre tra i nativi digitali c’è Amazon Beauty, che però è entrato da poco in Italia. Il problema è che gli investimenti sull’e-commerce non danno risultati immediati, e le aziende d’altro canto si trovano a dover inseguire obiettivi a breve termine. Noi però stiamo investendo sull’e-shopping: abbiamo stretto una partnership con Amazon Beauty, stiamo lavorando con Sephora ed Esselunga, e sviluppiamo le vendite online di Nyx Cosmetics e Khiel’s. Comunque, penso che il business dell’online si svilupperà soprattutto attraverso gli e-retailers.

e sito e-commerce di Kiehl’s
State investendo sui monomarca: il futuro del beauty va verso questa direzione?
Questo canale, in generale, è tornato a una leggera crescita, e noi ci crediamo perché ci permette di ampliare il terreno di gioco. Nyx Cosmetics, ad esempio, è una marca che parla soprattutto alle Millennials, e comunica solo con il digital. Abbiamo aperto 12 negozi Nyx Cosmetics in 12 mesi, e continueremo con questo ritmo nel 2017. La particolarità è che l’Italia è l’unico Paese dove questo brand californiano è presente con store monomarca, mentre all’estero è venduto nei drugstore e in punti vendita multimarca. Noi vogliamo arrivare a 70 negozi a insegna nel giro di tre anni. Per quanto riguarda Khiel’s, disponiamo di 14 boutique e 17 corner.
L’Italia quindi si distingue dal resto del ‘mondo L’Oréal’?
Sì, e non solo per il retail targato Nyx Cosmetics, ma anche per l’attività che è stata sviluppata per L’Oréal Paris. Per questo brand, al momento, non abbiamo intenzione di lanciare monomarca però abbiamo aperto degli spazi L’Oréal Paris Makeup all’interno di 6 outlet. Una scelta che, oltre a vantaggi economici, porta benefici ambientali perché ci permette di valorizzare i prodotti obsoleti, e infatti in tre anni abbiamo evitato la distruzione di 100 tonnellate di prodotto finito. Inoltre, siamo riusciti a creare, con questo canale, 30 nuovi posti di lavoro. E poi a Settimo Torinese c’è lo stabilimento più grande al mondo di L’Oréal? La fabbrica italiana è la più grande per unità prodotte. A fine 2015 abbiamo realizzato 330 milioni di pezzi, di cui il 93% viene esportato. È totalmente a emissioni zero ed è un esempio di produzione 4.0. Sono orgogliosa perché abbiamo aumentato la produttività, abbiamo fatto reshoring di alcune produzioni, e così abbiamo mantenuto il livello occupazionale.
di Vanna Assumma