Il media-mix delle aziende cambia: sebbene il digital non sia più low-budget, continua a crescere perché è ormai indispensabile per creare un ‘ponte’ con le consumatrici. La televisione viene usata in modo nuovo e la stampa rallenta, ma resiste.
La ‘torta’ degli investimenti pubblicitari delle aziende beauty ha un aspetto diverso, oggi, rispetto a solo 5 anni fa: una ‘fetta’ sempre più grande è rappresentata dal digital, che si amplia a scapito del budget rivolto alla stampa, la cui contrazione ha comunque un punto di non ritorno. Questo media cioè mantiene uno ‘zoccolo duro’, in particolare per l’advertising dei prodotti di bellezza rivolti alle consumatrici over-50. Un’altra fetta consistente della torta riguarda l’investimento televisivo, che però si cerca di utilizzare in modo nuovo. Ma partiamo dal digital, che, appunto, sta catalizzando l’attenzione dei player del settore. Va sfatata innanzitutto la convinzione che fare comunicazione sul web sia economico. Per tanto tempo, infatti, le aziende hanno approcciato la rete investendo poche risorse, ma la complessità del sistema attuale è tale che, per emergere sui social, nella blogosfera e in generale sul world wide web, è necessaria una strategia ragionata, con un alto livello di expertise e un impiego di tempo e di risorse non indifferenti. Lo conferma Micol Caivano, AD di Cosmetica, cui fa capo il marchio Diego Dalla Palma Milano: “Il 70% del budget pubblicitario lo investiamo su internet, mentre il 30% sulla stampa. Solo 5 anni fa queste proporzioni erano invertite. Ma il cambiamento di mezzi non ha assolutamente ridotto la spesa advertising, anzi nel 2015 abbiamo incrementato gli investimenti del 15% rispetto all’anno precedente. Il motivo è che, per garantire qualità sul web, lavoriamo con un’agenzia esterna, nonché con influencer e blogger, e abbiamo predisposto due persone dedicate all’interno dell’azienda”. Gli investimenti in comunicazione digitale crescono anche perché aumentano i siti e-commerce lanciati da aziende e retailer beauty. Addirittura l’associazione di settore Cosmetica Italia stima per il 2015 un giro d’affari dalle vendite online pari a 180 milioni di euro, assai superiore a quanto preventivato da NetComm (istituto che si occupa di commercio elettronico in Italia) solo pochi mesi fa. Ma il fatto è che non basta fare un sito di shopping per garantirsi le vendite online, perché bisogna ‘accompagnare’ le persone all’e-commerce, cioè bisogna comunicare l’esistenza del nuovo sito e spingere i navigatori a entrarvi. Sono necessari, dunque, investimenti in marketing e comunicazione, soprattutto online ma anche offline, che sono stimati, secondo un report di Casaleggio Associati, in 25 euro per ogni nuovo consumatore acquisito. Il costo di acquisizione del target, cioè la spesa pubblicitaria orientata a creare traffico sul sito di shopping, è praticamente raddoppiato rispetto a solo due lustri fa.
OBIETTIVO: CONTATTO DIRETTO
Gli investimenti su internet da parte delle aziende, oltre a spingere le persone al sito di vendite online, hanno anche finalità di brand awareness e di comunicazione dei valori dell’impresa. Sono gli stessi obiettivi che gli investitori perseguono su altri media, come stampa, televisione e outdoor, ma la particolarità della rete è che permette alle aziende di entrare in contatto diretto con le persone, di creare una relazione non mediata, soprattutto grazie ai social network. Attraverso questi ultimi, ma anche tramite le community, i blog, i forum e il sito aziendale, è possibile creare un dialogo con le persone, un ‘botta e risposta’ che è un’opportunità unica per le aziende di interfacciarsi direttamente con i suoi consumatori. Infatti Cosmetica (ricavi 2015 in crescita del 24% a 24 milioni di euro) investe i due terzi del budget sul web proprio per avere un contatto ‘personale’ con gli utenti: “Per noi è fondamentale il feedback sulle operazioni effettuate dall’azienda “ osserva Micol Caivano. E aggiunge: “Un tempo i consumatori subivano le nostre informazioni, non potevano controbattere, chiedere, rispondere. Oggi il rapporto è bidirezionale. Sono loro che comunicano a noi, e non viceversa”. Caivano spiega che questo feedback è di fondamentale importanza per intraprendere azioni correttive, cioè per modificare alcuni elementi relativi alla produzione, alla comunicazione e alla distribuzione. Alle utenti di internet infatti viene chiesto il parere sui nuovi prodotti, su texture e colori, sui servizi che si pensa di lanciare, sui prezzi di vendita, sulla disponibilità del prodotto, sulla brand image e sulla comunicazione. Si tratta insomma di informazioni necessarie per ‘ritarare’ i processi ed essere sempre più rispondenti alle esigenze delle consumatrici. Anche per Nyx, marchio di make-up californiano acquisito dal Gruppo L’Oréal ed entrato in Italia con due monomarca a fine 2015, è molto importante il feedback delle persone: “Dai nostri social – racconta Valeria Deho, communication, pr&digital marketing manager Nyx Italia –riceviamo 300 messaggi al giorno. Sono persone che ci chiedono informazioni sui prodotti, anche sull’uso degli stessi, o che ci inviano foto dei loro look perché vogliono essere protagoniste, lanciare le proprie idee e avere visibilità. Ma in particolare è grazie alle influencer che riusciamo a conoscere i feedback sui prodotti maggiormente richiesti dalle consumatrici e sui trend che si svilupperanno in futuro in Italia”. Il brand infatti investe molto sulle blogger e sulle youtuber, che sono diventate ormai quasi un ‘media’ dato il loro alto livello di audience tra le giovani consumatrici. Prima del debutto di Nyx in Italia, l’azienda ha sviluppato, attraverso la collaborazione dell’agenzia The Big Now, un contest e un evento personalizzato per alcune beauty-blogger, i cui suggerimenti sono stati veicolati successivamente attraverso l’allestimento del negozio. “Tutti i contenuti dello store – conferma Deho– sono creati dalle influencer. Si tratta di mini-tutorial visibili su iPad e su piccoli schermi, di video, di indicazioni d’uso in formato testuale, nonché di immagini delle stesse blogger sugli espositori e sul packaging di alcuni prodotti”.
STORYTELLING IN TV
Il web ha insegnato alle aziende a comunicare in modo nuovo, cioè a evitare la ‘banalità’ dei messaggi pubblicitari tradizionali, come capita a volte con gli spot televisivi, e ha spinto i brand a costruire contenuti. Al punto che oggi la parola ‘contenuto’ è diventata un mantra che si ripete in ogni strategia di comunicazione. E così anche le aziende beauty cavalcano l’onda, con l’obiettivo di creare ‘branded content’ che siano di reale interesse per l’utente, e non invasivi. L’antesignano, come abbiamo detto, è internet, dove alcuni player realizzano video su YouTube e web-serie online, ma la televisione sta facendo tesoro di questo approccio e offre alle imprese la possibilità di comunicare in modo nuovo, con veri e propri progetti editoriali. Lo scorso settembre, ad esempio, in occasione del Festival del Cinema di Venezia, Shiseido Italia ha realizzato la trasmissione ‘VeniceToday’, in onda tutti i giorni all’interno del palinsesto di Iris, canale di Mediaset. Il programma, che ha commentato i red carpet, gli outfit delle celebrity e i dietro le quinte del festival, è stato prodotto dalla filiale italiana dell’azienda nipponica insieme al magazine femminile Grazia. Alberto Noè, presidente di Shiseido Italia, ha comunicato attraverso una nota di credere nel format: “È un esperimento di cross-medialità molto ambizioso, che abbiamo voluto creare con eccellenze come Publitalia, Grazia e il Festival di Venezia. Abbiamo parlato di lifestyle e raccontato il mondo del cinema con un linguaggio beauty e fashion, come mai è stato fatto prima, coinvolgendo contemporaneamente tv e stampa, web ed eventi”. Anche Farmaceutici Dottor Ciccarelli, azienda conosciuta per gli ‘storici’ brand Pasta del Capitano e Cera di Cupra e che ha lanciato l’anno scorso due nuove linee premium, tenta l’avventura in tv. E lo fa con un contenuto editoriale brandizzato. “Nella primavera di quest’anno – racconta Maurizio Caimi, special projects management dell’azienda –lanceremo un mini-documentario sul canale satellitare Discovery Channel. Il format del programma si chiama ‘Come è fatto’, dura 30 minuti e sarà un viaggio all’interno delle nostra azienda, tra le linee produttive dei cosmetici, in cui verranno raccontate e filmate tutte le fasi di creazione di una crema o di un dentifricio”. La trasmissione televisiva sarà one-shot, ma verrà pianificata anche sulle emittenti straniere del Gruppo Discovery, e in Italia seguiranno anche le repliche online. Caimi sottolinea che si tratta di un’azione di branding, perché attraverso questo format si parla dell’azienda e dei suoi valori. “Non sarebbe altrimenti possibile raccontare la nostra realtà nei 30 secondi di uno spot televisivo – aggiunge – e in questo modo la nostra storia diventa un ‘contenuto’, qualcosa di interessante per gli spettatori, che sono curiosi di sapere cosa sta dietro a un cosmetico”. Il manager della Ciccarelli sottolinea che lo storytelling in tv non basta per sedimentare il brand nella mente delle persone, ma è necessario fare una strategia cross-mediale con advertising online e su stampa. Oggi la scommessa per un’azienda non è tanto quella di essere presenti sui media, ma di rimanere nella testa delle persone, di fissarsi nella memoria dei consumatori, che sono bombardati da una molteplicità di messaggi pubblicitari. “Quindi il contenuto dello storytelling deve essere coinvolgente – conclude – ma è necessario creare una cross-medialità che avvolga il consumatore, di modo che la sua esperienza emotiva si protragga nel tempo”. Il budget media dell’azienda si è attestato nel 2015 su 4,5 milioni di euro, ovvero il 15% del fatturato aziendale, pari a 30 milioni di euro. Il 10% degli investimenti pubblicitari sono stati rivolti alla stampa, ma probabilmente la percentuale salirà al 15% quest’anno.
L’EFFICACIA DELLA PRESS
Arrivando agli investimenti su stampa, non si può nascondere che siano in contrazione per tutti i settori merceologici. A novembre 2015 Nielsen stimava un calo del 7,3% per i quotidiani e del 4,6% per i periodici, rapportato agli 11 mesi del 2014. In ogni caso, questi ribassi che perdurano ormai da qualche anno non sembrano mettere la parola ‘fine’ sul mezzo. Per lo meno per quanto riguarda il beauty. “L’efficacia della stampa è confermata dai risultati” afferma Federica Pria, direttore marketing Beauté Prestige International (Bpi), società che fa parte del Gruppo Shiseido e che produce e commercializza, tra gli altri, il marchio di profumi Narciso Rodriguez. “Per questo brand – racconta Pria – fino al 2011 non abbiamo investito in comunicazione su stampa, ma solo sui punti vendita. Da quando abbiamo iniziato a essere presenti sulla press, i risultati sell-out sono stati impressionanti, e nel 2012 siamo passati dal quarto posto tra le fragranze femminili più vendute in Italia al secondo posto (dati Npd)”. Questo dimostra, secondo la manager, che la stampa è efficace, chiaramente solo quando incontra il target ideale per il marchio. Bpi pianifica per Narciso Rodriguez soprattutto campagne stampa ‘profumate’, cioè pagine pubblicitarie con inserti liquatouch (‘linguette’ incollate alla pagina) che, una volta sollevati, liberano la fragranza in modo che la consumatrice possa testarla. “La prova-prodotto è fondamentale – asserisce Pria – e infatti noi ci qualifichiamo tra i primi investitori di stampa profumata, avendo anche incrementato il budget pubblicitario nel 2015”. Pria osserva che, nei periodi in cui viene pianificata la pubblicità con prova-prodotto, s’impennano i risultati di vendita. È vero però, come già osservato da Caimi, che è sempre necessaria una strategia cross-mediale, e quindi l’advertising su stampa deve essere accompagnato da altre forme di comunicazione. Ad esempio, una forte visibilità sul punto vendita, con una coerenza rispetto al prodotto che viene veicolato sui magazine cartacei. La Prairie, ad esempio, punta molto sulla comunicazione nei punti vendita, essendo un brand di lusso che necessariamente deve selezionare i canali in cui essere presente. “Pianifichiamo poche testate, ma con forte frequenza – afferma Stefania Martucci, marketing manager La Prairie – e solo in determinati periodi dell’anno. Crediamo molto, invece, nel punto vendita, dove inviamo beauty assistent e realizziamo operazioni di sampling, nonché negli eventi mirati alle top clienti, molto esclusivi”.
di Vanna Assumma