Negli ultimi anni, il ‘quartiere degli artisti’ è diventato anche il ‘quartiere della bellezza’. i negozi si moltiplicano alla ricerca di storia e tradizione. gli spazi retail sono piccoli con locazioni tra 800 e 1.500 euro a mq.
Storicamente è il quartiere degli artisti, con le sue vie strette e lastricate di sampietrini, frequentate dagli scrittori e dai poeti bohemien della Scapigliatura milanese: è il quartiere di Brera, ancora oggi una delle zone più caratteristiche nella città della Madonnina, con l’Accademia delle Belle Arti e la Pinacoteca, e dove le cartomanti fermano i turisti in mezzo alla strada. In questa atmosfera così anticonvenzionale, negli ultimi tre anni si sono moltiplicati i negozi di profumeria e di cosmetica, al punto che il Brera-district è diventato per antonomasia la ‘via del beauty’ nella città della Madonnina. Ultima apertura in ordine di tempo è quella del monomarca francese Fragonard in via Solferino 2, ma poco prima l’australiana Aesop si è affacciata in Piazza del Carmine, con un negozio che vuole essere la risposta contemporanea a un quartiere storico. Durante la Vogue Fashion Night Out del 22 settembre di quest’anno è arrivata un po’ di Provenza nel cuore di Milano, e in via Mercato 18 ha esordito il flagship store Compagnie de Provence. Poco distante, in via Fiori Chiari, spicca la vetrina verde di Caudalie, e lo stesso marciapiede ospita Dr. Vranjes Antica Officina del Farmacista e al numero civico 12 il monobrand Mac Cosmetics. In via Brera trovano casa Diptyque Paris, L’Olfattorio e The Body Shop, mentre via Madonnina è stata prescelta dalle insegne di Diego Dalla Palma e di Santa Maria Novella. A questi nomi si aggiungono diverse profumerie indipendenti multimarca, che hanno trovato nella via un ‘passeggio’ vivace e copioso.
PERCHÉ PROPRIO BRERA?
Vieni da chiedersi perché, tra tutte le vie di prestigio di Milano, proprio il quartiere di Brera sia stato prescelto dalle aziende della bellezza. Risponde Roberto Orlandinotti, titolare di Orlandinotti Real Estate, che ha seguito l’ingresso in Italia di Caudalie e di Aesop con i rispettivi negozi: “Brera è l’unica zona a Milano caratterizzata da storia e charme architettonico e contemporaneamente con spazi retail di piccole dimensioni. Altre vie, come Corso Vittorio Emanuele ad esempio, hanno spazi per i punti vendita molto grandi”. In effetti le boutique di Brera si sviluppano su superfici di dimensioni ridotte, che vanno dai 25 ai 70 metri quadrati. E’ anche vero che nel Quadrilatero della moda milanese si possono trovare metrature contenute per il retail, ma in questa area tra via Montenapoleone e via del Gesù, frequentata da turisti altospendenti, sembra che non funzionino tipologie di prodotti con importi bassi, come lo sono i profumi e i cosmetici. “Storicamente – spiega Orlandinotti – nel Quadrilatero non funzionano negozi con scontrini medi in uscita bassi, sotto i 200 euro”. Infatti in questa celebre zona di Milano si concentrano soprattutto gioiellerie, boutique di moda, design e pelletteria.
LOCAZIONI SOSTENIBILI
Un altro elemento che scoraggia l’apertura di un negozio beauty nel Quadrilatero è il fatto che il sell-out di un negozio di cosmetica si aggira mediamente su 200mila euro l’anno, un importo che non regge gli alti costi di locazione del Quadrilatero, che oscillano tra 4.800 e 8.500 euro al metro quadro. Sostanzialmente un punto vendita di 50 metri quadri costerebbe in questa ‘cittadella della moda’ milanese più di 250mila euro l’anno, una spesa quindi non sostenibile. “Le locazioni nella zona Brera – aggiunge Orlandinotti – variano tra 800 euro e 1.500 euro a metro quadro l’anno. Ne consegue che l’affitto di uno spazio di 50 metri quadri costa tra 60mila e 100mila euro l’anno, conteggiando anche il basement di deposito. A questo si aggiunge il fatto che le buonuscite nel Quadrilatero sono milionarie, mentre nel Brera-district, ovviamente, sono più contenute. Infine, il ‘quartiere degli artisti’ assiste a un vivace passeggio di prossimità, con l’andirivieni di abitanti della zona che fanno acquisti in queste vie, e si sa che il beauty in città si affida soprattutto alle consumatrici domestiche più che a quelle internazionali.
di Vanna Assumma