Dell'entità dei dazi o del cambio fisso tra lo yuan e il dollaro non si cura, dice che sono ininfluenti per chi in Cina punta al mercato interno con politiche di lungo periodo. «E poi, finché il fatturato cresce a tassi di oltre il 50%�». Paolo Gasparrini è un trevigiano cinquantaduenne che nel '96 sbarcò a Shanghai per fondare la filiale di L'Oréal, il colosso francese della cosmetica. Il che vuol dire impiantare uno stabilimento, mettere in piedi la rete distributiva e lanciare sul mercato i marchi (una dozzina) del gruppo. Sette anni dopo, l'azienda ha 3.500 dipendenti, il fatturato cresce del 60% all'anno e nel 2003 toccherà i 160 milioni di dollari, raggiungendo l'utile.
La Cina di Gasparrini è il Celeste Impero in full immersion, con le sue regole, la sua cultura e le sue difficoltà. Non l'eden delle produzioni a basso costo che invadono Europa e Stati Uniti, ma un posto dove produrre per integrarsi nel tessuto sociale e puntare alle quote di mercato. Un investimento sicuro, perché «il Paese si sviluppa vorticosamente, l'economia va a gonfie vele e la gente consuma».
«Per chi sappia far bene qualcosa, qualunque cosa, la Cina è una grande opportunità, garantisce Gasparrini, ma bisogna impegnarsi seriamente e vivere qui a tempo pieno».
«Il cinese non fa affari solo con i soldi ma anche con la persona: ha bisogno di fidarsi, di conoscere, sottolinea Gasparrini. Ci vuole tempo e l'immagine è fondamentale: le autorità sono molto presenti e bisogna negoziare molte cose, tutto diventa più facile quando si è percepiti come buoni cittadini che rispettano le regole del gioco. Chi è pieno di soldi ma senza umiltà, pazienza e capacità d'adattamento, fallisce». Quanto alla corruzione, Gasparrini sostiene di non aver mai avuto noie e che per facilitare i rapporti basta sostenere le autorità locali con sponsorizzazioni.
Estratto da CorrierEconomia del 8/09/03 a cura di Pambianconews