La bellezza è costretta a rinnovarsi. I gruppi internazionali della cosmesi hanno colto l’imperativo, e stanno impegnandosi nel valorizzare potenzialità interne, fino a oggi rimaste sottotono. E, nello stesso tempo, hanno avviato una politica di acquisizioni per garantirsi occasioni di sviluppo esterne altrimenti irraggiungibili.
Dal punto di vista dello sviluppo di innovazione interna, sembra di assistere al riscatto di quelli che fino all’altro giorno erano considerati come cosmetici di un Dio minore. Le chiamano ‘minorities’, ossia quelle linee speciali dedicate a specifiche esigenze della pelle, dei capelli o degli occhi, che hanno rappresentato sin qui un elemento quasi facoltativo dell’offerta di un brand. Ebbene, questi prodotti si sono trasformati in una delle scommesse obbligate dei big del trucco. Questo perché il mercato non offre più la chiara distinzione tra i prodotti mainstream e quelli ‘di minoranza’ (si pensi alla cosmesi etnica). Piuttosto, oggi sembra che la domanda sia composta da una molteplicità di minorities. Per giunta, sono minorities a perimetro variabile: quello che un tempo era un prodotto ‘riservato’, adesso interessa anche clienti che non appartenevano all’enclave di consumatori originari. Insomma, le ex minoranze guidano il mercato. E lo fanno richiedendo dimostrazione di know how e qualità.
In coerenza con questa frammentazione della domanda, i colossi della bellezza hanno avviato la partita delle acquisizioni. Negli ultimi mesi, sono molteplici le operazioni che hanno visto big come Estée Lauder, Unilever e L’Oréal mettere le mani su aziende di ridotte dimensioni, con brand non sempre conosciuti, ma dalla grande capacità di presidio della propria nicchia ad alta specializzazione. Anche in questo caso, il principio è quello di posizionarsi al meglio su segmenti finora snobbati, per cercare di proporre qualcosa di innovativo alla clientela.
La spinta all’innovazione, insomma, sta ridisegnando l’offerta del beauty. Ma, più in generale, anche le modalità di interazione con un mercato più diversificato e complesso. Accelerano i processi in corso: probabilmente alcuni brand, ormai saturi, finiranno il loro percorso, e alcuni canali dovranno riposizionarsi; per contro, nasceranno nuove realtà e fenomeni di consumo (il Brera District a Milano ne è un esempio). E, dunque, importanti opportunità.
David Pambianco