Sergio Momo ha fondato Xerjoff 17 anni fa seguendo la sua grande passione per la profumeria artistica. oggi il marchio opera in quasi tutti i continenti con una quota export del 97%. Nel 2022 ha totalizzato un fatturato di 39 milioni e un ebitda di 10 milioni di euro.
“Gli ultimi due anni sono stati di forte crescita. Abbiamo chiuso il 2022 a 39 milioni di euro e le previsioni 2023 in termini di numeri sono di superare i 50 milioni di euro di fatturato che vuol dire un grosso passo avanti rispetto al 2022. E questa è una previsione che stiamo già superando quasi a metà anno quindi siamo davvero molto positivi”. Queste le parole di Sergio Momo CEO e founder di Xerjoff Group, azienda italiana leader al mondo nel settore della profumeria di lusso. I profumi di Xerjoff sono il frutto dell’estro italiano, in una combinazione estetica fra design e moderne tecniche di produzione artigianale. La dimensione olfattiva di altissima qualità si sposa con la creazione di vetri artistici presentati in prestigiose confezioni.
Come nasce il marchio Xerjoff?
Il marchio Xerjoff è nato nel 2007 un po’ come una scommessa. Il nome deriva dall’unione di Joff, il soprannome con cui mi chiamava mia nonna materna di origine slava e Sir il nickname aggiunto dai miei colleghi inglesi durante il periodo in cui ho vissuto a Londra. Dopo aver lavorato a lungo nel mondo del design e del lusso sono rimasto affascinato dall’universo delle fragranze. Ho fatto dei corsi di composizione a Grasse in Francia e ho poi deciso di creare una mia linea. Volevo che fosse completamente naturale, dagli ingredienti utilizzati per il jus al pack, ispirato ad antichi flaconi cinesi e realizzato in pietre semipreziose. Tra i cinque sensi dal punto di vista creativo, l’olfatto è quello che mi stimola di più, perché il profumo è un mezzo per raggiungere luoghi, situazioni, persone, è il mezzo attraverso cui è possibile evocare ricordi, rivivere sensazioni.
Da dove siete partiti con questa avventura?
Siamo partiti dal mercato russo e dal Medio Oriente e poi siamo arrivati in Italia in un secondo momento. Quando siamo sbarcati in Russia la profumeria di nicchia stava arrivando, eravamo tra i primi e abbiamo trovato terreno fertile e i nostri prodotti hanno avuto un grande successo. Oggi purtroppo la Russia a causa della guerra non ha più molto peso, ma prima generava il 16/18% del nostro business.
E oggi quali mercati stanno andeando meglio?
Diciamo che negli anni abbiamo consolidato mercati importanti come il nord Europa e nord America, Messico incluso e Africa, dove c’è forte richiesta. Soprattutto i mercati del Sud America e sud est asiatico stanno spingendo moltissimo. Sono proprio i nuovi mercati a cercare i prodotti di profumeria artistica. Usare il termine nicchia oggi non è più appropriato per un fattore commerciale. Resta invece il fattore creativo e qualitativo perché la promessa di qualità, creatività e sperimentazione rimane sempre alla base di ogni nostra creazione. Noi esportiamo il 97% di quello che produciamo nella maggior parte dei continenti e la difficoltà è rimanere coerenti nell’immagine e nella qualità.
Anche per questo avete aperto negozi monomarca?
I nostri monomarca raccontano il nostro universo e i nostri valori. Perché chi si avvicina ai profumi Xerjoff è alla ricerca di un’esperienza particolare e immergersi in un luogo creato su misura per noi è il modo migliore per trasmettere la visione e il messaggio del brand. Proprio per questo motivo stiamo portando avanti un piano di espansione retail importante ed investendo per accelerare la crescita anche attraverso gli store. Oggi abbiamo 7 negozi diretti ed entro fine anno apriremo a Santorini, Francoforte e a Singapore, a cui seguiranno Doha e Miami con un distributore ed entro la fine del 2024 sarà la volta di New York. Il negozio monobrand è sicuramente più difficile da gestire, ma è un investimento importantissimo a livello di comunicazione perché il nostro settore è fatto di storytelling, ed è quindi fondamentale la presenza fisica per raccontare chi siamo e cosa e come lo facciamo. Inoltre negli ultimi anni il nostro consumatore è diventato molto più giovane e questo ha innescato nuove dinamiche di linguaggio sia olfattivo che di comunicazione.
Siete presenti anche con l’e-commerce?
L’e-commerce è esploso durante il lockdown e oggi pesa circa 3 milioni di euro che sono pari al 12% del nostro fatturato e l’obiettivo tra due anni è sicuramente di aumentare questa quota e di arrivare a circa 20 milioni di euro.
Avete anche ampliato da poco il quartier generale di Torino?
Nella sede di Torino svolgiamo tutte le fasi del processo produttivo, dalla creazione alla produzione, dal commerciale alla comunicazione. La grande espansione che abbiamo avuto ci ha spinto a spostarci in una sede più grande, dove speriamo di rimanere per almeno 10 anni. Abbiamo una forte etica della produzione perché siamo molto legati alla materia prima naturale
Oltre a Xerjoff avete in portafoglio anche il marchio di lusso Casamorati, pensa in futuro a potenziali altre acquisizioni?
L’acquisizione di nuovi marchi sarebbe sicuramente un modo per portare avanti un discorso più ampio, che non deve però ovviamente distaccarsi dalla nostra strategia che oggi è vincente. Cercheremo quindi brand che condividano sia il posizionamento dei canali di vendita sia la metodologia di produzione. Marchi che possano usufruire della nostra esperienza in modo da diventare un gruppo legato al settore della profumeria artistica.