Il presidente e CEO Marc Puig racconta a Pambianco beauty le strategie del gruppo catalano, quinto al mondo nelle fragranze. Obiettivo: 3 mld di ricavi entro il 2025.
L’ incontro è nella terrazza del Real Club Náutico di Barcellona, dove sono ormeggiate le due barche a vela che ospitano il team Puig. Su una di queste partirà, di lì a poco, il presidente e CEO dell’azienda catalana, Marc Puig, per competere nell’XI regata internazionale Puig Vela Clàssica Barcelona. Nel tempo che trascorre prima della gara, il rappresentante della terza generazione dell’impresa di famiglia racconta a Pambianco Beauty il passato e il futuro della sua azienda. E inizia parlando del mare, che non è solo una passione che appartiene da sempre alla sua famiglia, “ma è anche la via di comunicazione che nel 1914, quando l’azienda è nata, permetteva l’approvvigionamento delle materie prime, nonché il trasporto in altri Paesi per il business”. Da allora, di ‘acqua’ ne è passata sotto i ponti, e, da piccola realtà, Puig è diventata internazionale e nel 2017 ha fatto profitti record (+47%). Si tratta, tra l’altro, di una realtà sui generis nel mondo della bellezza, perché l’azienda è nata con i profumi e si è ampliata nel fashion, con marchi di proprietà come Carolina Herrera, Nina Ricci, Paco Rabanne, Jean Paul Gaultier, e l’ultimo acquisito Dries Van Noten. Nella profumeria opera sia attraverso le own label di questi designer (anche la new entry belga probabilmente lancerà un profumo), nonché marchi di nicchia (Penhaligon’s, L’Artisan Parfumeur, EB Florals), ma anche licenze, tra cui Prada, Christian Louboutin, Comme des Garçons. Insomma, un vascello col vento in poppa.
Siete una multinazionale da quasi 2 miliardi di euro: siete i più piccoli dei grandi o i più grandi dei piccoli?
Fino a qualche tempo fa, potevamo considerarci un’azienda di medie dimensioni, ma negli ultimi anni siamo cresciuti più del mercato. Abbiamo chiuso l’esercizio 2017 con un fatturato di 1,9 miliardi di euro (+8,1%). Certo, non siamo comparabili ai big mondiali nel mondo beauty e fashion, ma siamo un’azienda molto agile, che si muove velocemente. Però, se prendiamo come riferimento solo la categoria delle fragranze, Puig è tra i più grandi player al mondo. Negli ultimi anni abbiamo ridotto il gap con il numero uno, arrivando a una quota pari a circa la metà del primo player posizionandoci come quinto gruppo di fragranze al mondo.
La quotazione in Borsa è un’ipotesi a cui pensate?
No. Abbiamo bilanci in crescita, forti cash flow, nessun debito, e quindi siamo in grado di finanziarci da soli. Tra l’altro, pubblichiamo già i nostri numeri e siamo trasparenti sul mercato.
Nel 2015 avete avuto un calo dei profitti, come lo spiega?
Nel triennio 2014-17 siamo stati molto aggressivi e infatti in 3 anni siamo passati da 1,5 miliardi a 2 miliardi di euro di ricavi. Per fare questo abbiamo dovuto investire sui nostri brand, e, nel breve termine, si è verificato un calo dei profitti. Gli utili poi hanno ricominciato a crescere, fino a quando abbiamo messo a segno nel 2017 un balzo del 47% a 228 milioni di euro. E il prossimo obiettivo di bilancio? Puntiamo a un fatturato di 3 miliardi di euro, e lo raggiungeremo tra il 2020 e il 2025. Tra l’altro, il nostro portfolio, che è costituito sia da own brand sia da licenze, si sta ampliando sempre più verso brand di proprietà.
Si riferisce all’ultima acquisita Dries Van Noten? E cosa rappresenta la moda nel business del gruppo?
Il fashion non è l’attività principale del gruppo, ma siamo contenti dei brand che abbiamo rilevato e li stiamo aiutando a crescere. Siamo anche aperti ad altre opportunità qualora rinforzino il nostro portfolio. Per quanto riguarda Dries Van Noten, voglio ricordare che lo stilista belga, quando ha comunicato di essere alla ricerca di un partner, ha avuto molte offerte da diverse aziende. Alla fine ha scelto noi. E non lo ha fatto esclusivamente per ragioni economiche, ma perché condivideva il nostro modo di lavorare. Noi infatti lasciamo una certa autonomia alle maison e proteggiamo l’identità del brand.
Lancerete il profumo di Dries Van Noten?
È un’opzione. Ma non prima di 2 anni.
Pensate a una divisione ad hoc per i brand di nicchia?
No, perché nella divisione perfumery i marchi di profumeria artistica già vengono gestiti, per quanto riguarda alcune aree, separatamente dai marchi prestige. Inoltre, come già ho detto prima, la nostra multinazionale lascia una certa autonomia nello sviluppo dei brand e non modifichiamo la strategia distributiva, che punta all’esclusività. La nicchia è ancora una piccola parte del nostro business, ma è indubbiamente in crescita.
Avete creato una piattaforma per realizzare innovazioni. Ci anticipa qualcosa?
Puig Futures è un hub che lavora con startup e imprenditori pionieristici. E devo dire che la maggior parte delle idee vengono da persone ‘out of the box’, cioè fuori dalla nostra industria. Un esempio è Airparfum, un dispenser di profumi di ultima generazione, che incorpora un iPad. La novità di questo sistema è che, mentre con i tradizionali dispenser è possibile percepire solo 3 profumi alla volta perché l’alcol irrita le mucose del naso, con Airparfum non si ha alcun effetto saturazione perché la tecnologia adottata permette la riformulazione dell’essenza, al punto che è possibile ‘sentire’ fino a 25 profumi. Per ora questa tecnologia è ancora un prototipo: lo stiamo sperimentando in alcuni store Penhaligon’s a Londra e, entro un anno, riusciremo a finalizzare i test e il brevetto, per poi procedere all’industrializzazione.
di Vanna Assumma