Il 2018 è iniziato con un’ondata di acquisisizioni tra fondi e marchi della cosmetica. Le stime segnalano nuovi deal per l’anno in corso, a fronte di un 2017 già notevolmente movimentato. La prossima operazione potrebbe riguardare la Kiko di percassi.
Il mondo del private equity ha i fari accesi sull’Italia. E con particolare interesse guarda alla sua ‘bellezza’. Il momento è positivo in senso strutturale, e rappresenta un’occasione che il sistema e i suoi attori devono essere in grado di sfruttare a dovere. “Io sono ottimista – ha sottolineato, in occasione dello scorso Convegno Pambianco, Marco De Benedetti, managing director and co-head of Carlyle’s European Buyout Group -. Nel 2013-14 gli investitori internazionali avevano messo una croce sull’Italia, troppo rischiosa. Oggi, grazie anche all’Europa che sta facendo da traino, non percepisco più preoccupazione per l’Italia, cosa che rappresentava il primo freno, e quindi questo ha trasmesso molto ottimismo e confidenza. Le cose stanno iniziando ad andare bene, abbiamo anche il traino internazionale, dobbiamo però sapercela giocare. Oggi però i capitali internazionali guardano in maniera molto positiva l’Italia”. In questo contesto, il beauty offre ancora notevoli possibilità di sviluppo e sta diventando protagonista di una serie crescente di operazioni di M&A dove in pole position ci sono i fondi di private equity. Il settore della cosmesi, secondo i dati presentati all’ultima edizione di Cosmoprof Worldwide Bologna da EY, gode di un particolare dinamismo, registrando un numero crescente di operazioni straordinarie. Nel 2017, si sono registrate 105 operazioni nel settore, di cui 37 hanno riguardato l’acquisizione di aziende in Europa. Nel quadro globale dell’M&A, l’Italia continua a ricoprire un ruolo chiave, posizionandosi come terzo mercato target, solo dopo Stati Uniti e Francia, con 9 operazioni realizzate lo scorso anno. Andrea Bonomi, founder and managing principal di Investindustrial, parlando del settore, sempre in occasione del Convegno Pambianco, ha sottolineato che “le aziende nel nostro Paese stanno vivendo un momento di cambiamento e di globalizzalione. In questa fase, sono quindi più che mai necessari i fondi di private equity per portare capitali per la crescita, essere azionisti stabili e avere una piattaforma globale con uffici in tutto il mondo che possa aiutare le imprese a diventare internazionali”. Proprio Bonomi, a maggio 2017, aveva presentato un’offerta per l’acquisizione di The Body Shop, catena inglese di bellezza che poi è stata ceduta da L’Orèal alla brasiliana Natura Cosmeticos. Tra le operazioni recenti sul mercato italiano, vanno segnalate l’accordo che White Bridge Investments ha siglato con Ancorotti Cosmetics per acquisire una quota di minoranza (30%) del capitale; e l’ingresso di Alto Capital IV, fondo di private equity promosso e gestito da Alto Partners Sgr, nel capitale di Tricobiotos con il 71,8 per cento.
FONDO PIGLIA TUTTO
Glu ultimi mesi sono stati incandescenti. Ancora a fine 2017, un fondo di Morgan Stanley e la società cinese Profex hanno deciso di acquisire una quota di maggioranza nel principale produttore greco di cosmetici naturali Korres per circa 48,3 milioni di euro. Morgan Stanley, attraverso il suo fondo di investimento Nhpea ha acquisito il 56% di azioni di Korres, mentre Profex, società cinese che produce prodotti dermatologici, ne ha comprato il 14 per cento. Poi, da inizio anno si sono susseguite una dopo l’altra diverse operazioni tra private equity e società di bellezza. La prima ha visto protagonista il fondo MidOcean Partners che ha rilevato Bh Cosmetics. Nel dettaglio, il marchio, nato a Los Angeles, è stato nel 2017 il secondo più cercato su Google fra quelli di cosmetica. L’investimento del fondo punta a far crescere la società affiancando nell’azionariato i fondatori, che manterranno una quota di proprietà significativa nella società. MidOcean Partners, nel comparto beauty possiede anche Image skincare. Altro colpo, quello del private equity australiano con sede a Melbourne, The Foundry, che ha acquisito il 25% del capitale di WelleCo, brand specializzato in integratori e proteine vegetali organici. Fondata nel 2014 dall’imprenditore australiano Andrea Horwood e dalla top model Elle Macpherson, WelleCo fornisce integratori alimentari progettati da medici nutrizionisti. A seguito dell’investimento di The Foundry, i due fondatori di Welleco deterranno il 25% ciascuno. The Foundry è un fondo gestito dall’ex dirigente finanziario di Swisse, Michael Da Gama Pinto e Stephen Ring. “The Foundry ha completato la due diligence su WelleCo – ha dichiarato Da Gama Pinto – che genera circa il 50% dei suoi ricavi dagli Stati Uniti, ed è tra i primi 10 prodotti di bellezza venduti nei grandi magazzini David Jones in Australia”. I prodotti WelleCo vengono venduti in 44 Paesi diversi. “Il business era diventato redditizio sei mesi dopo il suo lancio all’inizio del 2014, ed è rimasto tale. I ricavi delle vendite sono aumentati del 50% negli ultimi 12 mesi”, ha proseguito il manager. Infine, altro deal di rilievo targato 2018, la società francese di private equity Pai Partners ha acquisito Albéa in un affare da 1,5 miliardi di dollari. Questa è la seconda volta che i proprietari di Albéa, Sun European Partners stanno tentando di cedere la società che opera nel settore del packaging nel beauty. La gamma di prodotti dell’azienda comprende tubi in plastica e laminati, mascara, rossetti, lucidalabbra, compatti, chiusure e coperture in plastica, cappucci spray, barattoli, coperchi, accessori cosmetici, borse e articoli promozionali. L’azienda con sede a Parigi, è stata acquisita da una consociata di Sun European Partners nel 2010. “Siamo entusiasti di questo nuovo capitolo della storia di Albéa – ha dichiarato François Luscan, amministratore delegato di Albéa – e Sun è stato un azionista eccezionale negli ultimi sette anni, sostenendo continuamente lo sviluppo del nostro business. Non vediamo l’ora di lavorare con il nostro nuovo azionista mentre consolidiamo la nostra posizione come fornitore leader di soluzioni per i marchi più prestigiosi e più dinamici del mondo, partendo dalla nostra combinazione unica di attenzione al cliente, eccellenza operativa, vasta gamma di prodotti e servizi , portata globale, know-how tecnico, responsabilità sociale e passione”.
C’È CHI ESCE
Per un fondo che investe in cosmetica, uno che disinveste. È il caso dell’irlandese Broadlake, che ha ceduto la quota di maggioranza detenuta in Vita Liberata. Ad acquisire la partecipazione è stata l’americana Crown Laboratories per una cifra che, secondo le indiscrezioni, dovrebbe aggirarsi attorno ai 30 milioni di dollari. Fondata nel 2003 da Alyson Hogg, Vita Liberata è stata la prima società a produrre un brand di solari completamente non tossici. Nel 2012 ha visto l’investimento del fondo, che negli ultimi cinque anni ha sostenuto l’espansione sia di brand sia di mercati (26 oggi in tutto), sia di canali distributivi. Ora la società entra a far parte di un gruppo industriale più grande, all’interno del quale Hogg deterrà la presidenza della divisione consumer. Peraltro, Crown Laboratories nell’operazione è stata affiancata da un altro fondo di private equity, il newyorkese Hildred Capital Partners.
QUESTIONE “KIKO”
Il private c’entra anche con il riassetto di Kiko, gruppo cosmetico che fa capo alla famiglia Percassi, che passa attraverso un aumento di capitale da 100 milioni di euro, che potrebbe prendere forma nelle prossime settimane. Una ricapitalizzazione che dovrebbe vedere anche un nuovo ingresso in società, appunto, quello del fondo di private equity Peninsula che sarebbe prossimo a presentare un’offerta vincolante e ad affiancare i Percassi: per l’operazione, il gruppo di investitori sarebbe affiancato dalla banca americana Morgan Stanley. L’ingresso di nuove risorse era stato una delle misure previste dal piano di riscadenziamento del debito sottoscritto con le banche, pari a circa 200 milioni di euro. Data la delicata situazione finanziaria dell’azienda, la famiglia Percassi avrebbe dato la propria disponibilità all’ingresso in società, come socio di minoranza, di un fondo di private equity: da qui l’interesse di Peninsula che si è appena svincolato dal capitale di Italo. Su Kiko, però, ci sarebbero anche gli occhi di altri fondi: i nomi circolati a inizio marzo erano quelli di Cvc, Apollo e Carlyle su tutti, anche se non si esclude che il riassetto del debito possa passare dall’ingresso di una Spac.
di Chiara Dainese