A dispetto di crisi e dell’era del digitale, il fatturato delle vendite di cosmetici a domicilio è cresciuto del 7,8% nel 2016. E mantiene il passo nel 2017. Provare prima di acquistare è uno dei motivi del successo.
Il segmento delle vendite dirette, comprensive delle vendite a domicilio, per corrispondenza ed e-commerce continua a crescere, registrando un incremento del 7,8% nel 2016. A rivelarlo è l’ultimo report del Centro Studi di Cosmetica Italia sui valori preconsuntivi del 2016 e sulle proiezioni per il 2017. L’analisi rimarca la crescita inarrestabile delle vendite a domicilio, soprattutto grazie all’e-commerce, segnando trend superiori agli altri canali con un +7,5% anche nel primo semestre 2017. Il coinvolgimento emotivo, la fidelizzazione, il passaparola e la credibilità oltre al valore della relazione interpersonale sembrano essere i punti di forza. “La vendita diretta – ha affermato Giovanni Paolino, presidente dell’associazione di settore Avedisco – è un canale d’acquisto sempre più apprezzato dai consumatori. Continua ad affermare la sua importanza anche dal punto di vista dei numeri, e, in una società super tecnologizzata e globalizzata, questo modello di business si distingue proprio per il rapporto interpersonale e di fiducia che viene a crearsi tra incaricati alle vendite e consumatori”. Peraltro, questa tendenza a comprare senza uscire di casa non ha contagiato solo il nostro Paese che, in Europa, si posiziona solo al quarto posto per valore di mercato dopo Francia, Germania e Gran Bretagna.
SHOPPING A DOMICILIO
In Italia operano oggi nel settore delle vendite dirette nella cosmesi circa 50 aziende, molte delle quali filiali italiane di aziende straniere (come Avon, Just, Witt, Jafra Cosmetics, LR Health & Beauty) che aderiscono alle due principali associazioni di categoria Avedisco e Univendita. Analizzando in modo più dettagliato il canale emerge una polarizzazione: il 52,6% del mercato domestico è assorbito dalle imprese con un giro d’affari sotto i dieci milioni di euro, un mix tra nomi storici e ben radicati in una nicchia e realtà giovani, mentre il 31,6% della market share spetta alle aziende con un fatturato superiore ai 50 milioni. I dati Univendita relativi alle vendite beauty a domicilio (in Italia) suddivise per regione, nel 2016, sottolineano che il Sud (e le isole) nettamente in testa con 101,5 milioni di euro, seguito a distanza dal Nord Ovest (74,4 milioni di euro), Nord Est (62 milioni di euro) e Centro con 50,4 milioni di euro. “Le aziende che propongono prodotti per la cosmesi e la cura del corpo – ha spiegato il presidente dell’associazione Ciro Sinatra – rappresentano circa il 17% del fatturato totale delle aziende Univendita. Mentre i canali tradizionali presentano una crescita più lenta, se non addirittura dati negativi come nel caso della grande distribuzione, le nostre aziende dimostrano, anno dopo anno, di avere una marcia in più. Questo per due motivi: da un lato la professionalità dei nostri venditori, capaci di costruire una relazione duratura con la clientela; dall’altro il fatto che le aziende di Univendita, puntando su alta qualità e innovazione e grazie al contatto diretto con il cliente, sanno interpretare al meglio le esigenze del mercato”.
PROVARE PER COMPRARE
I prodotti più venduti a domicilio non sono quelli che costano meno rispetto a ciò che si compra nei negozi, come si può pensare. “Il segreto del successo degli acquisti a domicilio – ha precisato Sinatra – è che si possono toccare e provare i prodotti direttamente a casa propria, venendo ascoltati dal venditore. Niente file, stress o commessi inesperti, come sovente succede invece nei grandi magazzini in cui è difficile venire ascoltati e impossibile provare prima di scegliere”. A casa propria il venditore spruzza profumi, spalma creme, trucca e rilassa il consumatore… Ma come si vende porta a porta nell’epoca 2.0? I format sono due: il party, che riunisce dalle 5 alle 15 persone, e il face to face. Una formula non esclude l’altra tanto che il 63% delle aziende (Beauty Report Cosmetica Italia) decide di integrarle. I contatti, invece, sono ancora frutto del passaparola tra familiari e conoscenti (70%), come accadeva un tempo. Oltre agli incontri face-to-face e ai party in casa, anche in questo settore entrano in campo i social network, che ampliano e trasformano la rete di vendita. Le consulenti hanno pagine personali legate ai social dell’azienda e si possono lanciare in video tutorial per illustrare meglio i prodotti di cui sono ambasciatrice. E’ il cosiddetto “social selling”, portato in Italia (lo scorso marzo) da Younique, beauty brand internazionale di proprietà dell’americana Coty. “Le consulenti Younique – ha sottolineato Roberta Alberton, general manager di Younique Italia – sono il vero cuore pulsante dell’azienda. Ognuna dispone di una propria pagina web e-commerce personalizzata, utilizza attivamente i propri profili social e ha la possibilità di organizzare innovativi e alternativi momenti di incontro in rete: gli Younique Virtual Party, da unirsi ai tradizionali home parties”. Negli ultimi cinque anni l’azienda americana ha raggiunto oltre 4 milioni di consumatori in nove Paesi, oltre agli Stati Uniti (Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda, Germania, Messico, Francia, Spagna e Hong Kong) e il fatturato 2016 ha raggiunto i 400 milioni di dollari. “L’Italia è strategica – ha proseguito la manager – perché è un Paese con un’alta percentuale di donne sempre più social che amano il make-up. È infatti al primo posto in Europa per tempo medio passato sui social e al settimo posto a livello mondiale per l’acquisto di cosmetici. Un fattore importante è anche l’aumento della propensione allo shoppping online di beauty”.
PORTA A PORTA… SUI SOCIAL
Anche Avon, leader in Italia nelle vendite a domicilio, i social media sono uno strumento sempre più fondamentale. Secondo uno studio condotto da Blogmeter sulle performance dei marchi e dei retailer beauty sui social in Italia nel mese di gennaio 2017, Avon è il brand beauty che crea maggiore engagement su Facebook, con una media di 1,5 post al giorno, uno stile comunicativo sobrio ed elegante, e quasi 51mila interazioni. “Il mercato italiano, in cui Avon è presente da 50 anni – ha dichiarato Oksana Zharkova general manager Italy & Mediterranean di Avon – è tra i dodici più importanti per l’azienda da un punto di vista di ricavi e profitti. Inoltre Avon Italia opera in un contesto molto stabile, l’Europa, con l’euro, un fattore molto importante per la compagnia che è molto esposta verso mercati emergenti e valute volatili. In Italia siamo leader nelle fragranze donna del mass market”. Un mercato, quello italiano che vale per Avon 143,8 milioni di euro nel 2016, dove la concorrenza nel settore della cosmesi è molto matura con la forte presenza di marchi nazionali e internazionali e un pubblico che cerca il giusto rapporto tra qualità e prezzo. E le strategie di sviluppo di Avon vanno proprio in questa direzione. “Manterremo i prezzi dei nuovi lanci molto competitivi – ha proseguito – e il nostro modello di servizio sarà semplificato con una nuova piattaforma dedicata che permetterà ai nostri rappresentanti di implementare formazione e gestione del business”. Stesso tipo di approccio, anche se meno digitale, è quello di Just Italia, filiale della società svizzera di cosmetici naturali, che col cliente finale fa quello che in inglese si chiama home party plan. “In italiano – ha spiegato Andrea Pernigo, direttore finanziario di Just Italia – lo traduciamo con vendita su dimostrazione, che non suona altrettanto bene, ma il concetto non cambia: noi vogliamo che il prodotto venga spiegato, presentato, testato, provato e solo alla fine acquistato dal cliente, quando è pienamente consapevole delle caratteristiche di ciò che compra”. Il tutto senza rinunciare al rapporto umano. “Sicuramente siamo un’azienda di tipo analogico, ma la cosa non deve sorprendere. Anzitutto perché il passaparola resta il miglior modello di business, quello con la più alta efficacia e credibilità. Poi perché anche internet punta sempre più sui feedback e i pareri degli altri utenti”. Just Italia nel 2016 ha registrato un incremento del fatturato del 6%, raggiungendo i 143,5 milioni di euro in Italia. L’azienda è gestita da 5 imprenditori italiani (la seconda generazione, dopo i fondatori) e conta una rete di 24mila incaricati alle vendite che ogni giorno entrano nelle case di migliaia di famiglie.
IBRIDI CHE FUNZIONANO
Doppio binario distributivo quello scelto da Yves Rocher, che in Italia, si divide tra monomarca e vendite dirette, e queste ultime coprono i due terzi del fatturato che nel 2016 è stato di 100 milioni di euro. “In questi ultimi due anni – ha dichiarato Benoit Ponte, direttore generale della filiale italiana – abbiamo consolidato il business model, senza tagliare i costi ma rinforzando la marca, cioè creando notorietà. Infatti nel 2016 abbiamo quintuplicato gli investimenti in comunicazione”. Da settembre inoltre è entrato nel canale delle vendite dirette anche Flormar, brand di make-up turco acquisito nel 2012 dal Gruppo Yves Rocher, che prima vendeva i suoi prodotti in Italia esclusivamente nel canale monomarca con 12 store all’attivo. Flormar non chiuderà i negozi, ma concentrerà i suoi investimenti sulle vendite a domicilio e sul social selling che diventeranno il suo canale di vendita prioritario, dal quale il brand si aspetta per fine 2016 di generare vendite per 2 milioni di euro in Italia.
di Chiara Dainese