Nei paesi del golfo, la chiave del fascino sta nell’intensità degli occhi. che le donne mediorientali valorizzano anche con un marcato trucco del volto. Ecco perché iL middle east È una ‘mecca’ per le aziende cosmetiche italiane.
Si truccano e si struccano cinque volte al giorno. Prima e dopo ogni preghiera. Le donne mediorientali fanno un uso assiduo del make-up, perché prima del rito religioso devono togliere qualsiasi impurità dal viso e purificarsi con la doccia, e successivamente si imbellettano per tornare alla vita sociale. Anche questo spiega perché il make-up sia in crescita nei Paesi del Golfo, nonostante il mercato del lusso in quell’area mostri segnali di rallentamento. Ma il motivo di questa crescita è legato soprattutto alla cultura araba della bellezza, che vuole una donna molto curata, appariscente, con occhi marcati, sopracciglia grafiche, e un contouring elaborato. Indubbiamente un concetto di bellezza diverso da quello occidentale, che invece predilige una donna dal volto naturale, con toni neutri e colori sfumati. Di conseguenza, il Middle East si presenta come un mercato promettente per le imprese italiane, ma considerato il differente approccio alla bellezza, è necessario che le aziende sappiano entrare nel Golfo con i prodotti giusti.
OCCHI SUPERALLUNGATI
Innanzi tutto, bisogna sapere che lo sguardo è la chiave dei rituali di bellezza delle donne arabe. Gli occhi, infatti, non sono nascosti dal velo, perché la maggior parte delle donne indossa in pubblico la hijab (foulard che copre capelli e collo lasciando visibile il viso), oppure il chador, che nasconde anche la fronte. Sono poche quelle che optano per la copertura totale del volto, ma anche in questo caso indossano spesso la niqab che è un velo con una fessura che lascia visibili gli occhi. E l’obiettivo è quello di valorizzarli. Lo conferma Michele Magnani, global senior artist Mac Cosmetics: “La cura degli occhi fa parte della tradizione mediorientale. Un tempo le donne usavano il kajal, un composto di pigmenti neri, metalli e grassi animali, che aveva anche proprietà curative. Adesso questa ‘pasta’ è stata sostituita dalla matita, che consente un’esecuzione del trucco più veloce ed è anche più agevole in fase di rimozione. Sono vantaggi importanti dato che le donne devono truccarsi e struccarsi 5 volte al giorno”. Le arabe quindi utilizzano la matita per bordare l’interno dell’occhio, il mascara per arcuare le ciglia (che deve essere a lunga tenuta date le alte temperature delle zone in cui vivono), e l’eyeliner per creare una linea all’esterno dell’occhio, che lo allunga e conferisce un’immagine esotica. “Le donne giovani – aggiunge Magnani – tentano un trucco più fashion: a volte usano le ciglia finte oppure sperimentano lo smokey eyes, tecnica che consente di ottenere un effetto ‘fumoso’, in quanto gli occhi vengono impreziositi con un gioco di sfumature, di luci e di ombre”. Sia le signore sia le ragazze prediligono il trucco nero per rendere intenso, e anche un po’ enigmatico, lo sguardo. Questo non-colore ha una valenza culturale: simboleggia il potere, ma è anche un’allegoria della notte, e del mistero che racchiude. Ciò detto, non mancano donne mediorientali che applicano ombretti colorati sugli occhi, e lo fanno in modo appariscente. Il concetto è sempre quello dell’abbondare, e vale anche per le labbra, dove si applicano rossetti intensi, dalle tonalità del rosso acceso al prugna.
VOLTO DIAFANO
Mentre il trucco di occhi e labbra è molto marcato, la pelle del viso è quasi immacolata. “Le arabe hanno il mito della pelle diafana – sentenzia Gianluca Oddi, international beauty ambassador di Diego Dalla Palma Milano – e anche in questo si differenziano dalle occidentali, che invece adorano l’abbronzatura. Nei Paesi mediorientali si presta attenzione a qualsiasi imperfezione dell’epidermide, perché le signore ambiscono a un volto totalmente liscio e luminoso”. Oddi spiega come queste consumatrici privilegino le whitening cream, ovvero le creme sbiancanti, e i fondotinta che infondono un aspetto ceramica. La ricerca del colorito chiaro è legata al desiderio di eleganza ma anche alla possibilità di far risaltare, in questo modo, l’occhio supertruccato. “La crema bianca inoltre ha una valenza simbolica – conclude Oddi – perché ‘copre’ il naturale colorito del volto, e rievoca così il significato del velo, che riveste il capo. Il bianco ripropone cioè il concetto dell’occultare, del rivestire”. Oddi aggiunge che le texture dello skincare devono essere leggere, dato che il clima è particolarmente umido, e anche opache, per proteggere dall’effetto-lucido derivante dalla sudorazione.
CHIOME CHE AMMALIANO
Nei rituali beauty delle donne musulmane non manca la cura dei capelli. In pubblico, il capo è coperto dal velo, ma in casa i capelli vengono ‘liberati’ e mostrano tutta la loro luminescenza: chiome lunghissime, nero corvino, lucide, trattate con oli e prodotti specifici. L’attenzione all’haircare è quasi maniacale, ed è dovuta anche al fatto che i capelli subiscono uno shock a causa del passaggio tra il caldo torrido delle temperature esterne e il freddo dell’aria condizionata degli interni, e necessitano quindi di prodotti ristrutturanti. Dalla ricerca ‘Beauty attitudes in the Gulf countries’, condotta nella primavera 2016 da L’Oréal, emerge che addirittura il 100% delle donne mediorientali utilizza creme e oli per la capigliatura, con lo scopo di nutrirla, idratarla, profumarla. Nello specifico, il 40% delle musulmane utilizza prodotti haircare prima dello shampoo per rinforzare la chioma e conferire brillantezza, mentre il 70% fa uso di tinture, soprattutto in occasione di matrimoni e di eventi religiosi. I capelli ideali sono neri, lisci, lunghi, corposi e luminosi. Quindi gli articoli di haircare che le aziende dovrebbero commercializzare in questi territori è bene che siano orientati verso questa tipologia di look e di chioma.
di Vanna Assumma