Supportare l’industria cosmetica nell’impegno verso una produzione più sostenibile, è questa la mission di un progetto dei ricercatori del Dipartimento di Ambiente e Salute dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, che, all’interno del progetto europeo Life-Vermeer, hanno sviluppato i tool Toxeraser e Vermeer Cosmolife.
I due strumenti sono in grado di valutare la tossicità di ogni singola sostanza presente nel cosmetico analizzato, che sia un additivo, un emolliente o un conservante, e suggeriscono composti sostitutivi chimicamente simili con la stessa funzione, presenti nelle liste della regolamentazione cosmetica CE, sicuri, quindi, per l’uomo e per l’ambiente. Nello specifico, Vermeer Cosmolife valuta il rischio insito nei prodotti cosmetici, come la mutagenicità e la sensibilizzazione cutanea, mentre Toxeraser permette, in pochi secondi, di identificare possibili sostituti più sicuri rispetto a quelli identificati come pericolosi.
Considerando che l’industria cosmetica si stima varrà, nel 2024, 863 miliardi di dollari (circa 824 miliardi di euro) è facile intuire il forte impatto sull’ambiente della sua filiera: dalla produzione all’approvvigionamento delle materie prime, dal packaging all’utilizzo, fino allo smaltimento, ogni fase ha un impatto sull’ambiente che, secondo i ricercatori dell’istituto milanese, è possibile migliorare grazie ad algoritmi informatici innovativi.
Al fine di valutare l’impronta ambientale di un prodotto, le aziende stanno, dunque, aggiornando i loro strumenti di analisi. “Avvalendosi di queste nuove metodologie in silico – si legge nella nota pubblicata dall’Istituto Mario Negri sul proprio sito web -, diventa possibile non solo stimare l’impatto ambientale di ogni step di produzione ma anche di suggerire alternative più sostenibili e meno tossiche per l’ambiente”.
Secondo l’Istituto, la prima azione che un’azienda può intraprendere per contribuire a ridurre il suo impatto ambientale e per contrastare, quindi, il cambiamento climatico, è “adottare una procedura di ‘analisi del ciclo di vita’ (Life Cycle Assessment, LCA)” il cui scopo è valutare quali fasi della produzione hanno un impatto maggiore sull’ambiente e sulla salute. I dati attualmente a disposizione stimano che il contributo di emissioni di gas serra della produzione cosmetica sia tra lo 0.5%-1.5%. Di queste emissioni il 40% dipende dal consumatore. Infatti, tra le fasi del ciclo di vita di un cosmetico quella dell’utilizzo è una delle più importanti per valutarne al meglio la sostenibilità: una crema, ad esempio, che necessita dell’acqua per l’applicazione o il make-up che richiede l’utilizzo di dischetti per la rimozione, avranno un impatto diverso rispetto a uno shampoo secco o alle creme senza risciacquo.
Per rendere i prodotti più green è utile adottare la filosofia dell’upcycling, che prevede l’utilizzo di ingredienti di riciclo, come gli scarti dell’industria alimentare, all’interno della formulazione cosmetica; e ancora optare per l’ecodesign e i refill per ovviare ai problemi legati allo smaltimento del packaging, che rappresenta il 90% dell’impronta ecologica del settore cosmetico.
Sempre in tema di smaltimento, i residui dei cosmetici, post-utilizzo, che finiscono nel sistema idrico possono avere effetti tossici sull’uomo e sull’ambiente. Ne sono alcuni esempi le microplastiche e i filtri solari: i primi sono scarti di utilizzo che più impattano sull’ambiente inteso come flora e fauna, mentre è risaputo che alcune creme solari sono in grado di interagire con il nostro corpo come alcuni ormoni, alterando lo sviluppo, la crescita e il comportamento.