Per Carlo Bertolatti, general manager di Yves Rocher Italia, il segreto del successo del marchio francese sta nella sua unicità e nella capacità di affiancare al retail tradizionale il social selling.
Parte di Groupe Rocher, società a conduzione familiare indipendente nata in Bretagna con un fatturato di 2,4 miliardi di euro nel 2021, Yves Rocher ha fatto dell’autenticità e del legame con la natura il suo codice distintivo.
Yves Rocher nasce nel 1959 a La Gacilly e si basa la sua ricerca sulla cosiddetta Cosmétique Végétale, ossia lo studio dei vegetali nei loro minimi dettagli per ricavarne i principi attivi da inserire nelle formule, arrivando direttamente alla pelle. Una vocazione alla natura che si è tradotta in un impegno costante e concreto nei confronti dell’ambiente. Come spiega Carlo Bertolatti, general manager Yves Rocher Italia, il mercato italiano per il brand è secondo in termini di risultati solo alla Francia. Una vera case history con un fatturato in crescita da 10 anni, di cui l’80% grazie al social selling, ossia l’evoluzione del concetto di vendita diretta. Yves Rocher Italia, fedele ai valori della marca, nel 2021 è diventata Società Benefit, impegnandosi a perseguire finalità di beneficio comune e operare in modo responsabile e sostenibile nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.
Qual è la vision sulla sostenibilità?
La sostenibilità fa parte del nostro Dna ed è al centro dei nostri prodotti, dei nostri processi e in tutto quello che facciamo. Siamo nati come brand naturale, oggi siamo una Società Benefit in Italia e, nel 2025, diventeremo B Corp a livello mondiale. Dal packaging alle formule, tutte le innovazioni messe in atto da Yves Rocher negli ultimi anni sono state guidate da un approccio green.
Yves Rocher Italia macina risultati positivi senza sosta, a quanto siete arrivati?
Se guardiamo il sell-out senza Iva, abbiamo raggiunto i 190 milioni di euro nel 2020. Siamo partiti con 38 milioni nel 2010 e non ci siamo mai fermati. Un risultato importante che è frutto di un grande lavoro di marca. In passato avevamo un’immagine meno fresca e mancavamo di coerenza tra i due canali di vendita, il retail e la vendita diretta. Il focus sui due canali è stato prioritario e possiamo dire che dal 2015 il risultato di questo lavoro è stato un vero e proprio boom delle vendite. Oggi abbiamo 112 negozi monomarca che rappresentano circa il 20% del fatturato.
Cosa intendete per social selling?
Si tratta dell’evoluzione del concetto di vendita diretta. Arriva, con la sua formula originale, dagli Stati Uniti, ma a differenza del passato, sfrutta le potenzialità dei social media per crescere. In Italia, dove le vendite dirette, tutto sommato, hanno sempre avuto un andamento stabile, siamo stati capaci di riscrivere le leggi del gioco, rendendo gli stessi venditori dei micro-influencer. Un modello che si è moltiplicato via via e che oggi ci porta ad avere circa 200mila Consulenti di Bellezza, 6mila Capogruppo e 430 Responsabili di Zona.
Chi è il vostro venditore tipo?
Non abbiamo un venditore tipo. Abbiamo diverse figure che si approcciano alla marca con stimoli e obiettivi differenti: alcune per ottenere uno sconto personale, altre come secondo lavoro e altre ancora invece sono veri e propri manager che costruiscono la loro unica carriera come venditori.
Avete una strategia di comunicazione?
Essendo presenti anche nel canale retail, crediamo nei due ambiti pur conoscendo bene le due esperienze diverse, e anche i differenti consumatori a cui ci rivolgiamo. Durante la pandemia abbiamo notato che non ci sono stati passaggi di clientela da un canale all’altro.Per noi è fondamentale comunicare le novità prodotto e il nostro impegno in sostenibilità e lofacciamo mantenendo una coerenza di comunicazione fra i canali del retail e del social selling. Questo significa esprimere gli stessi concetti, per un pubblico diverso a seconda del target e del canale, attraverso strumenti digitali e tradizionali. La nostra è una comunicazione a 360 gradi, in cui abbiamo avuto anche l’opportunità di coinvolgere alcune delle nostre ambassador, una fra tutte Federica Pellegrini.
Ci sono progetti di ampliamento del canale retail?
Il retail è parte della nostra storia di successo. Dal 2016 abbiamo aperto 10 negozi all’anno, passando da 60 a 112. Con la pandemia abbiamo avuto qualche contraccolpo, ma abbiamo chiuso solo un negozio e non abbiamo programma di chiuderne altri, anzi, ad oggi ben 72 punti vendita hanno ottenuto un restyling secondo il concept dell’Atelier Lab avente l’obiettivo principale di rendere l’esperienza d’acquisto dei clienti sempre più personalizzata, moderna e dinamica; tutto questo è stato possibile attraverso un continuo training per incrementare l’expertise del personale ed una shopping experience sempre più personalizzata grazie anche a servizi come la diagnosi della pelle Skin Diag, che offre a ai consumatori la possibilità di poter ricevere un’analisi gratuita della pelle, e che in questo primo trimestre ha generato da solo il 15% del fatturato, e il servizio l’Hair Diag, ovvero l’analisi del capello.
E per l’e-commerce?
Per il momento vendere solo sul canale e-commerce non è nei nostri piani, ma in futuro chissà! Crediamo nel social selling dove diamo un’esperienza e-commerce unita ad una consulenza personalizzata. Penso che la digitalizzazione dell’esperienza sia per la marca fondamentale. Il 2020 è stato un anno veramente straordinario, dove abbiamo generato la crescita record nel social selling in parte generata dalla pandemia, ma anche da un cambio di abitudini che ritengo rimarranno tali anche in futuro e che ci daranno l’opportunità di continuare a migliorare.