È uno degli oggetti più comuni nelle case di tutto il mondo: un vasetto di crema per il viso. L’approvvigionamento delle materie prime, il processo di produzione, il fine vita dell’imballo possono avere un forte impatto sull’ambiente e sul pianeta. Basta qualche dato: dalle materie prime (che impattano per il 10% sulle emissioni del settore cosmetico) al packaging (20%), fino al trasporto (10%) e all’uso finale del prodotto (40%, stime Quantis). Il prodotto, nella sua confezione, nelle case dei consumatori, è il punto di arrivo di ogni scelta aziendale, e incarna il Brand. È ciò che la gente vede e utilizza, la ragion d’essere di R&D, formulazione, market research, procurement. Per creare prodotti di alta qualità con solide performance ambientali, in risposta a istanze precise, legati in primis ai limiti planetari, ma anche al nodo regolatorio ed alle richieste dei consumatori, la sostenibilità deve essere integrata in ogni fase del ciclo di vita del prodotto. Le aziende del settore cosmetico e personal care stanno assumendo impegni coraggiosi per il miglioramento delle performance ambientali lungo i diversi nodi della filiera. A volte, però, non è chiara la direzione per tradurre questo impegno in azioni concrete ed efficaci. Un percorso “science-based” implica sempre una iniziale misurazione – una fotografia dell’esistente; obiettivi di mitigazione – stabiliti sulla base di metriche condivise, dando priorità all’efficacia; implementazione di un piano di azioni concrete per raggiungere i target. E poi migliorare ancora. Torniamo quindi alla nostra crema, confezionata in un vasetto in migliaia di esemplari. Cosa può fare l’azienda produttrice per ridurne l’impatto lungo il ciclo di vita, prima, durante e dopo l’arrivo del prodotto tra le mani del consumatore? Il contributo del packaging agli impatti generati dal singolo prodotto può arrivare infatti fino al 90%. Tenendo conto non solo del climate change, ma anche in relazione alla preservazione di qualità e quantità delle risorse idriche, inquinamento dei mari o alla tutela della biodiversità.
Misurare, con approccio olistico
L’approccio Life Cycle Assessment (LCA), condiviso anche dall’Unione Europea nelle sue attività di monitoraggio delle impronte ambientali (Environmental Footprint) è la metodologia che ci permette di avere una comprensione chiara degli impatti di un prodotto lungo il suo intero ciclo di vita, dalla culla alla tomba. Pur essendo un ottimo punto di partenza, quando parliamo di packaging, un LCA da solo può però non rivelarsi sufficiente; dovrebbe essere combinato ad altre analisi – ad esempio assessment specifici volti a comprendere l’effettiva riciclabilità nei mercati di destinazione dell’imballo o alla circolarità dei materiali di cui questo è composto.
Adottare metodologie all’avanguardia
Non solo LCA, circolarità e riciclabilità. Importante anche gestire il cosiddetto Plastic Leakage, la perdita – lungo le diversi fasi del ciclo di vita di un determinato packaging, di macro e micro plastiche, responsabili dell’inquinamento marino. Quantis ha sviluppato la prima metodologia science-based per poter mappare, misurare e prevedere il leakage di plastica. Tale metodologia (Plastic Leak Project), ci aiuta a comprendere se nei miei mercati di riferimento vi sono perdite, a quanto ammontano e dove occorrono nella catena del valore. Per la progettazione dei packaging Quantis ha lanciato eQopack , strumento basato sull’approccio LCA (Life Cycle Assessment), per consentire a progettisti ed ecodesigner di confrontare alternative di packaging e identificare quella più sostenibile, sulla base di diversi indicatori ambientali. Infine, il tool SPICE, specificatamente dedicato ai progettisti nel settore cosmetico, offre metriche e dati scientifici rispetto alle performance ambientali, consentendo loro di sviluppare imballaggi più resilienti e sostenibili
Definire un piano d’azione chiaro
Un approccio olistico alla misurazione permette di capire dove si verificano, nel ciclo di vita di un prodotto, gli impatti ambientali più significativi e quali sono le principali cause di tali impatti. È la premessa necessaria per poter definire obiettivi di mitigazione robusti e per costruire dei piani di azione concreti. I risultati possono essere utilizzati per guidare gli sforzi di progettazione ecocompatibile, implementare azioni specifiche coerenti con i mercati di vendita dell’imballo, massimizzare l’uso efficiente dei materiali e delle risorse minimizzando e valorizzando il rifiuto generato.
Metterlo in atto e comunicare
Una volta definito il piano d’azione, metterlo in atto, monitorare i progressi e poi comunicare i progressi ai team aziendali, i consumatori, la società civile. Comunicazioni credibili basate su metriche solide generano consenso interno e promuovono una governance trasparente, ispirando il cambiamento in tutto il settore.
Educare il consumatore
Le aziende hanno il compito di informare il cliente rispetto all’imballaggio del prodotto che hanno acquistato, anche alla luce di eventuali schemi di responsabilità estesa del produttore, e sul modo migliore per riciclare o smaltire il packaging una volta terminato.
Immaginare il futuro
Ad esempio, rispetto alle plastiche. Come immaginare il packaging e i prodotti? Come si trasformerebbero le filiere? Conoscere il presente per costruire un futuro più sostenibile per il Pianeta, i business e le persone, facendo leva sulle capacità trasformative della industry. “In fabbrica produciamo cosmetici, in negozio vendiamo speranza”, secondo un noto aforisma di un pioniere dell’industria della bellezza.