L’analisi Pambianco sui fatturati degli ultimi 4 anni mostra che le filiali delle principali aziende estere stanno continuando a crescere nel nostro paese. A fronte di chi accelera a due cifre, la ‘capolista’ cerca formule di rilancio.
di Chiara Dainese
Sono i player più grandi del mercato, hanno una forza commerciale e distributiva superiore rispetto alle aziende italiane e, negli ultimi quattro anni, hanno avuto crescite importanti e a doppia cifra. Sono le principali filiali italiane di cosmetica che Pambianco ha raggruppato in una top 10 elaborata sulla base dei fatturati 2016-2019. E c’è chi sale e chi scende. La classifica è molto composita, con un andamento in ‘chiaroscuro’, ma si possono trarre alcune riflessioni. Innanzi tutto, tra le prime filiali del ranking si registrano gli unici due ricavi in flessione negli ultimi 4 anni. A cominciare da L’Oréal, prima in graduatoria con i suoi 954 milioni di euro di fatturato che però resta inchiodato (-0,17 sui quattro esercizi) al livello del 2016 quando i ricavi erano appena più alti a 956 milioni di euro. Lo stallo della filiale tricolore del gruppo francese nel quadriennio è dovuto principalmente al calo della richiesta di prodotti nella divisione Professional e mass market. Dall’altra parte, continua a crescere la divisione prodotti di lusso, ma non basta a sopperire al calo delle altre divisioni.
La seconda nel ranking per fatturato è Coty, che avanza del 71% negli ultimi quattro esercizi, con un giro d’affari italiano che è passato da 149 milioni di euro del 2016 a 255 milioni di euro nel 2019. Questa performance è stata generata grazie alle molteplici acquisizioni di marchi di profumi e skincare che poi sono stati lanciati nel mercato italiano. Ultimo in ordine di tempo il successo della linea di make-up e skincare Kylie Cosmetics creato dalla sorella di Kim Kardashan con cui la società ha chiuso a giugno un ulteriore accordo di acquisizione di una parte della società.
Sul terzo gradino per fatturato si trova Beiersdorf che dal 2016 al 2019 è però retrocessa del 3% scendendo a 241 milioni nel 2019. Il calo della richiesta dei prodotti mass market ha toccato anche il colosso tedesco che ha visto un rallentamento della richiesta di Nivea, il marchio di punta della società. Fa parte del gruppo anche il marchio di prodotti di lusso La Prairie. “L’Italia – sottolinea Matteo Guerrini, country manager La Prairie Italia – oltre ad essere un patrimonio globale, è anche un Paese riconosciuto per avere una forte attitudine al lusso: oggi circa il 3% del lusso mondiale viene consumato nella nostra penisola. La strategia di La Prairie sul mercato italiano è quella di elevare ancora di più il proprio business model ed entrare a pieno titolo in questo mondo e nelle abitudini delle sue consumatrici. Da brand di SkinCare di lusso, il nostro obiettivo è di essere sempre più identificato come brand di lusso che opera nel segmento Skin Care”. Segue The Estée Lauder Companies che ha archiviato il 2019 a 203 milioni con una crescita negli ultimi 4 anni del 33 per cento. Un business particolare, basato su un doppio binario distributivo (negozi monomarca e vendita a domicilio) è quello di Yves Rocher Italia, che tra il 2016 e il 2019 è cresciuta dell’82% passando dagli 83 milioni di fatturato del 2016 ai 152 milioni del 2019. “Negli ultimi 4 anni – osservano dalla filiale italiana – il marchio si è imposto nella Penisola quasi raddoppiando la sua cifra d’affari. Nei quattro anni 2016-2019, sono state tante le aperture in tutta Italia, e oggi la succursale conta 105 punti vendita”. Un traguardo importante per l’insegna francese, sbarcata in Italia nel 1984. Oggi, lo Stivale, dove impiega circa 400 persone con una media di 3,5 addetti a negozio e 215.000 consulenti di bellezza, e rappresenta il suo secondo mercato in termini di incidenza sul fatturato, subito dopo quello francese.
Nel mirino la vetta
è il 2017 l’anno che vede i cambiamenti più significativi nel ranking delle filiali e segna la scalata di Coty in Italia. In quell’anno, la società tricolore del gruppo americano conquista infatti la seconda posizione nella classifica delle filiali elaborata da Pambianco. Nel risiko delle multinazionali della cosmetica, Coty ha fatto quindi un balzo da gigante salendo dal sesto gradino (ranking 2016) e posizionandosi dietro solo a L’Oréal, che mantiene il ruolo di capolista anche se il suo fatturato, in quell’anno, cresce solo dell’1% a 965 milioni di euro. Coty, con ricavi per 201 milioni di euro, fa indietreggiare anche Estée Lauder Companies.
Significativa anche l’avanzata di Shiseido Group Italy che passa dalla decima posizione del 2016 alla sesta del 2019. Questi movimenti rendono visibile il rafforzamento delle filiali, che già rappresentano i player più ‘consistenti’ nel mercato cosmetico italiano. “L’Italia – ha sottolineato il country general manager Shiseido Italy Luca Lomazzi – dove operiamo con due divisioni, una per le fragrance e una prestige che ha all’interno oltre a Shiseido i tre marchi di make-up Nars, Bare Minerals e Laura Mercier, è storicamente una delle filiali più importanti oltre ad essere la country più grande d’Europa. Per questo dobbiamo mantenere la leadership che abbiamo sia in ambito skincare che alcolico. Crediamo molto nello sviluppo e nel potenziale di crescita dei nostri brand e nelle figure professionali che possono sostenere lo sviluppo odierno e in futuro”.
In crescita da quattro anni la filiale italiana di Puig, (+21%) che per restare sempre più competitiva e acquisire quote di mercato, lo scorso mese di settembre, ha nominato Fulvia Aurino, ex Estée Lauder Companies, nel ruolo di direttore generale. “Puig – commenta Aurino – è un’azienda che si contraddistingue per la capacità di costruire brand di grande successo facendoli parlare al cuore del consumatore grazie anche a una profonda attenzione al dettaglio nel retail. In un momento sfidante come questo è mia intenzione focalizzarci sui fondamentali che hanno reso forte l’azienda cogliendo le opportunità incrementali, dal digitale alla nicchia, sempre in stretta collaborazione con i partner della profumeria”.