L’analisi Pambianco sui bilanci 2018 dei produttori italiani evidenzia un aumento del fatturato, legato soprattutto all’export perché il mercato interno risente di un calo dei consumi nel canale.
Sono in ‘salute’ le aziende che vendono bellezza in farmacia. Lo rileva lo studio sui fatturati dell’industria elaborato da Pambianco Strategie di Impresa: nel 2018 crescono le prime 5 aziende italiane, come si vede nella tabella a fianco, con Labo International che avanza double digit (+15,1%), posizionandosi come primo player nazionale per crescita. Non sono disponibili invece i dati di fatturato 2018 di tutte le filiali perché, nel momento in cui il magazine va in stampa, molte aziende non hanno ancora approvato i bilanci dell’anno scorso, ma i risultati del 2017 sono positivi. Si rileva anche un boost particolare per Laboratoires Svr Italia che avanza del 36% rispetto al 2016. Qualche segnale positivo sul 2018 è arrivato però anche dal fronte delle aziende straniere, perché alcune sussidiarie di grandi gruppi hanno comunicato a Pambianco Beauty i ricavi dell’anno scorso. Cantabria Labs Difa Cooper passa così da un fatturato di 29 milioni di euro nel 2017 a 30,2 milioni nel 2018, Laboratoire Nuxe Italia arriva a 18,9 milioni di euro (fatturava 16,1 milioni nel 2017) e Laboratoires Expanscience Italia chiude essenzialmente flat. Sul versante distribuzione, invece, sono di ben altro tenore le rilevazioni che riporta Cosmetica Italia: secondo il centro studi di questa associazione, le vendite di bellezza in farmacia nel 2018 arretrano dello 0,4%, caratterizzandosi come la prima battuta d’arresto dopo anni di crescita per il canale. Incrociando questi dati con quelli dello studio Pambianco relativi alle aziende italiane nel 2018, si desume che le imprese tricolori crescono soprattutto grazie all’export, dato che il mercato interno è in difficoltà. Il contesto in cui vive oggi il mondo della farmacia nella Penisola è, del resto, dominato dall’incertezza. Dopo l’approvazione (nell’agosto 2017) della legge sulla concorrenza che apre la proprietà delle farmacie alle società di capitali, è iniziata in Italia una campagna acquisti dei negozi ‘con la croce verde’, che però procede molto a rilento, e di conseguenza le aziende non sanno come si delineerà lo scenario futuro, cioè quante e quali catene entreranno sul mercato e soprattutto con quali dimensioni. Ciò comporta minori investimenti da parte delle aziende sul mercato interno, soprattutto sull’innovazione di prodotto. A questo si aggiunge il fatto che molte farmacie sono in crisi d’identità, rincorrendo un modello fatto di promozioni e scontistiche sui prodotti di bellezza, fenomeno che comporta una sorta di diffidenza da parte dei consumatori sulla reale scientificità dei cosmetici in farmacia e sul loro valore aggiunto rispetto a quelli venduti in altri canali. Insomma, la concorrenza dei diversi canali (non ultimo l’e-commerce), che spesso intercettano la domanda dei prodotti naturali e green meglio di quanto fa la farmacia, si fa sentire. Tornando all’industria, va detto che le aziende sono chiamate a cambiare in seguito al formarsi di un nuovo scenario, che sarà appunto più concentrato, perché vedrà la presenza di grandi gruppi e di catene ben strutturate. Di conseguenza, le aziende avranno a che fare con meno interlocutori, ma indubbiamente più forti. I nuovi player presumibilmente metteranno in gioco una potenza di fuoco, non solo economica, ma anche a livello di marketing, di comunicazione, di ingaggio del consumatore. Le aziende quindi devono sviluppare maggiormente un’ottica retail, legata ai servizi negli store e al visual merchandising. Non solo, anche l’area commerciale deve essere ridefinita e la figura del classico venditore che si interfaccia con i farmacisti è destinata a cambiare, in favore del key account, che è deputato a seguire le centrali e i grandi buyer. Si svilupperà anche un altro ruolo, quello dei formatori e responsabili di sell out, che faranno trade marketing per aiutare la farmacia nella vendita.