‘Chi fa cosa’ non si sa, perché vige un segreto sull’identità dei fornitori di own brand. ma si sa che questi diventano il partner ideale del retailer: dal packaging al marketing.
Chi realizza le private label beauty dei negozianti? I produttori, risposta ovvia. Ma chi fa cosa? Questo non si sa, è un segreto ferreo. Come si evidenzia nell’articolo precedente, se i retailer parlano con cautela delle loro etichette di proprietà, le bocche sono di fatto cucite sull’identità dei produttori. Difficile quindi risalire a chi crea le formulazioni degli own brand cosmetici della distribuzione, anche perché commercianti e terzisti spesso firmano accordi di confidenzialità e riservatezza. Questa ‘non trasparenza’ della filiera finisce col diventare un’occasione persa per i dettaglianti, soprattutto quando i fabbricanti dell’etichetta commerciale sono terzisti italiani la cui eccellenza nella qualità e nel design è riconosciuta in tutto il mondo. Cioè, per il retail, dichiarare apertamente che il proprio marchio commerciale è fabbricato da un nome del made in Italy, potrebbe diventare un’arma a proprio vantaggio. Invece, la paura della concorrenza rafforza il velo di mistero.
IN CRESCITA, TRANNE IL MAKE-UP
Terzisti e produttori sostengono che le private label siano un business in crescita. Per Intercos rappresentano quasi il 30% del fatturato 2017, e, secondo quanto risulta a Pambianco Beauty, il numero uno del terzismo italiano ha anche realizzato la prima private label beauty di Amazon, a marchio Find. Va detto, però, che il settore del trucco ha un po’ sofferto nel 2018, dopo il boom dell’anno precedente, e di conseguenza anche i brand make-up di proprietà dei retailer. “Le prime a risentire i contraccolpi del mercato – spiega Dario Ferrari, presidente e CEO di Intercos – sono proprio le private label, perché hanno un’immagine meno forte rispetto ai marchi delle aziende, sono distribuite solo in un numero limitato di punti vendita, e hanno meno visibilità”. Si stanno ampliando invece i settori dell’haircare e dello skincare, come racconta Paolo Delle Piane, direttore marketing strategico di Hsa: “Ogni giorno riceviamo richieste da retailer, soprattutto dal nord Europa, dall’Europa orientale e dall’Asia. Noi selezioniamo attentamente le domande per mantenere un livello di qualità riconosciuto, e infatti rifiutiamo chi fa politiche di prezzo troppo basse”. Le private label occupano circa il 20% del fatturato di Hsa e sono rivolte a drugstore, a operatori della grande distribuzione, a retailer fisici ma anche a portali online. Performanti sono anche le marche private di profumi, il cui mercato non è ancora saturo, soprattutto tra i retailer del fashion e i department store. “Il potenziale è alto, sia in Italia sia all’estero”, afferma Ambra Martone, consigliere di Icr Industrie Cosmetiche Riunite. E aggiunge: “Attualmente abbiamo contatti in corso con un retailer di Hong Kong che dispone di 4.800 punti vendita in Cina, e l’anno prossimo probabilmente produrremo fragranze e linee bagno profumate per alcuni player della grande distribuzione”. Martone spiega che gli operatori della Gdo sono interessati ad alzare il livello con marchi di proprietà da posizionare su fasce premium, e per questo contattano i migliori produttori italiani. Le private label rappresentano oggi il 10% del fatturato di Icr, ma entro cinque anni arriveranno a coprire il 20% del totale turnover. Non sono solo i terzisti a fornire i marchi alla distribuzione: Mavive, azienda titolare di brand, investe su questo settore: “Le marche private sono in forte crescita – commenta il direttore commerciale dell’azienda veneziana, Marco Vidal – e per questo abbiamo creato una vera e propria Divisione Private Label all’interno dell’azienda. Il primo progetto che ha visto la luce è quello per Farmacia Vaticana, che comprende 4 fragranze che uniscono l’aspetto profano del profumo alla sacralità delle essenze cristiane”. Mavive inoltre ha realizzato un altro progetto per Ethos Profumerie, una linea di fragranze con un posizionamento di ‘nicchia democratica’, cioè eau de parfum di alta qualità con una concentrazione massima di essenze (18%), una forte immagine, un brand costruito per lo storytelling, e un prezzo accessibile, tra 70 euro e 80 euro per un flacone di 100 ml.
I SÌ DELLA FILIERA CORTA
I produttori di private label non sono semplici fornitori, ma veri e propri partner che offrono consulenze di marketing, di comunicazione, servizi sulla registrazione del marchio, sullo sviluppo del concetto creativo. “Per noi – conclude Delle Piane – sono partnership molto challenging, che ci danno la possibilità di spaziare, di declinare le nostre analisi sulle tendenze”. Inoltre, trattandosi di un rapporto diretto tra dettaglio e produzione, c’è una maggiore facilità nelle decisioni e nella velocità di filiera.