Il nuovo presidente di cosmetica italia, Renato Ancorotti, racconta gli obiettivi del suo mandato triennale. A guidarlo una visione del business che ricorda quella di Adriano Olivetti.
Una persona concreta, con le idee chiare. Accoglie Pambianco Beauty dietro a una scrivania raccontando gli obiettivi del suo mandato appena iniziato, ma, in fondo, il pragmatico Renato Ancorotti è anche un sognatore. Il neoeletto presidente di Cosmetica Italia, infatti, presenta i progetti che vuole perseguire facendosi guidare da valori ‘alti’, delinea con concretezza i suoi obiettivi ma sempre nel rispetto dell’etica, del welfare aziendale, della sostenibilità ambientale. E si richiama ai grandi imprenditori del passato: “Si parla spesso di impresa 4.0, ma se ci fosse oggi Adriano Olivetti si qualificherebbe come un imprenditore 8.0”. La ‘buona’ industria, dunque, è la chiave che governerà le azioni di Ancorotti, che riguarderanno la crescita dell’associazione stessa, lo sviluppo internazionale delle piccole e medie imprese italiane, il servizio reso alle multinazionali e a tutti gli associati, nonché il ruolo di ‘filtro’ nei confronti della politica, e di accreditamento del settore presso gli stakeholder e in tutte le sfere istituzionali. Il presidente cremasco conosce bene ciò di cui parla. Il suo curriculum vanta una formazione tecnica (laureato in Controllo di Qualità – Curriculum Cosmetologico presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale), e nel 1984 Ancorotti fonda Gamma Croma, azienda conto terzi produttrice di make-up. In seguito, intuisce il potenziale dell’outsourcing nella cosmesi, e 15 anni dopo l’imprenditore crea con la figlia Enrica una nuova azienda, la Ancorotti Cosmetics. Forte di questa pluriennale esperienza nel settore, Ancorotti è diventato presidente di Cosmetica Italia dal mese di giugno 2018. Una nuova sfida di cui anticipa a Pambianco Beauty gli obiettivi.
Partiamo dall’associazione. Ha detto che deve crescere, ma come?
Cosmetica Italia rappresenta oggi oltre 500 aziende della filiera cosmetica che dà lavoro a 200mila persone. È il momento di aggiungere altri due settori, e cioè i produttori di packaging e le aziende di confezionamento, che insieme occupano oltre 10mila addetti in Italia. Non si tratta solo di un’operazione di ampliamento dell’associazione (le nuove imprese entrerebbero come soci aggregati), ma di un processo virtuoso che avrà una ricaduta positiva su tutta l’industria. Entrando in Cosmetica Italia, infatti, queste aziende si adegueranno agli alti standard di qualità delle imprese cosmetiche. Stiamo facendo una mappatura per conoscere e integrare queste realtà, nel rispetto di severi parametri d’ingresso.
Arriviamo al comparto che è composto per il 95% da Pmi. Quali azioni per loro?
Una sopra tutte: l’internazionalizzazione. Ma per esportare non basta fare le fiere, bisogna avere una ‘cultura’ esportativa. Voglio dire che l’azienda deve dotarsi dei prodotti giusti, che variano da Paese a Paese, e conoscere le diverse regulatory doganali. L’associazione quindi si pone l’obiettivo di aiutare le piccole imprese a individuare i prodotti più adeguati al mercato nel quale intende esportare, nonché di offrire un servizio di consulenza sulle normative e sulle buone pratiche da adottare. Questo servizio verrà reso da esperti, ma anche dagli stessi imprenditori-soci che hanno già vissuto l’esperienza dell’export.
Parlando sempre di Pmi, è ancora valido il motto ‘piccolo è bello’?
Decisamente no. L’imperativo è crescere. L’Italia soffre di ‘nanismo’ industriale, e per di più oggi le aziende devono affrontare sfide che si possono vincere solo grazie alle dimensioni. In particolare, questo discorso è valido per l’industry cosmetica, che deve garantire ripetizione, omogeneità, sicurezza del prodotto, e lo può fare con la presenza di figure specializzate a sovrintendere ogni processo. E questo richiede grandi risorse. L’imprenditore italiano deve fare un salto culturale, deve managerializzare la sua azienda, perché in questo modo diventa anche più trasparente.
Significa che deve aprirsi a capitali esterni?
La finanza è una strada cui l’imprenditore può ricorrere per crescere. Certo, bisogna sapere che il private equity, una volta che entra nella proprietà dell’azienda, ti rivolta come un calzino: analizza l’area finanziaria, amministrativa, operativa, logistica, ambientale, misura l’impresa in tutte le sue performance. Ma alla fine la trasparenza ‘paga’, si acquisisce valore. E poi l’imprenditore deve capire che l’azienda non è ‘casa sua’, è un bene sociale, è finalizzato a creare occupazione, a dare lavoro, ad aiutare la comunità. Ciò detto, capisco le paure degli imprenditori perché il private equity, a sua volta, non deve pensare di avere le ‘chiavi’ dell’azienda, non deve sostituirsi alla proprietà.
Arrivando invece alle multinazionali, quali gli obiettivi che l’associazione si pone per loro?
Porteremo avanti azioni nella direzione del regulatory, delle relazioni istituzionali e della comunicazione. Nello specifico, le priorità per Cosmetica Italia restano l’affermazione del comparto beauty quale eccellenza del made in Italy e la tutela della sua reputazione contro un’informazione talvolta superficiale e allarmistica. Spesso le filiali dei grandi network si trovano ad affrontare situazioni di ‘crisis management’ e l’associazione interviene nello smentire false notizie e nel promuovere una corretta informazione verso i media.
E nei confronti dei politici come pensa di agire?
La cosa più importante è far sì che quando un politico parla delle eccellenze italiane, non si limiti a elencare moda, design, e food, ma consideri anche la cosmesi. Sempre. Questo porterebbe, a catena, una maggiore credibilità e reputazione per il settore, che è espressione dell’eccellenza del made in Italy. Il Governo dunque dovrebbe confermare gli investimenti per la promozione dei prodotti ‘tricolore’ all’estero. Inoltre, un ‘male’ tutto italiano che si potrebbe arginare è la burocrazia. Per fare un esempio, nella ristrutturazione del nuovo stabilimento di Ancorotti Cosmetics abbiamo prodotto 250 chili di carta. Si tratta di un archivio gigantesco.
Altri progetti?
Promuoveremo alti standard di qualità, supportando le imprese nell’ottenimento di alcune certificazioni, come ad esempio la Uni En Iso 14001:2015 per l’ambiente, oppure quelle per la salute e la sicurezza sul lavoro, come la Bs Ohsas 18001 e la Uni En Iso 45001:2018. Il welfare aziendale è un must, bisogna promuovere la cultura dell’attenzione nei confronti dei lavoratori e del territorio nel quale opera l’azienda. Il tempo di Adriano Olivetti, insomma, è oggi.
Un’ultima domanda, questa volta all’imprenditore Ancorotti: qual è il futuro del terzismo?
Non chiamiamolo più terzismo: noi siamo ‘total solution provider’, cioè non siamo più solo fornitori, ma facciamo le formulazioni dei cosmetici, investiamo in ricerca e sviluppo e abbiamo competenze di marketing. Le aziende ormai hanno bisogno di un prodotto ‘ready to go’ e si affidano a noi perché offriamo nuove idee, qualità e siamo veloci e flessibili.
di Vanna Assumma