L’industria della cosmesi italiana gode di una buona salute che si può definire strutturale.Lo conferma l’ultimo report annuale sui distretti industriali di Intesa Sanpaolo, all’interno del quale, non solo viene per la prima volta individuato un distretto della cosmesi, ma ne vengono anche indicati punti di forza che lasciano prevederne il consolidamento futuro. Per questo comparto, spiega l’analisi, il posizionamento internazionale risulta solido al punto da aver guadagnato, negli ultimi anni, quote sul mercato globale, nonostante la prepotente affermazione del beauty del Far East (Corea in primis). Merito di una connessione territoriale unica con gli ambiti della moda e del design. Una combinazione che rende il distretto cosmetico italiano un polo di innovazione, ricerca ed alta qualità. A fronte di queste potenzialità, la ricerca Pambianco presentata nel recente Beauty Summit, e approfondita all’interno di questo numero, ha però individuato anche i fattori migliorabili. Un gap strutturale che impedisce alla ‘buona salute’ del settore di essere valorizzata maggiormente, e di cogliere un momentum di notevoli opportunità. In particolare, dall’analisi svolta, emerge che solo il 20% del fatturato ‘branded’ (escludendo quindi i terzisti) arriva dal segmento prestige, mentre l’80% resta legato ai livelli mediani (masstige) e bassi (mass) di posizionamento. Una percentuale, quella della fascia alta, di molto inferiore a quanto si può rilevare nei segmenti della moda, degli accessori e del design. Il punto non è secondario perché, mentre l’alta gamma delle aziende branded del beauty ottiene quote di export vicine all’80% e una marginalità ebitda/ricavi del 17%, i brand della cosmesi posizionati nei due segmenti inferiori si fermano a un ben più basso 30% di esportazioni e al 13% di ebitda margin. Questo posizionamento nella pancia del mercato relega le aziende ad una competizione nel territorio nazionale e le sottopone alla concorrenza crescente delle multinazionali. Forse, è il tempo per le aziende del settore, di avviare una riflessione sul posizionamento dei propri brand per garantirne uno sviluppo di lungo periodo non solo in Italia, ma, soprattutto, all’estero e valorizzare con decisione le potenzialità che ci vengono riconosciute.
David Pambianco