Il ceo di douglas italia ha raccontato il dopo-fusione, rivelando il prossimo lancio di 35 beauty lounge, in aggiunta alle 18 già esistenti. I millennials, infatti, vanno conquistati con i servizi, gli eventi e la shopping experience.
La ‘nuova’ Douglas, nata dalla fusione con Limoni-La Gardenia, dispone in Italia di 620 negozi (3.000 in Europa)con un fatturato di circa 500 milioni di euro. La quota di mercato della catena tedesca nella Penisola è circa il 23%, ovvero un quarto del giro d’affari del canale profumeria. Inanellando questi numeri, il CEO di Douglas Italia, Fabio Pampani, ha iniziato a illustrare la complessità della nuova realtà che si trova a gestire.
Con questa quota di mercato, sarete sotto l’occhio dell’antitrust…
Si, siamo stati analizzati e rianalizzati più volte. Bisogna dire che il canale profumeria in Italia è diverso da tutto il resto d’Europa. È di fatto in mano a 5 player (Douglas, Sephora, Marionnaud, Coin e Rinascente) che fanno circa la metà del fatturato. L’altra metà è realizzata da una sessantina di imprenditori e famiglie che coprono i mercati locali.
Avete interesse ad acquisire anche questi punti vendita?
Con la nostra quota di mercato e con la problematicità che si crea ogni volta che facciamo un passo in avanti, direi che non è il momento di comprare, bensì di capitalizzare ciò che abbiamo. Dopo la fusione dello scorso novembre, abbiamo definito tutti gli aspetti logistici e strutturali e stiamo lavorando sulla coesione dei tre brand (Douglas, Limoni e La Gardenia), ottimizzando i processi e costruendo sinergie. È la prima redditualità dell’operazione e chiaramente non deve essere l’unica.
Manterrete le stesse insegne?
Questo è un focus su cui stiamo ragionando. Prenderemo la decisione che il cliente ci chiede di prendere. Il brand retail è importante nella misura in cui identifica un posizionamento e soprattutto una relazione con il consumatore. La relazione si sviluppa anche attraverso i servizi. Abbiamo lanciato 3 anni fa 18 beauty lounge e ne apriremo altre 35.
Perché il retail è così in sofferenza?
Le ragioni sono tante, e non bisogna dimenticare che il 40% dei costi di un retailer oggi è rappresentato da personale e affitti, ma limitandoci alle responsabilità del canale, vedo una cronica mancanza di associazionismo tra i profumieri. Il retail è il secondo ‘datore di lavoro’ in Italia dopo le Forze Armate, ma non ha nessuna rilevanza a livello istituzionale. Se un’azienda chiude, conquista le prime pagine di un giornale, il retailer no. I Millennials arrivano nei vostri negozi? Certo, ma sono ‘infedeli’ e l’importante è non avere l’illusione di conquistarli con la carta fedeltà. A loro non piace raccogliere punti, amano gli eventi, i cantanti in negozio, le anteprime.
di Vanna Assumma