I consumi crescono. Secondo Cosmetica Italia, positivi tutti i canali tranne i multibrand dei profumi (-0,5%). Il fatturato raggiunge quota 11 mld trainato dall’export. L’ebitda margin passa dal 7,7% del 2008 al 13% del 2016.
Il 2017 si è chiuso con un generale miglioramento per il mercato italiano della cosmetica. Innanzitutto, il tasso di crescita, anche se debole (+1,3%), è maggiore rispetto al 2016 (+0,7%). Inoltre, la fotografia del settore, monitorata da Cosmetica Italia a livello preconsuntivo, mostra andamenti positivi per tutti i canali di vendita, tranne uno: la profumeria che ha chiuso l’anno scorso con ricavi in frenata dello 0,5 per cento. Dunque, recuperano le farmacie che nel 2016 avevano avuto una leggera regressione e invece archiviano il 2017 a +1,2 per cento. Mettono il turbo i canali professionali, con fatturati in crescita del 2,4% (i centri estetici) e dell’1,9% (gli acconciatori). Bene anche le erboristerie che salgono dello 0,9%, e la grande distribuzione che mette a segno un punto percentuale in più. Quest’ultimo dato è l’esito dell’avanzata dei drugstore (+5%) e dei monomarca (compresi in questo cluster), che compensano la caduta dei ricavi nelle grandi superfici (-4%). Le vendite dirette mettono nel carniere il 7,8% in più di fatturato, ma anche in questo caso bisogna scindere tra vendite a domicilio ed e-commerce, con quest’ultimo in accelerata del 25%, anche se i valori rimangono ancora esigui (300 milioni di euro). In totale, i consumi di bellezza nel 2017 si sono attestati su 10 miliardi di euro. Cosmetica Italia ha dato anche le stime sui primi sei mesi 2018, quando tutti i canali dovrebbero svoltare in positivo, anche la profumeria (prevista a +0,5%). Il semestre dovrebbe vedere la farmacia a +1,3%, l’erboristeria a +1%, la grande distribuzione e l’acconciatura a +1,5%, i centri estetici a +2,5%, le vendite dirette a +9 per cento.
EXPORT IN CORSA
Passando all’industria, il motore del comparto beauty italiano si conferma essere l’export. Nel 2017 le vendite oltre frontiera sono cresciute del 9% a 4,7 miliardi di euro. Sono cambiate, però, le destinazioni dei nostri prodotti, perché nel 2016 solo il 48% dell’export andava fuori dall’Europa, mentre l’anno scorso la percentuale dei Paesi extra-Ue che ha assorbito i cosmetici tricolori è salita al 60 per cento. “Il vero traino dell’economia mondiale – ha osservato Fabio Rossello, presidente di Cosmetica Italia – sono gli Stati Uniti, che hanno un Pil in crescita, mentre l’Asia sta rallentando la sua avanzata”. Tra vendite all’estero e all’interno della Penisola, il giro di affari delle aziende cosmetiche italiane ha raggiunto l’anno scorso 11 miliardi di euro, in crescita del 4,4 per cento. Le proiezioni sull’anno in corso vedono il comparto crescere del 5%, con esportazioni a +9,2%, mentre il fatturato realizzato in Italia dovrebbe continuare la sua progressione, e, dopo un 2017 a +1,3%, il 2018 dovrebbe chiudere a +1,9 per cento. Rossello però ha sottolineato che il costo delle materie prime è aumentato e questo fenomeno può determinare dinamiche inflattive sul mercato.
CRESCE L’EBITDA MARGIN
Gli indicatori finanziari della cosmetica sono positivi rispetto agli altri comparti del mercato, e in alcuni casi conquistano il primato in Italia. È quanto ha affermato Giovanni Foresti, direzione studi e ricerche Intesa Sanpaolo, che ha analizzato i bilanci di un campione di imprese e ha rilevato che nel biennio 2015-16 il fatturato della cosmetica è cresciuto del 12%, secondo solo all’occhialeria, mentre il settore si qualifica al primo posto per crescita tra il 2008 e il 2016, con una variazione dei ricavi tra questi anni pari a +43% (per fare un raffronto, nello stesso periodo, l’abbigliamento sconta un -0,7%). Un’analisi dei bilanci di 535 imprese italiane è stata effettuata anche dal Centro Studi di Cosmetica Italia: “L’evoluzione più importante – ha evidenziato il responsabile Gian Andrea Positano – riguarda il risultato prima delle imposte, che passa da un ebitda margin del 7,7% nel 2008 al 13% sul fatturato nel 2016”. Il fatturato medio del campione di imprese analizzato è pari a 33 milioni di euro nel 2016, un valore che si avvicina al dato pre-crisi (nel 2008 queste imprese fatturavano in media 34 milioni di euro).
di Vanna Assumma