Il settore dell’haircare professionale italiano segna un +8% nel 2016, ed entra nel mirino della finanza. Nel ranking stilato da Pambianco, davanti a tutti c’è Alfa Parf Group. Seguono altre aziende che si sfidano a colpi di innovazione.
C’è un capolista che distacca di gran lunga tutti gli altri concorrenti (e per lui i giochi si fanno con le multinazionali), mentre gli altri combattono nella stessa arena a colpi di innovazione. È Alfa Parf Group che troneggia in testa al ranking elaborato da Pambianco Strategie di Impresa sui fatturati 2016 delle aziende italiane di haircare professionale (da cui sono esclusi i bilanci delle multinazionali). Forte dei suoi 237 milioni di euro di fatturato, il gruppo fondato da Roberto Franchina si confronta sul mercato con i brand professionali di colossi come Coty e L’Oréal, e infatti viene definito una ‘multinazionale formato tascabile’ perché i suoi numeri sono relativamente piccoli rispetto ai big del mercato mondiale. Tornando al ranking, in seconda posizione e con meno della metà delle revenues del top player, si trova Davines (112,5 milioni di euro), mentre le altre aziende si fermano a sette ‘zeri’.
SETTORE DINAMICO
I bilanci riportati sono innestati da altri ricavi, quelli derivanti dal conto terzi, perché molte aziende del campione sono nate come terziste e poi si sono ‘smarcate’, cioè hanno investito così tanto nei brand di proprietà da farlo diventare il core business. Quindi, forti dei ricavi derivanti dalle vendite dei marchi propri e dal terzismo, queste aziende risultano in crescita (la top ten avanza dell’8,2% a 620 milioni di euro) e si caratterizzano per un certo dinamismo e una propensione a investire che non sono così scontati in un mercato come quello cosmetico. Per fare un esempio, Davines ha messo sul piatto 24 milioni di euro per una nuova sede dove convergeranno architettura a basso impatto ambientale, produzione sostenibile a km zero e una nuova esperienza di economia circolare e Csr, garantendo performance di mercato insieme a compatibilità economica. Altre aziende stanno investendo in tecnologie per la produzione di haircare green, in risposta al fenomeno più di tendenza del momento, la naturalità. Per fare ancora un esempio, Pettenon Cosmetics ha appena lanciato una linea di cosmetici vegani con principi attivi biologici certificati. Si tratta della linea Bbgreen di Rivit. Tra l’altro l’azienda ha in corso una profonda riorganizzazione con l’ampliamento del processo produttivo, la ridefinizione della logistica, l’apertura di nuovi mercati, per arrivare al raddoppio di volumi e turnover nel giro di 3 anni. Framesi invece ha lanciato un altro tipo di innovazione, una capsule di make-up, che ha l’obiettivo di dare un’indicazione di stile completa, tra capigliatura e trucco. Innovazione anche a livello retail: Nashi Argan ha rivoluzionato il concetto tradizionale di ‘salone di bellezza’. Il nuovo Nashi Salon è infatti un parrucchiere ‘nascosto’, nel senso che dall’esterno è visibile un monomarca con tutti i prodotti in vendita, e, dietro, si sviluppa il salone per il trattamento dei capelli. Si tratta di una via di mezzo tra uno store e un salone, il cui obiettivo è quello di intercettare una consumatrice attratta dal prodotto, e successivamente convogliarla verso l’hairdresser. In generale, essendo questo comparto dinamico e in crescita, con alti valori di ebitda, riscuote interesse da parte del private equity. Infatti Alto Partners sgr, con il fondo Alto Capital IV, ha preso il controllo di Tricobiotos, acquisendo una quota del 71,8% del capitale. L’azienda produce articoli a marchio proprio ed è anche partner in esclusiva per l’Italia di brand internazionali, come Moroccan Oil.
di Vanna Assumma