Dalla ricerca Pambianco emergono potenzialità per i format di dimensioni ridotte, come monomarca ed e-commerce, nonché per l’export dei cosmetici in Asia, continente ancora poco ‘conquistato’ .
I canali ‘disintermediati’, cioè di proprietà dell’azienda che si rivolge direttamente al consumatore, sono quelli che cresceranno di più nel mondo della bellezza. È uno dei risultati della ricerca qualitativa realizzata da Pambianco Strategie di Impresa e presentata dall’AD David Pambianco nel corso del Beauty Summit. Lo studio ha approfondito l’evoluzione della distribuzione beauty in Italia, con interviste ai titolari di profumerie, farmacie, drugstore e Gdo, ma ha anche fatto un ‘volo d’uccello’ sullo scenario economico globale della bellezza, paragonando l’Italia con il resto del mondo. Rielaborando studi condotti da Cosmetica Italia, Cosmetics Europe e QuintilesIms, la ricerca di Pambianco ha tratto nuove stime e valutazioni.
I PIÚ DINAMICI SONO DIRETTI
Per quanto riguarda la distribuzione in Italia, la ricerca ha segmentato il settore bellezza per posizionamento dei brand e rispettivi canali: la fascia alta vale circa il 20% (rappresentata soprattutto dalla profumeria selettiva), la media il 35% (farmacia e profumeria) e la bassa il 45% (grande distribuzione e drugstore), per un totale di 9,9 miliardi di euro di consumi nel 2016. I tre canali mainstream, ovvero Gdo, profumeria e farmacia, che rappresentano il 75% del mercato, regrediscono nel 2016 dello 0,6% a livello di fatturato, mentre crescono i canali più piccoli (monomarca, canali professionali, erboristerie, e-commerce, vendite dirette) che rappresentano insieme il 25% del settore e avanzano del 3,4 per cento. In particolare, i più dinamici sono i monomarca e l’e-commerce. I primi valgono l’8% del mercato per un totale di 800 milioni di euro nel 2016 e sono in progressione del 5 per cento. La ricerca evidenzia, per questo canale, il gap con altri settori, ad esempio la moda, dove le insegne di proprietà rappresentano il 43% del mercato. “È probabile quindi – ha osservato David Pambianco – che nei prossimi anni nascano in Italia nuovi format beauty monobrand, magari iperspecializzati”. L’e-commerce invece occupa il 2% del giro d’affari del settore, con 230 milioni di euro (+35,3%). Un dato ancora piccolo, ma in forte sviluppo.
LE SFIDE DEI MAINSTREAM
Per quanto riguarda i canali principali, lo studio evidenzia tre driver su cui dovranno puntare per mantenere il loro ruolo: introduzione nell’assortimento di esclusive e prodotti innovativi, consulenza e servizio Crm, shopping experience sul punto vendita. Per quanto riguarda le profumerie, le catene nazionali rappresentano il 40% del canale e sono previste in consolidamento, mentre gli indipendenti valgono il 60% ma si ipotizza un calo di questi punti vendita, che saranno anche oggetto di concentrazioni. In farmacia la cosmetica pesa ancora poco, circa l’8% dei ricavi, ma si consideri che il beauty nei drug Boots nel mondo, già nel 2013, rappresentava il 35% dei ricavi. “In Italia le catene di farmacie – ha peoseguito l’AD – hanno un peso del 5%, mentre in Europa del 50 per cento. Questo significa che, dopo l’approvazione del Ddl concorrenza, il gap andrà gradualmente a colmarsi”. Nella Gdo il beauty pesa tra il 15% e il 20% del fatturato, ed è vicino alla saturazione.
EUROPA AL TOP DEI CONSUMI
Arrivando allo scenario globale, la ricerca ha sottolineato che il beauty cresce ininterrottamente da 10 anni, e in questo arco di tempo il giro d’affari è avanzato quasi del 50% a livello wholesale, passando da 142 miliardi di euro nel 2006 a 205 miliardi di euro nel 2016. La prima area geografica di consumo per il settore è l’Europa con un valore retail di 77 miliardi di euro nel 2015, di cui l’Italia vale circa il 15 per cento. Seguono Stati Uniti, Cina, Brasile, Giappone, India e Corea del Sud. Va detto però che l’Europa è l’area che cresce di meno: in due anni, dal 2013 al 2015, è avanzata del 3,4% e l’Italia è rimasta flat. Viceversa, sono progrediti soprattutto i mercati asiatici con Cina a +11,8% e Giappone a +6,8%, ma anche quello statunitense (+5,4%). Per quanto riguarda l’Europa, sono 4 i Paesi, quasi con lo stesso peso, che fanno il 60% del mercato, e sono Germania, Gran Bretagna, Francia e Italia. skincare in pole Focalizzando l’attenzione sul nostro Paese, la ricerca sottolinea alcune peculiarità. “È interessante notare – ha sottolineato David Pambianco – che il consumo di skincare in Italia, ovvero il 38% del mercato beauty, è nettamente superiore alla media europea, che si attesta sul 25 per cento. L’Italia invece resta al palo rispetto al resto del Continente per quanto riguarda le altre categorie della bellezza”. Le aziende tricolori sono molto votate all’export, e il 57% di questo è indirizzato a 10 Paesi, tra i quali non sono presenti mercati asiatici, a parte Hong Kong. Da ciò si deduce come ci siano ancora molte possibilità di sviluppo per il beauty italiano in Asia, dove operano già player forti ma si tratta comunque di un continente con elevati tassi di crescita. Le esportazioni del Belpaese privilegiano le Nazioni europee e americane, e, nel 2016, la Germania è diventata il primo partner commerciale per il beauty italiano, superando la Francia. Nel dettaglio, la Germania accoglie cosmetici italiani per un valore di 458 milioni di euro (+19%), mentre in Francia il beauty vale 423 milioni di euro (+6%).
Vanna Assumma