Ma quanto vale la vendita di cosmetici online? E, soprattutto, dov’è l’atteso boom preannunciato per il 2016? Il mondo dell’e-commerce sembra ormai essere stato esplorato e colonizzato da parte dei brand della moda e del lusso, per i quali le ricerche convergono verso quote percentuali a doppia cifra dei fatturati, nel giro di un paio di anni. Quello del beauty, invece, pare ancora un’isola misteriosa. La prima indicazione che sia un mondo ancora per lo più inesplorato arriva dai dati, per i quali è ancora in corso un aggiustamento degli standard di comparazione. Nel 2015, per esempio, le proiezioni di fine anno di Netcomm parlavano di obiettivo 100 milioni, utilizzando rilevazioni sulle vendite aziendali. Le rilevazioni, qualche mese più tardi, si sono però spostate sugli acquisti dei consumatori italiani (compresi, perciò, i siti esteri e qualche flash selling in siti di abbigliamento), il che ha portato la somma dell’online beauty 2015 ampiamente sopra il vecchio obiettivo, ovvero a quota 175 milioni. Ovviamente, adottato questo nuovo modello di analisi, cambia però anche il confronto. Ebbene, rispetto al 2014, la crescita 2015 tarata sui consumi (e non sulle vendite) è stata stimata al 22%, mentre, nel 2016, si stima che gli italiani faranno più o meno 210 milioni di acquisti in bellezza. Circa il 20% di incremento. Ricostruiti i dati, l’esame degli stessi non entusiasma. Una crescita del 20% farebbe gola a molti comparti. Ma, in questo caso, innanzi tutto emerge che non c’è un’accelerazione rispetto all’anno precedente (quando l’incremento fu del 22%). Inoltre, la crescita va relazionata alle ridotte dimensioni di partenza: in Italia si parla di acquisti beauty attorno ai 9 miliardi, il che significa che i 210 milioni della cosmesi online pesano appena un 2 per cento. Insomma, manca qualcosa per parlare di boom. La sensazione è che non ci sia ancora sufficiente prodotto per spingere i clienti sul web. Nel fashion, questo è accaduto nel momento dello sbarco online delle griffe. Nel beauty, questo deve ancora accadere da parte delle marche, forse per timore di rompere i delicati equilibri distributivi del settore. Il punto su cui fare attenzione, tuttavia, è quello di non pensare all’e-commerce come a un compartimento stagno, da lasciare senza rimorsi al proprio destino, senza timore che influenzi la distribuzione standard. Il beauty, infatti, come la moda e il lusso, si dovrà confrontare con la nuova dimensione multichannel. Del resto, la tavola rotonda Pambianco sulle profumerie (di cui parliamo in questo numero) ha confermato quanto la sfida innovativa, oggi, sia riuscire a trasformare l’acquisto in una shopping experience per le consumatrici, principalmente le più ostiche: le millennials. Ossia, proprio quelle che, mentre ascoltano il commesso in negozio, stanno comprando con lo smartphone in mano.
David Pambianco