Vetrine, corner, espositori, tester: il visual merchandising nelle profumerie stimola la curiosità della clientela sui prodotti esposti. Ma non è detto che l’aumento di interesse si traduca in un aumento degli acquisti.
Le aziende beauty spendono cifre ingenti nella costruzione di mobili e di espositori da posizionare all’interno delle profumerie, su un network che in Italia conta almeno 2.000 punti vendita selettivi. Periodicamente, brandizzano corner e spazi espositivi all’interno del negozio, e ne allestiscono le vetrine. Per i brand del lusso si parla addirittura di budget annuali di milioni di euro. Quindi il visual merchandising, ovvero la strategia espositiva all’interno dei negozi, ha un ‘peso’ non indifferente sui bilanci societari. Ma è anche in grado di far funzionare alacremente i registratori di cassa? La risposta non è scontata, perché una buona visibilità del prodotto ha la funzione di ‘specchio per le allodole’, cioè di attirare l’attenzione delle persone, ma non è detto che sia funzionale all’acquisto. O meglio, lo è a certe condizioni.
NON SOLO WINDOW
Partiamo dalle vetrine. Queste sono il primo punto di contatto tra i passanti e il negozio, e devono essere in grado di attrarre rapidamente la curiosità di chi passeggia, invogliandolo a entrare. “Le vetrine che funzionano di più sono quelle monomarca, cioè allestite da un solo brand”, spiega Francesco Mattavelli, presidente di Studio Fm, agenzia che si occupa di design, visual merchandising e comunicazione sul punto vendita. E aggiunge: “Ancora più efficaci sono quelle che concentrano l’attenzione su un solo prodotto, altrimenti le persone si disorientano, si confondono, e non hanno più la spinta a cercare all’interno del punto vendita ciò che hanno visto in vetrina”. Purtroppo ancora troppe profumerie espongono nei loro punti luce un allestimento disordinato, fatto da molteplici prodotti e diversi brand. A volte, con l’intento di rendere scenica la vetrina, la trasformano in un accumulo di oggetti decorativi, mentre è importante conferire un effetto generale ‘pulito’. Una buona vetrina del resto, sempre secondo Mattavelli, è in grado di creare, e soprattutto di perpetuare, l’impulso d’acquisto nell’arco di un mese, cioè dopo che la stessa è stata smantellata. “Le persone – racconta – comprano sulla base del ricordo di ciò che hanno visto. Abbiamo rilevato che nei 40 giorni successivi alla creazione della window, il cui allestimento dura in media due settimane, le vendite delle profumerie crescono del 25% rispetto allo stesso periodo precedente”. L’obiettivo della vetrina, inoltre, deve essere quello di creare un contenuto, qualcosa che sia di valore in sé, al di là del prodotto che espone, ovvero una sorta di ‘quadro’ piacevole da guardare e una promessa di shopping experience da vivere all’interno del negozio. La tecnologia può essere un valore aggiunto per la realizzazione di una vetrina-contenuto. “In un futuro neanche troppo lontano – osserva Susanna Fiammelli, responsabile delle quattro profumerie Laboratorio del Duomo, tra Piacenza e Lodi – le vetrine diventeranno mega-schermi. Già si vedono esperimenti di vetrine interattive e di video-wall. Il consorzio Ethos Profumerie, di cui noi facciamo parte, sta lavorando su un progetto di vetrina tecnologica, che, oltre ad essere appealing, è anche meno costosa perché elimina la produzione di cartelli e di tutto il materiale espositivo”. Di solito, il costo dell’allestimento della vetrina monobrand è a carico dell’azienda, che fornisce i materiali e anche il vetrinista, ma in alcuni (rari) casi le aziende pagano anche lo ‘spazio’, come si trattasse di un vero e proprio spazio pubblicitario. Questa transazione avviene solo nei punti vendita di grande prestigio, in quelle location che garantiscono un alto numero di contatti, ad esempio nelle profumerie Mazzolari a Milano. In ogni caso, come afferma lo stesso Augusto Mazzolari, titolare degli omonimi punti vendita, una bella vetrina non basta per incentivare le vendite. “La vetrina – spiega – funziona solo se è associata a un servizio dedicato all’interno del negozio, cioè alle vendeuse, ai truccatori, ai visagisti, a tutto il personale che viene fornito dall’azienda per assistere la clientela e soprattutto per far provare il prodotto esposto all’esterno. Ciò che davvero conta, nella decisione finale di acquisto, è l’accoglienza, il servizio, la consulenza”. Da ciò si deduce che il processo che porta all’acquisto è davvero complesso. È importante ad esempio che la vetrina venga allestita in contemporanea a una campagna advertising su stampa o in televisione, come sottolinea Massimo Cavini, titolare di Profumerie Aline a Firenze: “Spesso le persone entrano in negozio chiedendo il prodotto che hanno visto in tv o addirittura con la pagina pubblicitaria strappata da una rivista. Sono importanti anche le azioni di marketing diretto, ovvero l’invio di email e di sms per informare le persone sulle novità esposte in vetrina”.
ESPOSITORI DEL BRAND O DEL NEGOZIO?
Oltre alla vetrina, anche gli espositori, le gondole (mobili con due testate), i general tester (mobili con tutta la gamma make-up di un’azienda) che sono posti all’interno del negozio hanno il compito di rendere più visibili i prodotti. Non solo, sono un supporto vero e proprio all’acquisto, in quanto, rendendo visibili e facilmente ‘testabili’ gli articoli, permettono alle persone di provarli in autonomia, senza dovere fare richieste al personale di vendita. “L’importante – interviene ancora Fiammelli – è che i prodotti vengano esposti in modo ordinato ma soprattutto suddivisi per marchio, come accade oggi nei luxury retail della moda”. Secondo Fiammelli, è importante che questa suddivisione avvenga anche sui ripiani degli scaffali, attraverso le reglette (strisce logate personalizzate dall’azienda) per facilitare l’orientamento del cliente. Per quanto riguarda gli espositori ‘a terra’, solitamente questi vengono forniti dalle aziende, ma in alcuni casi sono creati dagli stessi profumieri. Ad esempio, la responsabile di Laboratorio Del Duomo, per recuperare spazio all’interno dei punti vendita, ha deciso di creare espositori con dimensioni ridotte rispetto a quelli forniti dalle aziende. I mobili all’interno delle sue profumerie sono uguali per tutti i brand, personalizzati solo con il logo dell’azienda. “Per noi è un costo ulteriore – aggiunge Fiammelli – ma in realtà è un investimento, perché, da quando li abbiamo introdotti, sono aumentate le vendite del make-up. Tutta la merce è più raggruppata, ordinata, gli espositori vengono posti uno vicino all’altro, ed essendo in fila, le clienti riescono a guardare tutti i prodotti. Prima, quando i mobili venivano consegnati dalle aziende, non potevano essere ravvicinati e le persone rischiavano di non vedere tutta la merce in esposizione”. Lo svantaggio è che gli espositori, essendo più piccoli di quelli proposti dalle aziende, non riescono a esporre tutta la gamma di articoli del marchio. “Meglio così – sentenza Fiammelli – perché le aziende dovrebbero ridurre la referenziazione, soprattutto del make-up, che ha ormai superato le 1.000 unità per brand”. Anche Massimo Cavini ritiene che gli espositori delle aziende siano troppo grandi ma, viceversa, anche molto più creativi e impattanti di quelli realizzati dai profumieri. “In realtà – osserva – attirano maggiormente la curiosità delle persone e, alla fine, fanno vendere di più”. Francesco Mattavelli richiama l’attenzione su un altro aspetto: “L’espositore realizzato dal profumiere potrebbe veicolare un’immagine diversa dalla brand identity dell’azienda, e quindi non essere coerente con il brand”. La soluzione migliore, probabilmente, consiste nel comunicare alle aziende gli spazi precisi del proprio negozio e chiedere che vengano realizzati espositori ad hoc per il punto vendita.
di Vanna Assumma