Roberto Serafini, direttore generale di L’Oréal Luxe Italia, racconta le strategie della sua divisione. E spiega la scelta di essere vicini alla distribuzione, per crescere assieme.
Conferma la ripresa sui canali tradizionali (le profumerie), ma riconosce l’importanza di nuovi protagonisti nella distribuzione. Roberto Serafini, direttore generale di L’Oréal Luxe Italia, fa il punto sul 2015 e illustra come il gruppo francese si prepara ai nuovi scenari che stanno affermandosi anche sul mercato nazionale. “Dopo anni di contrazione dei consumi – esordisce – il canale profumeria ha chiuso l’anno con un segno positivo con una ripresa interessante nel make up e nelle fragranze. La crescita è stata equilibrata tra le diverse tipologie di profumerie: le indipendenti sono andate meglio degli altri anni con una seconda parte dell’anno più tonica rispetto alla prima”. Ma l’aumento più rilevante, riconosce, è stato appunto “generato da canali alternativi come e-commerce e direct to consumer ovvero le boutique monomarca”.
Questo e-commerce lo vede come un nemico o un alleato?
Il canale e-commerce sta crescendo in maniera esponenziale. L’Italia è partita tardi e ha ancora numeri contenuti rispetto a quelli dei Paesi anglosassoni. Tuttavia, negli ultimi mesi abbiamo rilevato accelerazioni vertiginose per quanto riguarda le vendite online, sia dirette sia quelle su siti terzi, con acquisti principalmente da mobile e tablet.
E le profumerie?
Oggi non vedo grandi cambiamenti in termini numerici e penso che oramai il peggio sia passato. Sicuramente c’è volontà di riqualificazione e razionalizzazione, ed essendo noi leader del mercato abbiamo il dovere di lavorare al loro fianco, al fine di trovare le chiavi per portare sempre più consumatori in profumeria (vedi box sotto).
In questo scenario dinamico, quali sono le strategie 2016 di L’Oréal lusso?
In generale, il lusso richiede il prodotto, ma anche ciò che sta dietro, come la ricerca, il servizio e l’attenzione sul punto vendita. All’interno della divisione Luxe abbiamo due tipologie di brand. Da una parte, i marchi più storici della profumeria selettiva come Lancôme, Biotherm, Helena Rubinstein, Ysl Beauté e Giorgio Armani e dall’altra marchi più giovani di matrice americana come Kiehl’s, Clarisonic e Urban Decay, che sperimentano modelli di distribuzione alternativi più legati al retail e e-commerce. In particolare, Urban Decay, ultimo entrato in Italia, ha una partnership esclusiva con la catena Sephora e un corner in Rinascente Duomo, ma non è esclusa in futuro l’apertura di una boutique. Infatti, dopo Newport Beach in California, il brand ha aperto a Covent Garden nel cuore di Londra, e, poi, a novembre la sua prima boutique in Spagna in Calle Fuencarral nel centro di Madrid.
Come saranno distribuiti gli investimenti nel prossimo anno?
Da alcuni anni gli investimenti in comunicazione sono in crescita, e sono legati all’aumento e allo sviluppo del business. Nel 2016, continueremo a focalizzarci sugli investimenti sul punto vendita con personale sempre più dedicato e specializzato. Per il gruppo L’Oréal, a livello mondiale, l’advertising digital rappresenta circa il 16% del fatturato sul totale degli investimenti adv e in Italia siamo abbastanza allineati.
Meglio comunicare sulla stampa o sul digitale?
La stampa riveste ancora oggi un ruolo molto importante per noi. Ma questo media riesce a dare maggiore valore ai nostri grandi marchi soprattutto quando la stampa è associata ad un sistema integrato che comprenda, ovviamente, il mondo digitale. Anche la tv resta fondamentale in ambiti specifici. In particolare, nel periodo di Natale, quando il segmento profumeria ha bisogno di aprirsi a un pubblico più ampio.
di Chiara Dainese