Il ceo di intercos ha spiegato com’è cambiata negli anni la sua azienda, che adesso sviluppa piani di marketing e nuovi prodotti, rivolgendosi anche ai retailer per i brand privati. la sfida è fare una linea per amazon.
“La parola terzisti non rappresenta più il nostro mondo” ha esordito Dario Ferrari, presidente e CEO di Intercos, spiegando che un tempo il conto terzi si limitava a produrre con formulazioni e know how di altri, sostanzialmente vendeva manodopera. Poi il terzista è diventato un creatore di progetti, un anticipatore di tendenze. Un percorso che ha portato Ferrari a diventare il leader indiscusso del suo comparto, con un fatturato consolidato nel 2016 di 449 milioni di euro. Il numero uno l’anno scorso ha acquistato il numero due, Cosmint Group, che nel 2016 fatturava 140 milioni di euro.
Come avete raggiunto la leadership?
Quando ho cominciato, nel 1972, ho immediatamente capito che bisognava essere innovativi, non aspettare che il cliente chiedesse qualcosa ma anticipare le sue esigenze. Abbiamo sviluppato molto la creatività e l’innovazione. Poi siamo diventati globali, e il boom è arrivato quando siamo entrati in Usa, dove abbiamo fatto una joint venture con The Estée Lauder Companies. Negli anni 80 abbiamo consolidato i mercati europei e americani, mentre negli anni 90 abbiamo inserito il ‘turbo’ investendo in innovazione, ma in quella vera.
Cosa significa fare ‘vera’ innovazione?
Faccio un esempio concreto: se guardiamo il cellulare di oggi rispetto al telefono del ‘900, c’è un abisso tra i due device. Se prendiamo un rossetto di oggi e quello del secolo scorso non c’è apparentemente una grande differenza. L’innovazione in questo settore non è sempre visibile, ma è legata all’efficacia dei prodotti, allo sviluppo di nuove materie prime con texture differenti e più performanti, a nuove formulazioni.
Quali sono i driver per lo sviluppo?
Ormai siamo globali, siamo presenti in Europa, in Usa, in Asia e in Brasile con 15 stabilimenti nel mondo e 800 persone dedicate allo sviluppo di nuovi prodotti. Un business che stiamo sviluppando è quello delle private label, che ormai rappresenta un terzo del nostro fatturato. Il mondo è cambiato e mentre prima erano le aziende branded che dettavano legge, oggi queste ultime subiscono la concorrenza dell’online e di un numero infinito di marche, mentre il terzismo cresce e conquista quote di mercato. Un nostro obiettivo ad esempio è fare una linea per Amazon. Comunque la vera crescita verrà dall’Asia.
Allora cos’è il terzista oggi?
Noi oggi ci sentiamo una società di marketing, di sviluppo del prodotto, di ricerca, e investiamo più di quanto fanno le aziende branded in innovazione del make-up. Siamo organizzati per business unit, dal marketing al ‘profit & loss’, ed esistiamo proprio per gestire la complessità.
di Vanna Assumma