Il giro d’affari della cosmetica globale è in vertiginosa crescita, e le aziende italiane che vogliono ‘decollare’ devono affacciarsi sulla vetrina internazionale, perché il mercato interno è saturo. le strategie per affrontare questo sviluppo sono e-commerce e upgrading verso la fascia premium. chi mira invece a fare profitti domestici, deve puntare sulla redditività e non sull’aumento di quote di mercato.
C’è un dato inconfutabile che esce da tutte le ricerche presentate nel corso del 2° Beauty Summit organizzato da Pambianco Strategie di Impresa in collaborazione con Condé Nast Italia. E cioè che il giro d’affari della bellezza mondiale è in vertiginoso aumento. I relatori che si sono succeduti al convegno dal titolo ‘Sistema cosmetico italiano – Caratteristiche e opportunità di sviluppo’, che si è tenuto presso la Borsa italiana a Milano, hanno affermato che la cosmetica è ormai percepita come l’araba fenice per fare business. Le analisi di Pwc indicano questo mercato in crescita a livello worldwide entro il 2021, passando dai 412 miliardi di euro attuali a oltre 500 miliardi. Tra i driver di sviluppo si intravedono sia fattori ‘macro’, come la ripresa economica mondiale, sia elementi più specifici dell’industria della bellezza come il rinnovato interesse nei confronti della propria apparenza, ma anche del proprio benessere. Affermazioni condivise (pur con qualche differenza in termini di numeri) da Marco Formento, senior vice president digital Edizioni Condé Nast, che ha citato nel corso del convegno le previsioni di Npd Group sulla industry globale del beauty, il cui giro d’affari totalizzava 351 miliardi di dollari nel 2011 e si ipotizza che supererà i 500 miliardi nel 2021. “Si tratta di 150 miliardi in più in una decina d’anni – ha sottolineato – e non è poco. La ‘partita’ del beauty quindi è ancora tutta da giocare”.
ITALIA A DUE BINARI
Mentre a livello mondo la crescita del beauty è vertiginosa, in Italia si registra una doppia realtà, perché le aziende della cosmetica avanzano con bilanci in forte crescita mentre la distribuzione è in affanno, dato che i consumi interni stentano a riprendere. Per quanto riguarda la parte industry, l’Italia dispone di eccellenze che addirittura potrebbero crescere di più, perché non sono valorizzate, come ha osservato dal palco di Palazzo Mezzanotte Fabio Rossello, presidente (uscente) di Cosmetica Italia: “Il Belpaese è il quarto sistema economico della cosmetica in Europa, dopo Germania, Regno Unito e Francia. La nostra industria ha fatturato l’anno scorso 11 miliardi di euro e prevediamo per il 2018 una crescita del 5 per cento”. Il saldo commerciale è di 2,6 miliardi di euro nel 2017, con un rapporto tra export e fatturato che è superiore a quello medio della manifattura italiana. I dati forniti da Rossello evidenziano come l’export delle aziende tricolori nel 2016 fosse in crescita del 12,7%, mentre nel 2017 l’incremento è sceso a +8%, facendo pensare quindi che ci sono ulteriori margini per sviluppare la presenza all’estero. L’internazionalizzazione, però, richiede economie di scala per gestire le operazioni. L’ha sottolineato Raffaele Jerusalmi, CEO di Borsa Italiana: “Le aziende tricolori del beauty sono molto frammentate, ma ci sono spazi per il consolidamento. Del resto, in Borsa abbiamo 50 aziende quotate del settore consumer goods, che comprende anche il beauty, per 120 miliardi di capitalizzazione. Si tratta quindi di una componente importante del nostro listino”. Jerusalmi ha aggiunto che anche nella piattaforma Elite di Borsa Italiana sono presenti 30 aziende della bellezza. Infine, ha sottolineato che il mercato azionario italiano ha aperto quest’anno con un andamento positivo: “Nonostante l’instabilità politica, la Borsa va bene, e questo dimostra come ormai i mercati si muovono indipendentemente dal quadro politico, e riflettono invece l’andamento positivo delle aziende”. La crescita delle imprese italiane, quindi, passa dall’aumento dimensionale e dalle strategie di internazionalizzazione, ma c’è spazio anche per chi decide di puntare sul mercato interno. Quest’ultimo è ormai maturo, cresce con tassi percentuali risibili, e quindi le aziende (per esempio, le filiali italiane delle multinazionali) che vogliono competere nella Penisola non devono più mirare ad aumentare le quote di mercato, bensì a ottimizzare la redditività (vedi ricerca Pambianco nelle pagine seguenti).
COME SPINGERE L’EXPORT
Focalizzandosi sulle imprese che vogliono fare business oltre confine, un driver per sviluppare l’export è il riposizionamento. Dalla ricerca Pambianco, infatti, emerge che le aziende premium del beauty esportano il 77% del loro fatturato, contro solo il 30% delle aziende mass e masstige. Non solo, i brand più alti hanno un ebitda margin del 17% contro una redditività del 13% delle imprese di medio e basso posizionamento. In Italia, invece, il comparto della bellezza è formato da tante realtà di medio-piccole dimensioni, attive soprattutto nella fascia di mercato mass market e in quella media. Latita invece una produzione che si situi su un livello di mercato ‘alto’. Un gap che sarebbe auspicabile colmare proprio per aumentare la propensione all’export e anche la marginalità, come ha osservato David Pambianco, CEO di Pambianco Strategie di Impresa: “Solo il 20% delle aziende che abbiamo analizzato realizza prodotti prestige, mentre la percentuale di prodotti luxury è molto più consistente, ad esempio, nelle industry della moda, del design e del wine”. L’upgrading quindi è una sfida per le aziende branded, mentre un benchmark per quanto riguarda la capacità di esportare è rappresentato dai terzisti italiani, la cui redditività cresce molto (+45% in tre anni) e soprattutto la quota export è molto rilevante, pari al 64% del fatturato. La necessità di esportare parte della produzione è convalidata anche dal fatto che nel mondo si sta assistendo a una forte polarizzazione del reddito. Erika Andreetta, partner di Pwc, ha infatti affermato durante il convegno che il divario economico tra i consumatori si sta accentuando sia nei mercati maturi sia in quelli emergenti. “Gli Usa – ha osservato – rimangono il Paese con la quota maggiore di ‘high net worth individuals’ con un patrimonio netto superiore a un milione di dollari”. La manager ha aggiunto che la Cina è il Paese in cui questo segmento di persone crescerà maggiormente nei prossimi anni, registrando il 13% in più di cittadini ad alto patrimonio entro il 2022.
INVESTIRE SULL’E-COMMERCE
Il digitale è un altro tool per la crescita delle società italiane nel mondo. Il commercio elettronico nel comparto della bellezza rappresenta oggi, secondo Pwc, il 7% delle vendite worldwide e, nel giro di tre anni, dovrebbe arrivare a pesare l’8 per cento. In Italia la percentuale dello shopping online è più bassa, circa il 3%, ma i vari relatori intervistati nelle pagine seguenti affermano di voler investire sull’e-commerce. Prima tra tutti Kiko, che ha pianificato una spesa di 25 milioni di euro nei prossimi 3 anni nell’information technology.
di Vanna Assumma