La distribuzione del beauty vive una fase di grande cambiamento. Ad alimentare la ‘scossa’ ci sono almeno due fattori sul fronte strutturale. Il primo riguarda le profumerie, ed è il processo di consolidamento che sta generando operazioni di acquisizione: una su tutte, Douglas che ha rilevato Limoni. Il secondo driver di cambiamento coinvolge in via diretta le farmacie, ed è l’approvazione del Disegno di legge sulla concorrenza (Ddl numero 2085-B), provvedimento che apre la strada alle società di capitali in questo canale distributivo. Entrambi i fattori portano con sé le avvisaglie di un salto dimensionale dei player della distribuzione. E si possono immaginare sostanziali conseguenze nello scenario competitivo. Negli ultimi mesi, qualcosa sembra essersi messo in moto anche sul fronte delle formule distributive. Da un lato, si assiste a un’accelerazione dei consorzi, con la costituzione di più insegne collettive. Dall’altro, stanno nascendo nuove modalità distributive ‘di fatto’, dove le profumerie si caratterizzano per un assortimento dominato dai marchi di una singola azienda. Da qui il passo è breve verso un format totalmente nuovo, ancora non presente sul mercato, cioè un modello di partnership dove le profumerie risultano in esclusiva ai marchi di un unico gruppo. In questo modo, i colossi si assicurano dei ‘flagship di gruppo’ che apportano la propria clientela e notorietà, mantenendo l’insegna del titolare originario. Sembra qualcosa a metà tra un franchising di fatto, anche se non nell’insegna, e un affitto di ramo d’azienda. Dal punto di vista formale, infatti, viene garantita quella ‘indipendenza’, cioè la proprietà del negozio, tanto reclamata dai profumieri. Ma, dal punto di vista sostanziale, è una prova di forza muscolare da parte delle multinazionali della bellezza: le profumerie affittano casa propria, compreso il proprio nome.
David Pambianco