Le prime tre realtà della bellezza non rallentano lo shopping. Anzi, le operazioni si moltiplicano. I marchi nel mirino sono di skincare e make up rivolti ai giovani, e forti nell’online.
Come è cambiato il podio della bellezza dopo l’ultima campagna di acquisizioni? Chi ha comprato chi? E perché? Il risiko delle acquisizioni, monitorato nell’articolo precedente, ha infatti modificato gli assetti del mercato che vede oggi le prime tre posizioni ricoperte dal gruppo L’Oréal (25,8 mld di euro di ricavi nel 2016), The Estée Lauder Companies (10,5 mld) e Coty (9 miliardi) che si è guadagnata il podio dopo aver acquisito 41 marchi da Procter & Gamble. Ma tutti e tre i big hanno portato avanti una fitta politica di acquisizioni tra il 2016 e il 2017, che ha visto protagonisti marchi sia di skincare sia di make-up, ma sempre molto focalizzati verso un pubblico giovane, social e con una buona percentuale di vendite online. Infatti, la motivazione principale degli acquisti è stata, soprattutto negli Stati Uniti, la diminuzione dell’acquisto di trucchi nei grandi magazzini (e nelle profumerie) che ha generato la necessità di cercare brand forti in altri canali di vendita.
GIOVANI NEL PIATTO
Nella direzione di nuovi fronti si è mossa Estée Lauder che si è accaparrata il marchio Too Faced fortissimo online e sui social con oltre 8,4 milioni di followers su Instagram. A commentare lo shopping del gruppo americano è Fabrizio Freda, presidente e CEO del Gruppo The Estée Lauder Companies. “Too Faced è uno dei brand più dinamici al mondo nel makeup – ha affermato il manager – e sta vivendo un incredibile momento di crescita nei canali multi-specialty e online che sono importanti, strategici e in rapido aumento. In Too Faced noi vediamo una straordinaria opportunità per creare valore aggiunto attraverso l’espansione in mercati sia nuovi sia esistenti, negli Usa e a livello internazionale, oltre che nel settore del travel retail a livello globale”. Too Faced, che quest’anno dovrebbe superare i 270 milioni di dollari in vendite nette, aiuterà Estée Lauder a espandersi nel settore dell’e-commerce e sui social network. Da parte sua, dopo aver acquistato due marchi amati dalle giovanissime come Urban Decay e Nyx Cosmetics, lo scorso mese di luglio, L’Oréal ha comprato It Cosmetics, un’azienda che vende attraverso canali di televendite come Qvc e Shopping Channel, oltre che online in catene come Ulta e Sephora. Non a caso It Cosmetics è una delle aziende del segmento alto del mercato con i maggiori tassi di crescita nel 2016. In meno di sette anni dalla fondazione è diventata la più grande azienda americana non quotata di cosmetici ed è il marchio best seller su Qvc, il canale di televendita più seguito negli Stati Uniti, con una media, nelle fasce orarie di punta, di oltre 100 milioni di spettatori. Oggi i prodotti sono più di 300 e L’Oréal non ha intenzione di spostare la sede, che si trova in New Jersey, né di cambiare il team manageriale. “It Cosmetics entra nella divisione Luxe – ha spiegato Nicolas Hieronimus, presidente di L’Oréal Selective Divisions – e si inserisce perfettamente nel nostro portafoglio come marchio ‘ibrido’ tra make up e skincare curativo”. L’acquisizione è costata 1,2 miliardi di dollari (oltre un miliardo di euro) e ha consentito a L’Oréal, oltre che l’accesso alle televendite, anche di entrare nel segmento, ancora poco presidiato dal colosso francese, dei prodotti per correggere difetti della pelle. Con una logica simile il gruppo d’oltralpe ha inoltre investito 1,3 miliadi di dollari per rilevare tre brand dalla canadese Valeant Pharmaceuticals International. I tre marchi (CeraVe, AcneFree e Ambi), che nel complesso contano un fatturato di 168 milioni di dollari l’anno, porteranno la divisione Active Cosmetics del gruppo francese a raddoppiare i ricavi negli Stati Uniti. “Questi tre marchi costruiti insieme a professionisti della salute e ampiamente distribuiti negli Usa – ha spiegato Frédéric Rozé, amministratore delegato di L’Oréal Usa – raddoppieranno o quasi, il fatturato della nostra divisione cosmetica negli Stati Uniti e aiuteranno a soddisfare la crescente domanda, anche da aparte dei giovani, di prodotti per la cura della pelle a prezzi accessibili”.
APPETITI DA GRANDI
sono principalmente dimensionali invece, le motivazioni che hanno portato Coty a mettere a segno l’accordo più grande degli ultimi anni, con l’acquisizione del Beauty business di P&G. Per categorie, la company americana è oggi la prima realtà nel segmento fragranze, la seconda nei prodotti professionali per capelli e la terza in quello del make-up. La società quotata a Wall Street è cambiata in maniera così decisa da essere necessaria una nuova organizzazione e un nuovo vertice che ha visto la nomina a CEO di Camillo Pane e la business unit divisa in tre aree: Coty Luxury, focalizzata sulle fragranze prestige (tra cui Calvin Klein, Gucci, Hugo Boss, Davidoff e Miu Miu) e skincare (tra cui Lancaster e philosophy); Coty Consumer Beauty che si occupa di make-up, haircare e fragranze mass market (tra cui CoverGirl, Max Factor, Rimmel, Sally Hansen E Wella); e Coty Professional Beauty dove rientrano i prodotti professionali (tra cui Clairol Professional, Opi E Wella). “Stiamo lavorando assiduamente sull’integrazione delle due realtà – ha sottolineato Pane –. Il 2017 sarà un anno di transizione per il nostro gruppo e quindi restiamo ‘confident’ sul futuro e sull’enorme potenziale di Coty come leader globale nel beauty”. Del resto, Coty non si è fermata e, negli ultimi mesi, ha anche acquistato il gruppo britannico Ghd, specializzato in piastre per capelli, e nel mese di dicembre ha preso una quota del 60% nella piattaforma di vendita online Younique che è appena approdata in Italia. “Sul fronte M&A, stiamo continuando a rafforzare il portafoglio di Coty – ha proseguito il manager – attraverso acquisizioni e razionalizzazioni del portafoglio. Le recenti acquisizioni di Younique e Ghd sono altamente strategiche e dovrebbero portare crescite sia dei ricavi sia dell’utile. Sulla razionalizzazione del portafoglio, abbiamo identificato i marchi non core e stiamo esplorando possibili alternative, tra cui la cessione”.
di Chiara Dainese