La produzione italiana si conferma un traino della cosmetica mondiale. Ma i marchi internazionali puntano anche a quote di mercato. Nel 2015, le principali 25 aziende con targa estera sono cresciute del 4,5 per cento.
Il Belpaese si conferma una piazza chiave per la produzione della bellezza internazionale. Lo sottolinea l’andamento delle realtà straniere che hanno scelto di aprire una filiale in Italia e per le quali il 2015 è stato un anno di sostanziale crescita. Per queste aziende, il nostro Paese rimane un contesto imprescindibile sia dal punto di vista produttivo (secondo Cosmetica Italia il 60% dei prodotti make up al mondo è made in Italy) sia in termini di consumi. È infatti il quarto mercato europeo per il beauty dopo Germania, Francia e Regno Unito. A tracciare un quadro aggiornato dell’andamento delle filiali delle compagini straniere è lo studio di Pambianco Strategie di Impresa che evidenzia come le 25 aziende del campione abbiano chiuso il 2015 registrando ricavi aggregati per 2,34 miliardi di euro, in crescita del 4,5% sul 2014. Nel dettaglio, ben 18 imprese prese in esame dallo studio hanno chiuso il 2015 con un aumento di fatturato. Per sette di queste (Yves Rocher, Bpi, Kao, Lush, Laboratoratoires Expanscience, Laboratoire Nuxe, Labo International) si è trattato di un incremento a due cifre. Da segnalare anche che le filiali con ricavi in calo (sei) hanno avuto tutti decrementi contenuti (single-digit).
IL PRIMO DELLA CLASSE
A guidare la classifica dei big della bellezza è il Gruppo L’Oréal che comprende L’Oréal Italia, L’Oréal Saipo e Helena Rubinstein, con 1,18 miliardi di euro di fatturato, 2mila collaboratori, 34 marchi in licenza, di cui due italiani: Giorgio Armani e Diesel, distribuiti in tutti i canali, dalle profumerie alla grande distribuzione fino alle farmacie e ai drugstore.“Siamo entusiasti del 2015 – ha commentato a Pambianco Beauty l’AD Cristina Scocchia – perché abbiamo fatto il miglior risultato da diversi anni a questa parte e, soprattutto, svoltiamo in positivo. I ricavi sono cresciuti sia in volume sia in valore, e abbiamo aumentato la nostra quota di mercato”. La filiale italiana, quindi, segue il buon andamento del gruppo a livello internazionale. “Questa progressione – ha proseguito – è il risultato della semplificazione delle strutture per liberare risorse da investire, ma anche della forte spinta sul digitale e sulla creazione di esperienze e servizi online per dare un valore aggiunto ai nostri prodotti”. Lo stabilimento di Settimo Torinese produce 360 milioni di pezzi all’anno, risultato che lo mette al primo posto tra i 44 siti produttivi sparsi nel mondo del colosso del beauty, con il 93% della produzione esportata a livello globale.
STELLE E STRISCE MADE IN ITALY
L’Italia è un mercato estremamente interessante anche per il secondo in classifica, il colosso americano delle vendite porta a porta Avon. La filiale tricolore, dal 1966, è a Olgiate Comasco (Co), dove ancora oggi è presente la sede commerciale, mentre dal 2009 le funzioni logistiche hanno sede ad Anagni (Fr). Avon Italia ha generato un calo del fatturato nel 2015 a 145,9 milioni di euro a causa di un calo generalizzato nelle vendite beauty a domicilio nel secondo e terzo trimestre 2015. “Nel 2016 celebriamo i 50 anni del brand Avon in Italia – ha dichiarato Oksana Zharkova, general manager Italy & Mediterranean -. 50 anni di bellezza e innovazione al servizio delle donne italiane”. Al terzo posto per giro d’affari, con un fatturato di 135,9 milioni di euro, si posiziona Just Italia, azienda di prodotti cosmetici naturali a base di oli essenziali ed estratti vegetali con quartier generale nel cantone svizzero di Appenzell. “Il dato consuntivo di Just Italia porta segno positivo – ha dichiarato a Pambianco Beauty il CFO Andrea Pernigo – elemento particolarmente significativo in un anno partito con una serie di difficoltà non certamente prevedibili. Per questo la nostra azione si è concentrata molto sul contenimento dei costi e nel mantenere la reddittività, dopo che siamo stati colti di sorpresa dagli effetti del crollo nel cambio euro contro franco svizzero, causa della decisione della Banca Nazionale Svizzera di abbandonare il cambio minimo controllato, che ha avuto la conseguenza di far crescere enormemente l’incidenza del costo delle materie prime sui ricavi. L’azienda è riuscita con prudenza a mantenere i suoi investimenti con un’oculata gestione delle spese operative, e rilanciando la sua azione verso l’innovazione di prodotto e soprattutto di processo, per poter quindi gestire i maggiori rischi di un’incertezza di mercato”. Segue il colosso del beauty di lusso Estée Lauder che, nella Penisola, ha generato nel 2015 ricavi pari a 133,7 milioni di euro in crescita del 3,8 per cento. “L’anno fiscale chiuso il 30 giugno 2016 – ha sottolineato Edoardo Bernardi, DG e AD della filiale italiana del gruppo americano – è il migliore degli ultimi 20 anni dell’azienda in Italia”. La grande sfida, secondo il manager, “è far crescere in termini di volume e di awareness i marchi minori”. Inoltre, Bernardi ha ricordato che il totale del mercato italiano pesa circa il 2% sul fatturato mondiale del gruppo, ma “sta acquisendo quote”. Per Coty Italia, con un fatturato 2015 di 84,1 milioni di euro che la colloca al quinto posto della classifica, l’Italia è il quinto mercato più importante. Coty dopo il merger con P&G sta vivendo un momento di riorganizzazione che ha portato tre nuove figure ai vertici della filiale italiana. Così, a partire da ottobre 2016, Carlo Bianchini sarà GM Coty Luxury in Italia e Grecia, Cécile Divisionali assumerà la carica di GM Coty Consumer Beauty sempre per Italia e Grecia, mentre Francesco Pastore è stato nominato a capo di Coty Professional Beauty per i due Paesi. Le divisioni condivideranno alcuni servizi e le sedi, per il resto opereranno separatamente. Coty, in seguito al merger, dovrebbe diventare il terzo big mondiale del beauty, dopo L’Oréal ed Estée Lauder.
L’ALTRA BEAUTÉ FRANCAISE
L’Italia ha attirato anche la francese Pierre Fabre (al sesto posto) presente sul territorio dal 1998, e che nel 2015 ha generato ricavi per 83,8 milioni. Ottava posizione per la filiale italiana di Clarins che, oltre all’omonimo brand, detiene le licenze dei profumi Hermès e Thierry Mugler, che ha archiviato l’esercizio 2015 con un fatturato di circa 80 milioni di euro.“L’Italia è un Paese molto importante per il nostro business – ha dichiarato Stéphane Engel, amministratore delegato di Clarins Italia – e nel 2015 la crescita è stata pari al 4 per cento. Percentuale stimata anche per il 2016”. Cresce a doppia cifra la filiale italiana del gruppo francese Yves Rocher che, in nona posizione, ha generato un fatturato di 68,1 milioni di euro. “Negli ultimi due anni – ha spiegato il direttore generale Benoit Ponte – l’azienda è avanzata del 50%, con una previsione vendite quest’anno ancora superiore rispetto al 2015. Attualmente, disponiamo di 70 monomarca in Italia e quest’anno ne apriremo altri, tra 2 e 6 punti vendita. Seguiranno 10 opening nel 2017, e in totale contiamo nei prossimi anni di arrivare a 100 insegne del brand nella Penisola”. In dodicesima posizione Alès Groupe (brand Lierac e Phyto). “Abbiamo chiuso il 2015 in crescita a 39,7 milioni di euro di fatturato – ha dichiarato a Pambianco Beauty l’ AD Filippo Manucci – con grandi risultati in termini di quote di mercato. Infatti, nel trattamento viso a fine 2015 siamo stati il numero uno in Italia con l’11,8% della quota di mercato (dati Ims a valore). Negli anti età, grazie soprattutto al lancio di Premium lo scorso ottobre, abbiamo raggiunto a fine 2015 una quota di mercato del 17,4% (sempre dati Ims a valore)”. Bisogna scendere fino alla quindicesima posizione per trovare la filiale della francese Sisley che, dopo un +3,4% generato nel 2014, ha chiuso il 2015 con ricavi in crescita del 5 per cento. “Il successo del nostro marchio – ha commentato l’AD Giancarlo Zinesi – sia in Italia sia a livello globale, si basa sull’estrema ricerca di prodotti altamente performanti e innovativi. Inoltre, la ricetta fondamentale è continuare, anche nei momenti più critici, a fare investimenti e, se è il caso, anche di aumentarli. Siamo convinti che sia necessario essere vicini al punto vendita, quindi non facciamo mai mancare i campioni: ne distribuiamo ben 4,5 milioni all’anno in Italia”.
FILIALI DAL SOL LEVANTE
Shiseido, decima nella classifica di Pambianco, con 48,9 milioni di ricavi, è stata la prima azienda giapponese a insediarsi in nella Penisola.“I successi conseguiti negli ultimi anni hanno reso l’azienda più forte e capace di porsi altri ambiziosi obiettivi”, sottolineano da Shiseido. Una vivacità confermata dalle recenti nomine di Alberto Noè a country manager Shiseido Group Italia e di Luca Lomazzi a direttore generale della business unit Shiseido. Inoltre, il gruppo ha da poco siglato un accordo di licenza esclusiva worldwide per profumi, make-up e skincare del marchio Dolce & Gabbana. Tra le giapponesi, qualche gradino più basso, segue al 17esimo posto Kao Italy, filiale tricolore del gruppo nipponico che ha archiviato l’esercizio 2015 con un aumento del 10,2% dei ricavi che hanno superato i 15,6 milioni di euro.
di Chiara Dainese